La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha confermato che l'individuazione dei lavoratori da porre in mobilità deve essere necessariamente fatta sulla base di criteri doverosamente imparziali ed oggettivi.
I giudici hanno statuito, inoltre, che in tema di procedura di mobilità, la previsione, di cui al nono comma dell'art. 4 della legge n. 223 del 1991, secondo la quale il datore di lavoro nella comunicazione preventiva con cui dà inizio alla procedura, deve dare una "puntuale indicazione" dei criteri di scelta e delle modalità applicative, comporta che, anche quando il criterio prescelto sia unico, il datore di lavoro deve provvedere a specificare nella detta comunicazione le sue modalità applicative, in modo che essa raggiunga quel livello di adeguatezza sufficiente a porre in grado il lavoratore di percepire perché lui - e non altri dipendenti - sia stato destinatario del collocamento in mobilità o del licenziamento collettivo e, quindi, di poter eventualmente contestare l'illegittimità della misura espulsiva.