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venerdì 25 novembre 2011

Cassazione Civile, Sez. Lav., Sentenza 20221/2010

sentenza 20221/2010

Rendita vitalizia, infortunio sul lavoro

FATTO

DIRITTO

P.Q.M.


Cass. sent. n. 20221/2011


FATTO

Con ricorso depositato l'1 luglio 1999, D.M.A., nella qualità di erede di D.M.G., chiedeva al giudice del lavoro di Lecce la condanna dell'INAIL al riconoscimento in favore del de cuius della rendita vitalizia per inabilità permanente, conseguente a infortunio mortale sul lavoro, oltre accessori.

L'INAIL resisteva.

L'adito Tribunale, con sentenza del 25.2.04, sulla base delle risultanze della istruttoria espletata, rigettava la domanda.

Proponeva appello la parte soccombente nella qualità, con ricorso depositato il 20.4.05, e contestava le valutazioni espresse dal Giudice di primo grado; chiedeva, pertanto, l'accoglimento della domanda.

L'INAIL si costituiva, contestando il gravame.

Con sentenza del 19 dicembre 2005-6 marzo 2006, la Corte di Appello di Lecce, rilevato che la ricostruzione dell'infortunio occorso a D.M.G., come ricavabile dalla svolta istruttoria, conduceva ad escludere la presenza del requisito della "occasione di lavoro", rigettava l'impugnazione.

Per la cassazione di tale pronuncia, ricorre D.M.A. con tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c..

Resiste l'INAIL con controricorso.

DIRITTO



on il primo motivo di ricorso la D.M., denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965 del 1965, art. 2 e dei principi generali in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, degli artt. 99, 112, 132 c.p.c., e omessa trascrizione delle conclusioni rassegnate dalle parti nonchè omesso esame dei motivi di gravame, sostiene che, a fronte delle censure mosse alla sentenza di primo grado, la Corte Salentina non ha offerto nè un richiamo nè alcuna valutazione (tanto meno che "critica") delle stesse".

Così operando, la Corte sarebbe venuta meno al dovere del Giudice di appello di pronunciarsi sulla domanda e di procedere ad una critica disamina di tutti i motivi di impugnazione, incorrendo nel vizio di nullità della sentenza per omessa trascrizione delle conclusioni rassegnate dalle parti e per omessa disamina delle domande ed eccezioni ritualmente proposte.

Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2 e dei principi generali in tema di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (art. 360 c.p.c., n. 3, lamenta che il Giudice di appello abbia erroneamente ritenuto indennizzabile unicamente l'infortunio occorso lungo la strada più breve di collegamento tra il domicilio e il luogo di lavoro.

Con il terzo motivo, infine, la ricorrente, denunciando omessa o insufficiente motivazione, lamenta che la Corte di appello abbia erroneamente valutato le prove acquisite al giudizio ed omesso di ammettere gli ulteriori mezzi di prova richiesti, diretti ad inficiare "la valenza probatoria implicitamente attribuita dal giudice di primo grado all'assenza di D.M.G. dal luogo di lavoro nel giorno precedente l'infortunio mortale".

Il ricorso è fondato.

La questione principale su cui si incentra buona parte della difesa della ricorrente è quella sollevata con il secondo motivo di ricorso, concernente il concetto di "normalità" del percorso, alla quale fanno di contorno gli ulteriori due motivi.

In proposito, nella sentenza impugnata si è esclusa la circostanza -decisiva - che l'infortunio mortale occorso al sig. D.M. G. fosse avvenuto in "occasione di lavoro" sulla base delle seguenti considerazioni:

- la strada prescelta per raggiungere il posto di lavoro non risultava essere la "più breve" rispetto al percorso tra l'abitazione dell'infortunato (sita nel Comune di (OMISSIS)) e la P.zza (OMISSIS) (sita nel Comune di (OMISSIS));

- il D.M. non si era recato al lavoro il giorno precedente all'infortunio. Orbene, deve anzitutto chiarirsi che - come anche la più recente giurisprudenza di questa Corte si è espressa - in materia di infortuni sul lavoro, il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12, che ha espressamente ricompreso nell'assicurazione obbligatoria la fattispecie dell'infortunio "in itinere", inserendola nell'ambito della nozione di occasione di lavoro di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, esprime dei criteri normativi (come quelli di "interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate", che delimitano l'operatività della garanzia assicurativa) utilizzabili per decidere anche controversie relative a fatti antecedenti alla sua entrata in vigore, militando in tal senso:

a) la circostanza che la L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 55, lett. u), ha posto come criterio direttivo per il legislatore delegato il recepimento dei principi giurisprudenziali consolidati in materia, i quali, pertanto, hanno costituito, dapprima, diritto vivente nell'ambito dell'interpretazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, per poi plasmare, come tali, il contenuto del precetto introdotto dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12;

b) il fatto che il sistema dell'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali si è evoluto tramite interventi legislativi che, non di rado, hanno avuto la funzione di far assurgere a dignità di norma positiva gli orientamenti giurisprudenziali (come è dimostrato proprio in relazione all'istituto dell'infortunio "in itinere", che l'opera della giurisprudenza ha conformato muovendo dalla nozione di occasione di lavoro);

c) il rilievo in base al quale una norma successiva ben può costituire criterio interpretativo che illumina anche il regime precedente (Cass. 6 luglio 2007 n. 15266).

Pertanto, ben può affermarsi che, in tema di infortunio "in itinere", indipendentemente dall'applicazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, comma 3 (aggiunto dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12), per rischio elettivo, che esclude la c.d. "occasione di lavoro", si intende una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni dei tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (Cass. 8 giugno 2005 n. 11950).

Orbene, il Giudice del merito ha omesso di effettuare una completa valutazione in concreto su tali aspetti della fattispecie, limitandosi ad osservare che il tragitto prescelto dal dipendente non risultava essere il "più breve" per raggiungere il posto di lavoro, mentre invece avrebbe dovuto procedere alla verifica della sussistenza del diverso criterio della "normalità" della percorrenza dell'indicato itinerario tra casa e lavoro, secondo i principi già enunciati dalla giurisprudenza citata, ed attualmente codificati nella D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 12, che riconoscono la copertura assicurativa qualora il comportamento del lavoratore non sia motivato come appena accennato - in base a ragioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa.

E, tuttavia, la sig.ra D.M. ha riportato nel ricorso in esame, nel rispetto del principio di autosufficienza, le deposizioni dei testi escussi da cui emergono ulteriori elementi di valutazione, quali, ad esempio, l'orario in cui avvenne l'incidente, di poco anteriore dall'inizio del turno di lavoro - ore 6 -, mentre, per altro verso, alcun raffronto rusulta essere stato fatto tra "la strada più breve" e quella percorsa dall'infortunato, descritta come più comoda e conveniente (presenza di una stazione di rifornimento 24/h; più diretto accesso rispetto al luogo di lavoro).

La Corte ha invece omesso di esaminare tali aspetti, configurando la sussistenza del ed. rischio elettivo, senza motivare adeguatamente la ragione della sua decisione.

Appare quindi evidente l'errore in cui è incorsa la Corte d'Appello di Lecce, per aver escluso l'occasione di lavoro nell'infortunio occorso a D.M.G. esclusivamente a causa della mancata percorrenza della strada "più breve" di collegamento tra il proprio domicilio e il luogo di lavoro.

Anche il rilievo dato dalla sentenza della Corte territoriale all'assenza dal lavoro del dipendente nel giorno precedente il sinistro, risulta del tutto insufficiente (sul piano del corredo motivazionale) rispetto alle circostanze riportate nelle dichiarazioni dei testi escussi ed espressamente riprodotte nel ricorso in oggetto.

Per quanto esposto il ricorso va accolto con annullamento della impugnata decisione e rinvio ad altra Corte di appello, designata in dispositivo, la quale procederà al riesame della controversia, attenendosi al principio di diritto sopra enunciato e provvedendo anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.


La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Bari.


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