Corte appello Roma sez. lav., 11/09/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 11/09/2020), n.1656
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 20.9.2011, M.E., in qualita' di insegnante presso scuole statali del MIUR, ha adito il Tribunale di Latina, in funzione di Giudice del Lavoro, per sentir accertare che il Ministero aveva illegittimamente stipulato con la ricorrente più' contratti di lavoro a tempo determinato per esigenze non transitorie della Pubblica Istruzione e, per l'effetto, dichiarare il diritto dell'istante a veder convertita la successione dei contratti a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato: dichiarare il diritto della ricorrente a riprendere il posto di lavoro precedentemente occupato con conseguente condanna del Ministero alla ricostruzione della carriera, all'attribuzione dell'anzianita' di servizio maturata e alla corresponsione dell'incremento retributivo conseguente alla medesima anzianita' di servizio, oltre alle indennita' accessorie e al risarcimento del danno personale e professionale provocato dalla situazione di precariato; ha chiesto accertarsi, in ogni caso, il proprio diritto a vedersi riconosciuti gli incrementi retributivi derivanti dagli scatti di anzianita' maturati in relazione alla durata del rapporto di lavoro, con il favore delle spese di lite.
Radicatosi il contraddittorio, si e' costituito in giudizio il MIUR contestando il fondamento della domanda di cui ha chiesto il rigetto.
Istruita la causa documentalmente, il Tribunale, respinta ogni diversa domanda, ha dichiarato il diritto della M.E. a ottenere, a titolo di risarcimento del danno, una somma pari a due mensilita' della retribuzione per ogni anno di incarico a tempo determinato conferito da settembre a giugno, condannando il MIUR alla corresponsione degli importi conseguenti, oltre interessi legali e rimborso delle spese processuali.
Avverso detta pronuncia ha interposto tempestivo appello il MIUR per sentir respingere integralmente l'originaria domanda.
Ha resistito al gravame la M.E. proponendo appello incidentale sul capo della sentenza che ha negato il riconoscimento dell'anzianita' di servizio per il cumulo dei periodi lavorati in esecuzione dei successivi contratti a termine.
A seguito di trattazione scritta, la Corte ha assunto la causa in decisione.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il MIUR censura la sentenza di primo grado sulla base di un unico articolato motivo di gravame, sostenendo l'inapplicabilita' alla fattispecie del d. lgs. 368/2001 e, per contro, l'applicabilita' di una specifica disciplina di settore costituita, fondamentalmente, dalla legge 3 maggio 1999. Lamenta l'appellante la violazione e falsa applicazione della Direttiva 1999/70/CE, dell'art. 4 dell'Accordo Quadro CES, UNICE E CEEP, dell'art. 6 del d.lgs n. 368/2001 e dell'art. 70 d.lgs. n. 165/2001, normativa dalla quale deriva la possibilita' di applicare una diversita' di trattamento nelle “condizioni di impiego”, subordinatamente all'esistenza di “ragioni oggettive”, sussistenti nel caso di specie.
Con l'appello incidentale, la M.E. si duole che il primo Giudice, con motivazione contraddittoria, da un lato, abbia riconosciuto da parte del Ministero un abuso nella reiterazione dei contratti a termine, sanzionato con la misura economica, e, dall'altro, al fine di negare la richiesta di riconoscimento dell'anzianita' di servizio per il cumulo dei periodi lavorati, abbia sostenuto che il sistema di reclutamento del Ministero costituisca una ragione oggettiva per legittimare una diversita' di trattamento tra il personale assunto a termine e quello di ruolo.
Quanto all'appello principale, si rivela fondata l'argomentazione del MINISTERO appellante, relativa all'inapplicabilita' alla fattispecie della normativa generale sui contratti a tempo determinato, ossia del d. lgs. 368/01, in quanto il regime specifico per il reclutamento del personale del settore scolastico si caratterizza quale disciplina separata e speciale, poiche' finalizzata ad assicurare una costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, in modo da rendere concreto il diritto costituzionale all'istruzione ed allo studio.
Cio' si ricava dal corpus normativo applicabile al settore scolastico e, in particolare dall'art. 399 del t.u. 16 aprile 1994, n. 297 (come sostituito dall'art. 1 della L.124/99) il cui primo comma cosi' recita: "l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d'arte, ha luogo, per il 50% dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50%, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all'articolo 401".
Il successivo art. 400 stabilisce, poi, che: "I concorsi per titoli ed esami sono indetti su base regionale con frequenza triennale, con possibilita' del loro svolgimento in più' sedi decentrate in relazione al numero dei concorrenti. L'indizione dei concorsi e' subordinata alla previsione del verificarsi nell'ambito della regione, nel triennio di riferimento, di un'effettiva disponibilita' di cattedre o di posti di insegnamento, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 442 per le nuove nomine e delle disposizioni in materia di mobilita' professionale del personale docente recate dagli specifici contratti collettivi nazionali decentrati, nonche' il numero dei passaggi di cattedra o di ruolo attuati a seguito di concorsi di riconversione professionale" e disciplina le modalita' di indizione e svolgimento delle procedure concorsuali.
L'art. 401 (come mod. dalla l.124/99) prevede, poi, che "Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente… sono trasformate in graduatorie permanenti… periodicamente integrate con l'inserimento di docenti che hanno superato le prove dell'ultimo concorso regionale per titoli ed esami… e dei docenti che hanno chiesto il trasferimento… contemporaneamente… e' effettuato l'aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono gia' compresi nella graduatoria permanente".
Il conferimento delle supplenze annuali e temporanee e' poi disciplinato dall'art. 4 della l.124/99, il quale cosi' dispone: "Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l'utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreche' ai posti medesimi non sia stato gia' assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento delle procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo. 2.Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario. 3.Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee. 4.I posti delle dotazioni organiche provinciali non possono essere coperti in nessun caso mediante assunzione di personale docente non di ruolo. 5.Con proprio decreto… il Ministro della pubblica istruzione emana un regolamento per la disciplina del conferimento delle supplenze annuali e temporanee nel rispetto dei criteri di cui ai commi seguenti. 6.Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attivita' didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all'articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell'articolo 1 della presente legge… Il conferimento delle supplenze temporanee e' consentito esclusivamente per il periodo di effettiva permanenza delle esigenze di servizio. La relativa retribuzione spetta limitatamente alla durata effettiva delle supplenze medesime".
Il successivo regolamento (d.m. 25 maggio 2000, n.201), fra l'altro, all'art. 1, commi da 1 a 4, dopo aver richiamato la disciplina dell'art. 4 l.124/99, disciplina, in conformita' con quanto disposto da tale ultima norma, le varie tipologie di supplenze, stabilendo quale debba essere il termine finale da apporre a ciascuna tipologia di incarico e prevedendo, al comma 5, che "il conferimento delle supplenze si attua mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato sottoscritti dal dirigente scolastico e dal docente interessato, che hanno effetti esclusivi nel giorno dell'assunzione in servizio a termine: per le supplenze annuali il 31 agosto; per le supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche il giorno annualmente indicato dal relativo calendario scolastico quale termine delle attivita' didattiche; per le supplenze temporanee l'ultimo giorno di effettiva permanenza delle esigenze di servizio" (disposizione poi ripetuta nel comma 7 dell'art. 1 del d.m.13 giugno 2007, n. 131, ossia nel successivo regolamento ministeriale).
Vi sono poi altre norme che disciplinano analiticamente la mobilita' del personale scolastico, le aspettative ed i congedi, nonche' i criteri per la determinazione delle piante organiche e la formazione delle classi.
Si e' dimostrato quindi, con questo breve e sintetico excursus, che il legislatore ha sempre considerato il sistema di reclutamento nel settore scolastico come autonomo e distinto anche rispetto alla normativa generale del reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, come risulta espressamente dal comma 8 dell'articolo 70 del d.lgs. 165/01 ("… Sono fatte salve le procedure di reclutamento del personale della scuola di cui al d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 e successive modificazioni ed integrazioni) e come e' stato successivamente più' volte ribadito da varie norme (fra cui merita segnalare l'art. 1, co. 1, d.l. 134/09, che ha inserito il comma 14 bis dell'art. 4 della legge 124/99: "I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previsti dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo… omissis" nonche' l'art. 9, co. 18, d.l. 70\11 –conv. in l. 106\11- che ha aggiunto all'art. 10 d.lgs. 368/01, il comma 4 bis: "… sono altresi' esclusi dall'applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessita' di garantire la costante erogazione del servizio educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l'articolo 5, comma 4 bis del presente decreto").
Neppure e' condivisibile la tesi secondo cui le disposizioni sul rapporto a termine contenute nel d.lgs. 165/01 (in particolare: il divieto di conversione e l'esistenza di una normativa speciale relativa al reclutamento del personale scolastico) sarebbero state abrogate per incompatibilita' dal d.lgs. 368/01, poiche' emanato in data successiva, in quanto il primo testo e' da ritenersi normativa speciale, come risulta dall'art. 2 comma 2 del d.lgs.165 stesso, il quale prevede che le disposizioni del codice civile e le leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, siano esse antecedenti o successive, trovano applicazione anche nei rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, solo se non in contrasto “…con le diverse disposizioni contenute nel presente decreto…”.
A conferma, si consideri che il legislatore, anche dopo la pubblicazione del d.lgs. 368/01, ha più' volte modificato l'art. 36 del d.lgs. 165/01, mantenendo sempre fermo il divieto di conversione.
Deve evidenziarsi, infine, l'incompatibilita' della disciplina della proroga nella successione dei contratti, dettata dagli articoli 4 e 5 d.lgs. 368/01 (anche dopo l'introduzione del comma 4 bis dell'art. 5 da parte dell'art. 1 l.247/07) con i principi che ispirano il sistema del reclutamento scolastico che, al fine di garantire la continuita' didattica, non pone alcun limite alla proroga, ove permangano le necessita' sostitutive ed anzi, prevedendo il miglioramento della posizione di graduatoria attraverso l'acquisizione di punteggi derivanti dai rapporti temporanei prestati, favorisce la reiterazione dei rapporti stessi, proprio attraverso la quale diventa concreta la possibilita' di immissione definitiva nel ruolo.
Detta incompatibilita' della normativa speciale con la disciplina generale dettata dal d.lgs. 368/01 e' stata con chiarezza riaffermata dal legislatore attraverso l'emanazione dei gia' richiamati art. 1 d.l. 134/09 e 9, co.8, d.l. 70/11 che, pur non espressamente qualificati di interpretazione autentica, si inseriscono in un sistema gia' chiaramente delineato, affermando principi (quali la giuridica impossibilita' della conversione nonche' l'inapplicabilita' del limite massimo di reiterazione dei contratti) gia' agevolmente desumibili dal descritto corpus normativo.
Tuttavia, dalla ritenuta inapplicabilita' alla fattispecie delle richiamate disposizioni del d.lgs. 368/01, non deriva l'automatica conseguenza della legittimita' dei contratti a termine stipulati ai sensi dell'art. 4 della l.124/99, in quanto la stessa va misurata alla luce della normativa comunitaria, e specificamente della direttiva 1999/70/CE (riconosciuta applicabile anche ai rapporti di lavoro con le Pubbliche Amministrazioni da numerose sentenze della C.G.U.E.), in particolare, con quanto stabilito dalla clausola n. 5 e dal settimo “considerando”, i quali, rispettivamente, dispongono: "Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri… dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifiche di lavoratori, una o più' misure relative a: a)ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; b la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; c)il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti" e "… l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive e' un modo di prevenire gli abusi…".
La giurisprudenza comunitaria si e' numerose volte pronunciata in materia censurando soprattutto, alla luce dell'interpretazione della clausola 5, la reiterazione indiscriminata dei contratti a tempo determinato, tale da integrare il deprecabile fenomeno della precarizzazione dei lavoratori.
Si ritiene opportuno menzionare, fra le altre, la sentenza C.G.U.E. 4 luglio 2006 (in causa C-212\04, ADELENER) nella quale la Corte ha specificato che "…la clausola 5) n. 1 deve essere interpretata nel senso che essa osta all'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi che sia giustificata dalla sola circostanza di essere prevista da una disposizione legislativa o regolamentare generale di uno Stato membro…” precisando poi che la nozione di ragioni obiettive ai sensi di detta clausola "…esige che il ricorso a questo tipo particolare di rapporti di lavoro quale previsto dalla normativa nazionale sia giustificato dall'esistenza di elementi concreti relativi in particolare all'attivita' di cui trattasi ed alle condizioni del suo esercizio…"; la sentenza C.G.U.E. 26 ottobre 2012 (in causa C-586\10, KUCUK) nella quale la Corte ha evidenziato, tra l'altro che "…si deve ricordare che la clausola 5, n. 1, dell'accordo quadro CTD mira ad attuare uno degli obiettivi perseguiti da tale accordo quadro, vale a dire limitare il ricorso a una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, considerato come una potenziale fonte di abuso in danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima tese ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti…"; la sentenza 23 aprile 2009 (in cause riunite da C-378 a C-380\07, ANGELIDAKI ed altri) nella quale si precisa che la clausola in questione "…impone agli Stati membri, per prevenire l'utilizzo abusivo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, l'adozione effettiva e vincolante di almeno una delle misure in essa enunciate qualora il diritto nazionale non prevede norme equivalenti. Le misure cosi' elencate…attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive che giustifichino il rinnovo di tali contratti o rapporti di lavoro, alla durata massima totale degli stessi contratti o rapporti di lavoro successivi ed al numero dei rinnovi di questi ultimi…".
E' opportuno sottolineare che le suddette "ragioni obiettive" trovano una chiave di lettura nella precedente clausola 3, che identifica le "condizioni oggettive" con "il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico" (cosi' ord. C.G.U.E. 11 novembre 2010, C-20\10, VINO e 18 dicembre 2008, C-306\07, RUBEN ANDERSEN).
Alla luce di tali principi, richiamando nuovamente le ragioni previste dall'art. 4 della l.124/99 per il ricorso alla stipulazione di contratti a tempo determinato del personale docente (ed anche del personale ATA, in forza del disposto dell'art. 4, comma 11) si puo' affermare l'inesistenza di alcun abuso nella reiterazione degli incarichi temporanei di cui al terzo comma (cc.dd. "supplenze temporanee fino al termine delle attivita' didattiche") ma anche di quelli di cui al secondo comma (cc.dd. "supplenze annuali su vacanze di fatto") e cio' per le ragioni che seguono.
Con riferimento alle supplenze temporanee, il ricorso a tale tipo di supplenza e' sicuramente sorretto da ragioni oggettive di carattere, per l'appunto, temporaneo e contingente, quale e' l'esigenza di garantire la continuita' didattica, coprendo le assenze del personale dovute a ragioni non prevedibili ex ante, quali assenze per malattia, aspettative, congedi vari, richiesti nel corso dell'anno scolastico.
A conclusioni non dissimili si puo' giungere anche in relazione agli incarichi conferiti ai sensi del secondo comma dell'art. 4 cit. (anch'essi con durata sino al termine delle attivita' didattiche) giacche' anche dette supplenze sono connotate da temporaneita', in quanto finalizzate alla copertura di cattedre "non vacanti" e, quindi, solo momentaneamente disponibili. Si tratta, cioe', di incarichi che non presuppongono alcuna scopertura della pianta organica del singolo istituto scolastico e che si rendono necessari in considerazione dell'estrema variabilita' ed imprevedibilita' dei dati che condizionano l'istituzione e la permanenza delle cattedre.
Il quadro normativo di settore detta precise regole nella formazione delle piante organiche e delle classi, ma e' ben possibile che possano verificarsi significativi scostamenti tra l'organico di diritto ed il c.d. "organico di fatto", sostanzialmente imprevedibili (o quanto meno estremamente mutevoli), perche' legati ad una pluralita' di variabili, prima fra tutte quella relativa alla consistenza qualitativa e quantitativa della popolazione scolastica.
Puo' dunque affermarsi che anche le "supplenze annuali su vacanze di fatto" siano sorrette dalla stessa ragione oggettiva, ossia l'imprescindibile garanzia della continuita' didattica, ragione che puo' cessare, o nuovamente variare, al termine dell'anno scolastico, determinando cosi' il venir meno dell'esigenza o, al contrario, se detta esigenza nel frattempo sia diventata stabile, l'obbligo di apportare le necessarie modifiche di carattere permanente alla pianta organica.
A conclusioni diverse si deve invece giungere con riferimento ai contratti a tempo determinato riconducibili all'ipotesi prevista dal primo comma dell'art. 4, poiche', attraverso il conferimento della supplenza annuale per la copertura di cattedre e posti di insegnamento, gia' compresi nella pianta organica, ma vacanti perche' privi di titolare, l'Amministrazione scolastica soddisfa un'esigenza che, sebbene oggettiva, non e' connotata dal carattere della temporaneita', atteso che gia' la sola inclusione della cattedra del c.d. organico di diritto rende evidente la natura permanente dell'esigenza medesima.
Da cio' discende che l'articolo 4, comma 1, della l.124/99 si pone sicuramente in contrasto con la clausola 5 dell'accordo, se interpretata nel senso di consentire senza alcuna limitazione, ne' di carattere oggettivo ne' temporale, il ricorso reiterato al contratto a termine, finalizzata ad assicurare la copertura di posti della pianta organica che, invece, l'Amministrazione avrebbe dovuto e potuto coprire con personale immesso in via definitiva in ruolo secondo i meccanismi previsti dagli articoli 399 e seguenti del medesimo testo di legge.
Poiche', in definitiva, la legge 124 del 1999 prevede e consente (alla norma teste' richiamata) assunzioni a tempo determinato in assenza di ragioni obiettive, ne consegue che tale norma non e' conforme alle previsioni della direttiva 1999/70/CE.
In conclusione (essendo pacifici e non contestati i dati di fatto e, segnatamente, la tipologia delle supplenze sottostanti ai contratti a t.d.), l'appello del MIUR deve essere accolto e la sentenza di primo grado deve essere sul punto riformata, in quanto i contratti a tempo determinato da questi ultimi stipulati non rientrano nella fattispecie di cui all'art. 4, comma 1, l. 124/99 (v. contratti di lavoro in atti).
Quanto all'appello incidentale, osserva la Corte che le censure riguardano la piena equiparabilita' del personale non di ruolo a quello di ruolo, l'esistenza di una violazione del principio di non discriminazione stabilito a livello europeo dalla Direttiva 99//0/CE e recepito con il D. Lgs 368/2001, nonche' l'esistenza di norme interne che attribuirebbero ai dipendenti non di ruolo gli scatti di anzianita' biennali.
Il Ministero, sulla base della normativa vigente in materia (L. 312/1980) e dei contratti collettivi di comparto, oppone la dedotta non equiparabilita' dei lavoratori a tempo determinato con quelli a tempo indeterminato, in quanto nel pubblico impiego il discrimen tra le due categorie sarebbe fondato sul superamento delle procedure concorsuali quale requisito di accesso per l'immissione in ruolo, cosi' che la differenza tra le due categorie di lavoratori sarebbe legittima, incentrata su un elemento fondamentale quale il diverso regime giuridico del personale, non sarebbe quindi ravvisabile alcuna violazione del principio di non discriminazione.
Il motivo di appello incidentale e' fondato. La successione di una serie di contratti a tempo determinato, in base ai quali la parte ricorrente ha prestato servizio alle dipendenze del Ministero appellante, non e' contestata tra le parti.
Contrariamente a quanto deduce l'amministrazione, ricorrono tutti i presupposti per l'applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all'art. 4 dell'Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE: in primo luogo la modalita' di selezione del personale non incide sulla qualita' del lavoro prestato, cosi' che nessuna ragionevole giustificazione di una disparita' di trattamento economico puo' trarsi da tale argomento.
In proposito, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito la portata generale della direttiva 99/70 e del principio della parita' di trattamento e del divieto di discriminazione che vi sono affermati: “la mera circostanza che un impiegato sia qualificato come ‘di ruolo' in base all'ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego di uno Stato membro interessato e' priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l'efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell'accordo quadro nonche' la loro applicazione uniforme negli Stati membri, riservando a questi ultimi la possibilita' di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari” (cosi': Corte di Giustizia 13 settembre 2007 C-307/5 Del Cerro punto 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 C-444/09 Gavieiro e C-456/09 Torres punto 43). “Infatti, una disparita' di trattamento che riguardi le condizioni di impiego tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato non puo' essere giustificata mediante un criterio che, in modo generale ed astratto, si riferisca alla durata stessa dell'impiego. “Ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una siffatta disparita' di trattamento priverebbe del loro contenuto gli scopi della direttiva 70/99 e dell'accordo quadro” (Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cit. punto 57), scopi individuati dalla stessa corte nella “garanzia della parita' di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni (...) al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato” (punti 47 e 48).
Il trattamento retributivo progressivamente collegato all'anzianita' di lavoro rientra indiscutibilmente nel concetto di “condizioni di impiego” di cui parla la direttiva, trasposta nel D.Lgs. 368/2001.
Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l'unico limite che giustifica un trattamento differenziato, e cioe' la sussistenza di ragioni oggettive, non puo' essere ravvisato dalla mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all'ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego (cfr.: Corte di Giustizia II Sez. 13 settembre 2007 causa 307/05 Del Cerro, punti da 26 a 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cause riunite 444/09 e 456/09 Gavieiro e Torres).
La Corte di Giustizia ha definito la nozione di ragioni oggettive, tali da giustificare una diversita' di trattamento tra assunti a termine e assunti di ruolo, nel senso che si deve trattare di “elementi precisi e concreti (...) che possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti a tempo determinato” (cfr.: Corte di Giustizia sentenza Del Cerro citata, punti da 49 a 58).
In altri termini, - come puntualizzato dalla citata sentenza Gavieiro e Torres, e ribadito dall'ordinanza 9 febbraio 2012, causa C 556/11, Lorenzo Martinez cit., punti 47,48,49 e 50 - le ragioni oggettive che ai sensi dell'art.4 punto 1 della direttiva clausola legittimano la differenza di trattamento non possono consistere nel fatto che questa sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale la legge o il contratto collettivo, ma riguardano “la sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparita' risponda ad una reale necessita', sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria”.
La “reale necessita'” di un trattamento differente tra lavoratori, cosi' come descritta dalla Corte Europea, non puo' certo identificarsi con l'essere un dipendente a tempo determinato, di ruolo o meno e assunto o meno con concorso, ne' tali peculiarita' del rapporto di impiego hanno alcuna correlazione logica con il negare la progressione retributiva in funzione dell'anzianita' maturata (cfr. in questi termini: Corte di Giustizia 22 dicembre 2010, cit. punto 43): in tale ottica antidiscriminatoria, non puo' condividersi l'argomentazione della difesa del Ministero in punto di valutazione dell'anzianita' di servizio a fini economici nei medesimi termini posti per il personale di ruolo, ovvero limitata ad un terzo per l'anzianita' eccedente il quadriennio, in quanto o il meccanismo di calcolo dell'anzianita' consente di recuperare la retribuzione, maturata nei periodi di servizio effettuati prima dell'ingresso in ruolo, in costanza del rapporto a termine, ovvero non elimina la discriminazione retributiva ed e' percio' illegittima.
La posizione del dipendente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato - come l'odierna parte appellante in via incidentale - con continuita' nella medesima funzione in forza di una pluralita' di rapporti a termine sono pertanto pienamente equiparabili, non potendo essere preclusiva la circostanza che si tratta di un impiegato non di ruolo, non assunto per pubblico concorso e non soggetto a stabilizzazione dopo un periodo di prova, come evidenziato dalle decisioni del giudice comunitario sopra riportate.
Di conseguenza, devono essere disattese anche tutte le argomentazioni fondate sulla pretesa applicazione di norme interne che attribuiscano un trattamento economico inferiore ai dipendenti non di ruolo, negando loro il diritto agli scatti di anzianita': a prescindere da ogni valutazione circa l'ultrattivita' di tali norme dopo la cd. privatizzazione del pubblico impiego, le norme invocate (L. 312/1980) sono anteriori alla citata Direttiva 99/70 ed al D. Lgs 368/2001, cosi' che anche nell'ipotesi della loro perdurante vigenza, si dovrebbe giungere alla loro disapplicazione per contrasto con il più' volte menzionato principio di non discriminazione; ne' una eventuale contrattazione collettiva di comparto, che neghi gli scatti di anzianita' ai dipendenti non di ruolo, potrebbe scalfire il principio fondamentale stabilito a livello europeo, sia per il carattere negoziale delle norme collettive, sia per la necessita' di rispettare le norme interne che recepiscono la citata Direttiva 99/70, ossia il principio di parita' di condizioni di impiego di cui all'art. 6 del D. Lgs 368/2001.
Appare quindi superfluo prendere in considerazione l'ipotesi dell'applicabilita' di norme interne, anteriori al citato D.Lgs 368/2001 che recepisce la Direttiva 99/70/CE, dal momento che e' il principio comunitario, recepito a livello nazionale, a costituire il fondamento del diritto vantato dall'insegnante, quale espressione del divieto di applicare ai lavoratori trattamenti, anche economici, discriminatori in quanto non fondati su alcuna giustificazione razionale.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, devono essere accolti l'appello principale e quello incidentale.
Considerato l'esito complessivo del giudizio, si conferma la statuizione in ordine alle spese di lite del primo grado e si compensano interamente tra le parti le spese processuali del presente grado.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, eccezione e deduzione respinte, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, cosi' provvede:
- in accoglimento dell'appello principale, respinge la domanda risarcitoria avanzata da M.E. in dipendenza della successione dei contratti a tempo determinato stipulati tra le parti;
- in accoglimento dell'appello incidentale, dichiara il diritto di M.E. alla progressione retributiva per l'anzianita' di servizio in relazione ai periodi di servizio effettivamente prestati e condanna il MIUR al pagamento delle relative differenze, oltre interessi legali dalla maturazione del diritto al saldo;
- conferma la statuizione sulle spese del primo grado e compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado.
Cosi' deciso in Roma il giorno 9.9.2020