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mercoledì 11 gennaio 2012

Cass. civ. Sez. lavoro, 07-01-1991, n. 55


(OMISSIS)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Pretore del lavoro di Lecce depositato il 2 ottobre 1984, S. P. chiedeva la riammissione al trattamento di disoccupazione speciale, previsto dall'art. 12 della L. 6 agosto 1975, n. 427, già goduto in quanto operaio licenziato dall'impresa edile C., operante in provincia di Taranto, in successione con il trattamento di integrazione salariale, stante il perdurare della crisi del settore edile.

Costituitosi in giudizio, l'I.N.P.S. eccepiva, tra l'altro, la decadenza del P. dal diritto a partire dal dicembre 1980 per avere prestato costui lavoro per tre settimane alle dipendenze della Scuola Media Statale "R. Rubini" di Brindisi, con la conseguenza che da tale epoca era cessato il diritto del Pezzuto all'indennità speciale di disoccupazione e lo stesso aveva indebitamente percepito tale indennità per il periodo successivo, onde non poteva pretendere alcun trattamento ulteriore.

Il Pretore, con sentenza 20 novembre 1985, rigettava la domanda. Proponeva appello il P. censurando la sentenza pretorile, tra l'altro, perché la comminata decadenza era incompatibile con il sistema delle norme da applicare, tenuto conto della specialità di tali norme in rapporto a quelle applicabili in materia di disoccupazione ordinaria; né era stata considerata la prassi seguita dallo stesso Istituto previdenziale e, infine, non poteva qualificarsi "nuova occupazione" un'occupazione precaria, di pochi giorni.

L'I.N.P.S. resisteva all'appello deducendone l'infondatezza. Con sentenza 4 gennaio 1988, il Tribunale di Lecce rigettava l'appello e dichiarava irripetibili le spese del grado.

In tale decisione il Tribunale riteneva congruamente motivata la sentenza pretorile sul punto del rinvio recettizio, di cui all'art. 17 della legge n. 427 del 1975, alla normativa generale regolante la disoccupazione ordinaria.

Per il Tribunale, il trattamento di disoccupazione speciale è assoggettato alla normativa sull'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria in quanto "uguale è il bene protetto, la gestione assicurativa, la natura della prestazione, il suo presupposto".

I due trattamenti non si differenziano sostanzialmente se non sotto il profilo quantitativo sicché il rinvio delle norme sul trattamento speciale a quelle sulla disoccupazione ordinaria ex art. 17 della legge n. 427 del 1975, "in quanto compatibili", sta a significare che si è voluto comprendere anche le norme che contemplano la cessazione del diritto all'indennità in dipendenza di un'occupazione, intesa questa come dotata del minimo di stabilità e, cioé, superiore a due giorni.

Pur convenendo la sentenza, ma solo "de iure condendo", che quello previsto dall'art. 55 del R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270, lett. b), come periodo minimo di nuova occupazione, è eccessivamente riduttivo, ciò non basta a far ritenere applicabile il decreto ministeriale 7 giugno 1971, che, sia pure per una particolare situazione, aveva consentito prestazioni lavorative sino a 15 giorni, senza perciò farne dipendere la decadenza dal diritto.

Avverso la suddetta sentenza S. P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L'I.N.P.S. si è costituito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme regolanti la disoccupazione speciale (legge 5 novembre 1968, n. 1115 e legge 6 agosto 1975, n. 427 e successive modificazioni), in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente censura la sentenza impugnata perché il Tribunale di Lecce avrebbe ritenuto applicabili autonomamente le norme vigenti in materia di disoccupazione ordinaria, "senza verificare la compatibilità della normativa speciale con quella generale".

A tale riguardo il ricorrente sostiene che è ravvisabile una notevole assimilabilità tra il trattamento di disoccupazione speciale con quello di Cassa integrazione straordinaria; donde la necessità di un accostamento della disciplina della Cassa integrazione guadagni speciale al primo.

Col secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione delle norme regolanti la disoccupazione speciale (legge 5 novembre 1968, n. 1115 e legge 6 agosto 1975, n. 427 e successive modificazioni), nonché insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360, cod. proc. civ., nn. 3 e 5, il ricorrente, subordinatamente al mancato accoglimento del primo motivo, deduce che la sentenza impugnata ha erroneamente interpretato il rinvio di cui all'art. 17 della legge n. 427 del 1975 perché questo articolo puntualizza che sono applicabili, "in quanto compatibili", le norme del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 e successive modificazioni e integrazioni, e non anche le norme del R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270, applicate dai giudici del merito alla controversia.

Aggiunge il ricorrente che, quand'anche fossero applicabili gli artt. 52, 53, 54 e 55 del R.D. n. 2270 del 1924, il Tribunale avrebbe comunque errato nell'applicarli avulsi dal "sistema" e dalla "ratio" ispiratori, non avendo considerato che per la decadenza dal beneficio devono ricorrere alcune circostanze, tra le quali, tra l'altro, quella del reperimento di una nuova e adeguata occupazione, intesa come tale, non una qualsiasi occupazione, bensì solo quella idonea a far cessare lo stato di disoccupazione (e tale non sarebbe la temporanea supplenza di giorni 14 in qualità di bidello di scuola per un operaio qualificato meccanico).

Col terzo motivo, denunciando violazione delle norme in materia di interpretazione delle leggi (art. 12 disp. sulla legge in generale) e idonea od insufficiente motivazione in ordine alla prassi amministrativa e alla analogia esistente con altri istituti, in relazione all'art. 360, cod. proc. civ., nn. 3 e 5, il ricorrente, subordinatamente al mancato accoglimento dei precedenti motivi, richiama a sostegno della sua tesi il disposto del D.M. 7 giugno 1971, in G.U. n. 159 del 25 giugno 1971, secondo cui "ai fini del diritto al trattamento speciale di cui all'art. 8 della legge 5 novembre 1968, n. 1115, non costituiscono ostacolo brevi periodi di lavoro non eccedenti, singolarmente o complessivamente, la durata di 15 giorni, eventualmente svolti dall'interessato prima della scadenza del termine di cui all'art. 129, ultimo comma, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1927".

Il ricorso, i cui tre motivi, ancorché esposti dal primo al terzo in via gradata, vanno congiuntamente esaminati per la loro logica connessione, è infondato.

La sentenza impugnata, contrariamente all'assunto del ricorrente, ha fatto corretta applicazione del disposto dell'art. 17 della legge 6 agosto 1975, n. 427 (contenente norme in materia di garanzia del salario e di disoccupazione speciale in favore dei lavoratori dell'edilizia ed affini), che rinvia, quanto al trattamento speciale di disoccupazione in tale settore, "in quanto compatibili", alle norme di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modificazioni ed integrazioni, concernenti l'assicurazione per la disoccupazione involontaria (e, cioè, l'assicurazione per la disoccupazione ordinaria).

Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non può farsi leva sulle qualità "latu sensu" similari dei due istituti della Cassa integrazione guadagni speciale e del trattamento speciale di disoccupazione per trarne - come, in ultima analisi fa il ricorrente - la conclusione che la disciplina dei due suddetti istituti sia identica quanto a presupposti e condizioni di intervento, giacché, invece, i caratteri oggettivi degli istituti stessi sono diversi, il trattamento di disoccupazione speciale esigendo, al contrario di quella della Cassa integrazione guadagni speciale, la cessazione del rapporto di lavoro.

Pertanto, quanto al rinvio operato dall'art. 17 della legge n. 427 del 1975 alle norme sul trattamento ordinario di disoccupazione involontaria di cui al R.D.L. n. 1827 del 1935 non si ravvisa alcuna incompatibilità della fattispecie (riguardante il trattamento di disoccupazione speciale nel settore edile) con le norme di carattere generale sui trattamenti di disoccupazione involontaria, presupponenti pur sempre - come nelle ipotesi di trattamento speciale di disoccupazione - un effettivo stato di disoccupazione, che è tutelabile solo in quanto rispondente anche alle richiamate prescrizioni del R.D.L. n. 1827 del 1935 e del Regolamento per l'esecuzione del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3158, approvato con R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270.

Esattamente, quindi, la sentenza impugnata ha rilevato che l'assoggettamento del trattamento speciale di disoccupazione alla normativa generale sulla disoccupazione "si spiega con il carattere di specialità che ha il trattamento nel più generico ambito dell'istituto della disoccupazione", poiché "uguale è il bene protetto, la gestione assicurativa....., la natura della prestazione, il suo presupposto".

Pertanto, non appare censurabile la sentenza impugnata quando afferma che "il venir meno del presupposto di disoccupazione non può che indiscriminatamente operare sul diritto all'indennità di disoccupazione, sicché il rinvio del trattamento speciale alle norme sulla disoccupazione ordinaria, in quanto applicabili, deve comprendere anche la disposizione che contempla la cessazione del diritto alla relativa indennità quale conseguenza della caducazione del presupposto"; ed altrettanto incensurabile appare la sentenza impugnata laddove, dopo la suesposta premessa, osserva "come la cessazione della condizione di disoccupazione sia collegata all'evento che l'assicurato trovi una nuova occupazione e che per nuova occupazione debba ritenersi quella dotata del minimo di stabilità (superiore a due giorni), in presenza della quale possa parlarsi di cessazione e non di semplice sospensione della disoccupazione: quanto pacificamente si evince dal rapporto degli artt. 52 e 55 del R.D. n. 2270 del 1924".

Ed invero, l'art. 52, lett. b), del Regolamento approvato con R.D. n. 2270 del 1924 prevede come percezione causa di cessazione del diritto alla percezione del sussidio di disoccupazione che il disoccupato "abbia trovato nuova occupazione", e l'art. 55 considera disoccupati continuativamente e quindi soggetti alla semplice sospensione del godimento del sussidio gli assicurati "che prestino la loro opera in lavori occasionali diversi dalla loro abituale occupazione per non più di due giorni".

Dal rapporto delle due norme si evince, quindi, che un'occupazione lavorativa della durata superiore a due giorni, indipendentemente dal suo carattere occasionale o meno, costituisce causa di cessazione, e non di sospensione, del diritto all'indennità di disoccupazione.

Né alcun rilievo assume la circostanza, posta in evidenza dal ricorrente, circa un pretesa inadeguatezza dell'occupazione di bidello di una scuola media, svolta dal Pezzuto per un periodo di breve durata, comunque superiore a due giorni, giacché l'ipotesi di occupazione adeguata interessa una diversa causa di cessazione del diritto all'indennità di disoccupazione, prevista dall'art. 52 del Regolamento, alla lett. c), e, cioè, l'ipotesi di rifiuto, da parte del disoccupato, di una occupazione adeguata.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, deve poi rilevarsi che la normativa di cui al Regolamento contenuto nel R.D. 7 dicembre 1924, n. 2270 non può considerarsi estranea al rinvio operato dall'art. 17 della legge n. 427 del 1975: infatti, il riferimento alla normativa regolamentare suddetta è espressamente effettuato dall'art. 140 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, a sua volta richiamato dal ripetuto art. 17 della legge n. 427 del 1935.

Del tutto inconferente è, infine, il richiamo del ricorrente al disposto del D.M. 7 giugno 1971, secondo cui, "ai fini del trattamento speciale di cui all'art. 8 della legge 5 novembre 1968, n. 1115, non costituiscono ostacolo brevi periodi di lavoro, non eccedenti singolarmente o complessivamente la durata di 15 giorni, eventualmente svolti dall'interessato prima della scadenza del termine di cui all'art. 129, ultimo comma, del R.D.L. 4 ottobre 1925, n. 1827".

Il Tribunale ha richiamato la motivazione (sul punto dell'estraneità del suddetto decreto alla fattispecie) della sentenza di primo grado che aveva osservato correttamente, con riferimento ai brevi periodi di occupazione non incidenti sul diritto all'indennità, di cui al decreto ministeriale citato, che essi potevano essere soltanto quelli intercorrenti tra il licenziamento e la scadenza del termine di 68 giorni per inoltrare la domanda.

Solo per completezza si osserva ancora che il suddetto decreto ministeriale si riferisce al trattamento speciale di disoccupazione ex art. 8 della legge n. 1115 del 1968 e non a quello di cui è causa (trattamento speciale nel settore edile, disciplinato dalla legge n. 427 del 1975).

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Trattandosi di controversia promossa per l'ottenimento di una prestazione previdenziale, il ricorrente non va assoggettato al pagamento delle spese e degli onorari, non essendo la pretesa manifestazione infondata e temeraria (art. 152 del cod. proc. civ., disp. di att.).

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma il 25 settembre 1989.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 GENNAIO 1991.