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lunedì 10 ottobre 2016

Nozione di danno biologico secondo la Corte costituzionale


Si puo` affermare con una certa sicurezza che le sentenze della Corte costituzionale sull’argomento identificano
di fatto il danno biologico col danno alla salute.
Le sentenze 14 febbraio 1986, n. 184; 15 febbraio 1991, n. 87; 18 luglio 1991, n. 356; 27 dicembre 1991, n. 485 utilizzano in termini di sinonimia i due termini, fermo il significato di menomazione dell’integrita` psicofisica della persona in se´ e per se´
considerata.
Il concetto di salute ricomprende, invece, tutte quelle potenzialita` (vita di relazione, efficienza estetica, efficienza
sessuale ecc.) che il danno biologico strettamente inteso tende ad escludere.
Per quanto riguarda la necessita` del preliminare e pregiudiziale accertamento della responsabilita` penale del datore di lavoro sono intervenute:
1) la sentenza n. 22 del 1967 con cui la Corte dichiarava l’incostituzionalita` dell’art. 10 del T.U. n. 1124
del 1965, nella parte in cui consentiva al giudice civile di accertare che il fatto causativo dell’infortunio costituiva
reato solo nell’ipotesi di estinzione dell’azione penale per morte dell’imputato e per amnistia, senza
menzionare l’ipotesi di prescrizione del reato;
2) la sentenza 19 giugno 1981, n. 102 con cui la Corte dichiarava l’illegittimita` costituzionale dell’art.
10, comma 5, T.U. nella parte in cui non consentiva che, ai fini dell’esercizio del diritto di regresso da parte
dell’Inail rimasto estraneo al processo penale, l’accertamento del fatto reato potesse essere compiuto dal giudice
civile. Nella stessa sentenza la Corte stabiliva, altresì, che l’accertamento del fatto reato potesse essere
compiuto dal giudice civile nel caso in cui il procedimento penale si fosse concluso con un provvedimento
di archiviazione o un proscioglimento in sede istruttoria;
3) la sentenza 30 aprile 1986, n. 118, con cui la Corte estendeva gli stessi principi anche al processo civile
promosso dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro per il risarcimento del danno.
Dopo le pronunce della Corte, pertanto, l’accertamento della responsabilita` del datore di lavoro, sia nei confronti
dell’Inail che agisca in regresso che del lavoratore che chieda il risarcimento del danno, e` svincolata dagli
esiti del procedimento penale, salvo che la parte offesa o l’Istituto non abbiano scelto di partecipare al processo
penale.
Per quanto riguarda i limiti relativi all’entita` del risarcimento che l’infortunato poteva chiedere al datore di
lavoro con l’azione diretta o l’Inail, con l’azione di regresso la situazione e` profondamente mutata con le
ormai famose pronunce della Corte costituzionale del 1991, intervenute quando l’ingresso nel mondo
giuridico del danno biologico aveva fatto entrare in crisi i rapporti tra il sistema dell’assicurazione infortuni
obbligatoria ed il sistema della responsabilita` civile:
- con la sentenza 15 febbraio 1991, n. 87 la Corte, dichiarando inammissibile la questione di legittimita` costituzionale
degli artt. 2, 3 e 74 del D.P.R. 1124 del 1965, aveva espressamente affermato che il danno biologico non rientrava nella copertura Inail e aveva auspicato una modifica normativa in tal senso;
- con la sentenza 18 luglio 1991, n. 356, la Corte dichiaro` l’illegittimita` costituzionale dell’art. 1916 c.c.
nella parte in cui consentiva all’Istituto di aggredire, con l’azione di surroga proposta nei confronti del terzo
responsabile, le somme da questo dovute al lavoratore a titolo di risarcimento del danno biologico;
con la sentenza 27 dicembre 1991, n. 485, la Corte dichiaro` l’illegittimita` costituzionale dei commi 6 e 7
dell’art. 10 di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965 che stabilivano che il risarcimento dovuto al lavoratore
poteva avere ad oggetto solo il c.d. danno differenziale, vale a dire la differenza fra l’ammontare complessivo
dei danni subiti dall’infortunato, calcolati secondo le comuni regole civilistiche, e quanto lo stesso
aveva o avrebbe percepito dall’Inail. Nella stessa sentenza la Corte ha dichiarato anche l’illegittimita` costituzionale
dei commi 1 e 2 dell’art. 11 del D.P.R. n. 1124 del 1965 nella parte in cui consentiva all’Istituto
di aggredire, con l’azione di regresso nei confronti del datore di lavoro, le somme dovute al lavoratore
a titolo di risarcimento del danno biologico.
Autorevole dottrina classifica la giurisprudenza formatasi a seguito delle sentenze della Corte in due indirizzi
interpretativi: per il primo di tali orientamenti il danno biologico che il datore di lavoro deve risarcire all’infortunato e`
limitato a quella parte del danno non coperta dalle prestazioni erogate dall’Inail, depurato cioe` di quella parte
relativa alla perdita della capacita` lavorativa generica che viene ristorata dall’Istituto.
Vi sono anche sentenze in cui si e` proceduto ad una valutazione equitativa, riferita al caso concreto, fatta in relazione
al tipo di lesioni e alla loro valutazione in sede medico legale; per il secondo orientamento, seguito ormai dalla piu`
recente giurisprudenza di legittimita`, il danno biologico che il datore di lavoro deve risarcire prescinde dal ristoro
Inail, che indennizza l’assistito per un pregiudizio che incide sull’attitudine a produrre guadagno attraverso
l’impiego di attivita` lavorativa.
Secondo questo indirizzo il danno biologico, che consiste in un pregiudizio personale di natura non patrimoniale
e che prescinde da ogni considerazione dell’attitudine della persona a produrre reddito, patito dal soggetto
a causa di un infortunio sul lavoro deve essere risarcito in tutte le sue componenti dal datore di lavoro, a
prescindere dalla rendita Inail.
I due orientamenti si basano sulle aporia esistente in seno alla giurisprudenza della Corte costituzionale. Nella
sentenza n. 87 del 1991, infatti, la Consulta aveva dichiarato che l’indennizzo Inail riguardava esclusivamente
il danno patrimoniale, mentre nella sentenza n. 495 del 1991 aveva affermato che non spetterebbe all’Inail
quella parte del danno biologico che non indennizza, riconoscendo implicitamente che il ristoro concesso
dall’Istituto va al di la` della semplice perdita economica, cosı` ammettendo, implicitamente, che il danno biologico
avrebbe un contenuto frazionabile, una cui parte si identificherebbe con la c.d. capacita` lavorativa generica.
Il rischio paventato in dottrina secondo il quale la riforma introdotta con il D.Lgs. n. 38 del 2000 non avesse
eliminato il conflitto tra il sistema dell’assicurazione obbligatoria e quello della responsabilita` civile, con la
conseguenza che il datore di lavoro si sarebbe comunque trovato costretto a stipulare polizze assicurative private
per la copertura del danno differenziale, si e` puntualmente concretizzato.
Il maggior ristoro riconosciuto dai Tribunali rispetto a quanto erogato dall’Inail non e` che la naturale conseguenza
della sostanziale diversita` ontologica tra il danno indennizzato dall’Inail ed il danno biologico risarcito
in sede civile.