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martedì 25 aprile 2023

In caso di intervento straordinario di integrazione salariale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali

Sentenza Tribunale Napoli sez. lav., 18/01/2023, n.290

Massima

In caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione aziendale con temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi.

Sentenza

FATTO E DIRITTO

Con ricorso, depositato il 6.7.2021il ricorrente in epigrafe hanno agito in giudizio al fine di sentire:


'accertare e dichiarare per i motivi su esposti l'illegittimità dei provvedimenti di sospensione dal lavoro dal 9 novembre 2009 al 8 novembre 2010 nonché i provvedimenti del 15.06.2011, 14.06.2013, 09.06.2014, e 26.6.2015 disposti dalla società convenuta in danno del ricorrente per il periodo intercorrente dal 9.11.2009 al 31.12.2017, salvo qualche sporadica presenza nel periodo della CIGO e di conseguenza condannare la stessa previa disapplicazione del decreto ministeriale illegittimo al risarcimento del danno in favore di quest'ultimo, nella misura pari alle retribuzioni non corrisposte, detratto quanto percepito dal lavoratore per trattamento in C.I.G.S., con vittoria di spese diritti ed onorari di causa, nonché spese generali ex art. 14 d.m. 127/04 con attribuzione ai procuratori costituiti per anticipo fattone'.


A sostegno delle proprie richieste, premesso di essere stato assunto con mansioni di operaio, come dalle allegate buste paga e secondo le categorie e i livelli ivi menzionati, addetto presso l'impianto di Napoli ha dedotto che, nel periodo di lavoro, dal 2009 al 2017, la società aveva fruito della CIGS per riorganizzazione ristrutturazione aziendale; che, in particolare, la società aveva chiesto la concessione della CIGS per il periodo dal 9.11.2009 al 8.11.2010 e successivamente la proroga della stessa per il periodo dal 9.11. 2010 al 8.11.2010; ed ancora dal 9.11.2010 al 09.07.2011 e dopo dal 10.07.2011 al 09.07.2013, dal 10.07.2013 al 09.07.2014 e dal 10.07.2014 al 09.07.2015 e, infine, aveva richiesto ed ottenuto la CIGS per il periodo dal 11.08.2015 al 10.8.2017; che, per tutte le procedure, concluse con accordo sindacale, era stato previsto il criterio della rotazione del personale; che la rotazione era stata effettivamente attuata nei confronti della maggior parte del personale che era stato richiamato in servizio a rotazione, in tutti i reparti dello stabilimento di Napoli; che, a differenza degli altri lavoratori, nel corso del periodo di CIGS dall'1.1.2009 al 31.12.2017, nonostante la parità d'inquadramento, l'equivalenza e la fungibilità di mansioni, esso ricorrente non era mai stato richiamato in servizio se non per gli sporadici periodi, indicati in ricorso. Ha, quindi, affermato la illegittimità del provvedimenti di sospensione dal lavoro disposto dalla società PCMA spa in danno di esso ricorrente dal 1/01/2009 al 31/12/2017, per violazione degli obblighi di comunicazione di cui all'art. 1, comma 7 e 8 della legge 223/91 e genericità dei criteri stessi.


Ritualmente instauratosi il contraddittorio, si costituiva la società convenuta che, preliminarmente, eccepiva la prescrizione dei diritti vantati con riferimento al periodo antecedente alla notifica dell'atto interruttivo del 18.5.2021; nel merito, assumeva la completezza e specificità delle comunicazioni aziendali e la correttezza della procedura, anche considerando l'efficacia sanante degli accordi aziendali; deduceva, in ogni caso, che il ricorrente aveva effettivamente partecipato alla rotazione del personale.


In data odierna, all'esito dell'udienza, la causa viene decisa con la redazione ed il deposito telematico della sentenza completa delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.


In via preliminare va accolta l'eccezione di prescrizione dei pretesi crediti vantati fino a tutto il mese di maggio 2011 atteso che il primo atto interruttivo risale al 18.5.2021 come da documentazione in atti.


Nel merito la domanda è fondata e va accolta nei termini e per le ragioni che seguono. Sulla questione oggetto di giudizio sono già intervenute altre pronunce di questo Tribunale alle cui compiute argomentazioni questo giudicante intende aderire, condividendone il fondamento giuridico ed il cui contenuto si richiama anche in applicazione dell'art. 118 disp. att. c.p.c. (v. sent. GL dott. F. A. del 02.02.21 R.G. n. 20822/2019; sent. GL dott. M. G. n. 1876/2021; sent. GL dott.ssa A. B. n. 2935/2021).


Oggetto del giudizio è la legittimità del ricorso alla CIGS, di cui ha fruito l'azienda convenuta per il periodo dal 2009 al 2017. L'istante lamenta l'illegittimità delle procedure di sospensione dal lavoro per i seguenti motivi: 1) la violazione degli obblighi di comunicazione di cui all'art. 1, commi 7 e 8 L. 223/91, stante la mancata indicazione, nella comunicazione di avvio della procedura, di 'specifici' criteri per l'individuazione dei lavoratori da sospendere e per l'esatta individuazione delle modalità della rotazione; 2) la genericità dei criteri di rotazione espressi, con la conseguente mancanza di un'effettiva rotazione. Per la ricostruzione del quadro giuridico in cui si inserisce la questione in esame si riporta, sostanzialmente, quanto già affermato nei precedenti giurisprudenziali del distretto, come precedentemente indicati.


E' noto, la legge 23 luglio 1991, n. 223 prevede che, dopo l'accertamento dello stato di crisi e l'approvazione dei programmi di superamento della stessa, all'esito di un'articolata procedura, il Ministero del Lavoro con proprio decreto conceda il trattamento straordinario di integrazione salariale.


Il datore di lavoro deve individuare i lavoratori da collocare in CIGS adottando meccanismi di rotazione tra i dipendenti che svolgono le stesse mansioni e sono occupati nell'unità produttiva interessata. I 'criteri di individuazione dei lavoratori' e 'le modalità della rotazione' sono oggetto di consultazione sindacale, per cui devono formare oggetto di comunicazione ai sindacati. L'art. 1, comma 7, della legge n. 223 del 1991, infatti, impone la loro comunicazione alle organizzazioni sindacali e l'esame congiunto ai sensi dell'art. 5 della legge n. 164 del 1975. Il successivo comma 8 prevede altresì che qualora il datore, per ragioni di carattere tecnico organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, non intenda attuare meccanismi di rotazione, deve indicarne i motivi nel programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale. Tuttavia, il Ministro del lavoro, pur approvando il programma e concedendo la cassa integrazione, può ritenere non giustificata la mancata adozione della rotazione e promuovere un incontro tra le parti sociali sul punto. Ove non si pervenga ad un accordo, il Ministro stesso stabilisce l'adozione di meccanismi di rotazione, sulla base delle proposte formulate dalle parti stesse.


Su tale assetto normativo è intervenuto il d.P.R. 10 giugno 2000, n. 218 ("Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria e di integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà").


L'art. 2 del citato d.P.R. disciplina analiticamente l'esame congiunto della situazione aziendale. Esso tra l'altro prevede che oggetto dell'esame congiunto sia il programma che l'impresa intende attuare, comprensivo della durata e del numero dei lavoratori interessati alla sospensione, nonché delle misure previste per la gestione di eventuali eccedenze di personale, i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione tra i lavoratori occupati nelle unità produttive interessate dalla sospensione.


L'impresa è altresì tenuta ad indicare le ragioni tecnico organizzative della mancata adozione di meccanismi di rotazione (v. in particolare il comma 5 dell'art. 2 cit.).


La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato che la disciplina del d.P.R. n. 218 del 2000 non abroga la legge n. 223 del 1991 e lascia, quindi, intatti gli obblighi di comunicazione stabiliti dall'art. 1 di quest'ultima. Si è, in particolare, esclusa ogni incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con il d.P.R. n. 218 cit. e le disposizioni della legge n. 223, giacché la disciplina regolamentare, che si limita a imporre all'imprenditore che intenda chiedere l'intervento straordinario di integrazione salariale l'obbligo di dare tempestiva comunicazione alle organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase amministrativa di concessione dell'integrazione stessa, ma nulla dice sul contenuto concreto della comunicazione, né detta alcuna disciplina in ordine ai criteri di scelta.


Essa, pertanto, non ha in alcun modo inciso sugli obblighi di rilevanza collettiva di cui all'art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 223 del 1991.


Si è altresì escluso che la normativa regolamentare abbia spostato l'informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente successivo, dell'esame congiunto. Così ragionando, difatti, l'art. 2 del d.P.R. n. 218 del 2000 sarebbe estraneo all'esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l'alleggerimento degli oneri della parte datoriale, con la compressione dei diritti d'informazione spettanti al sindacato (cfr. Cass. sez. VI-L ord. 26587/11 e Cass. 193/16; in senso conforme v. Cass. 28464/08, 13240/09, 12056/11 e 18628/13).


Questo orientamento è stato, peraltro, ribadito dalla Suprema Corte nella sentenza n. 10844 del 04/05/2017.


In linea con il citato indirizzo, deve dunque ritenersi che, per la scelta dei lavoratori da porre in cassa integrazione, l'art. 1, comma 7, della legge n. 223 del 1991, continua a prescrivere che il datore di lavoro comunichi alle organizzazioni sindacali i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione. Tale disposizione ha, infatti, lo scopo di tutelare, nella gestione della cassa integrazione, i diritti dei singoli lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 218 del 2000.


La Corte di Cassazione ha altresì affermato che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale, che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi, così da permettere la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri stessi, in base al combinato disposto degli artt. 1, comma 7, della legge n. 223 del 1991, e 5, commi 4 e 5, della legge n. 164 del 1975.


In linea con il suddetto principio è stato precisato che:


'a) per l'attuazione della finalità perseguita dal legislatore, la specificità dei criteri di scelta, che si possono definire generali in quanto rivolti ad una collettività di lavoratori, consiste nella idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri (Cass.23 aprile 2004, n. 7720); b) il provvedimento di sospensione dell'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere (Cass. 28 novembre 2008 n. 28464); c) ai fini della legittimità della sospensione della retribuzione per i lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, l'azienda è tenuta a comunicare la individuazione dei lavoratori da sospendere e i motivi per i quali non vengono adottati i meccanismi di rotazione; la sussistenza di vizi procedimentali e la conseguente inefficacia dei provvedimenti aziendali può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass 19 agosto 2003, n. 12137; Cass 18 maggio 2006 n. 11660)'.


La Corte ha, inoltre, statuito che la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale non può essere generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all'individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione e all'adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi. Pertanto, i criteri di scelta in virtù dei quali sono individuati i lavoratori da sospendere e le modalità della rotazione devono essere specifici, idonei cioè a rendere edotto il singolo lavoratore della ragione organizzativa posta alla base di tali criteri. In questo senso, si sono espresse le Sezioni Unite della Cassazione: 'In caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, la riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi ...' (Cass., Sez. Un., sentenza n. 302/2000). E ancora: 'un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta. È evidente che un siffatto criterio non risponde alla lettera della norma e alle sue finalità chiarite dalla citata sentenza delle SS.UU.' (Cass. sent. n. 7720/2004, con richiamo ai principi enunciati dalla sopra citata sentenza n. 302/2000 delle Sezioni Unite). E' stato, altresì, affermato che 'In tema di procedimento per la concessione della c.i.g.s., la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all'individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione ed in ordine all'adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 1, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e tale violazione non può ritenersi sanata dall'effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare. (Nella specie, la S.C., nel cassare la sentenza impugnata enunciando l'anzidetto principio, ha ritenuto l'illegittimità dei criteri di scelta e di rotazione dei lavoratori operate secondo le "esigenze tecniche, organizzative e produttive", non essendo consentito che l'individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali venga lasciata all'iniziativa ed al mero potere discrezionale dell'imprenditore, in quanto ciò pregiudicherebbe l'interesse dei lavoratori ad una gestione trasparente ed affidabile della mobilità e della riduzione del personale)' (Sez. L, Sentenza n. 7459 del 14/05/2012). In definitiva, l'omessa comunicazione alle OO.SS., in vista dell'esame congiunto, di criteri specifici e obiettivamente verificabili di individuazione dei lavoratori da sospendere anche eventualmente diversi dalla rotazione, se ricorrono le esigenze tecnico organizzative che ne giustificano la deroga nonché delle modalità della rotazione, che devono essere esplicitate nel programma di cui al comma 2 dell'art. 1 l. 223/1991, determina la illegittimità del provvedimento di sospensione dell'attività lavorativa, in quanto preclude la verifica del corretto esercizio del potere datoriale. Tale illegittimità può essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata. Va, infine, rilevato che, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente, a cui si ritiene di aderire, l'illegittimità del collocamento in cassa integrazione dei dipendenti, ove sia mancata la comunicazione alle OO.SS. dei criteri specifici di individuazione dei lavoratori da sospendere e/o delle modalità della rotazione, non è sanata da un eventuale accordo sottoscritto dalle parti all'esito dell'esame congiunto. È, invero, consolidato il principio secondo cui 'in riferimento alla possibilità di una efficacia sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta, occorre pure rammentare che essa è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell'ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Né può essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate' (ex multis, Cass. civ. 26587/2011; 4886/2015; 7728/2016).


Sul punto è, peraltro, recentemente intervenuta la Suprema Corte di Cassazione con sentenza del 10.03.2020 n. 6761, nella quale viene ribadito: 'è stata, innanzitutto, esclusa la efficacia sanante sia delle pattuizioni collettive intervenute dopo la sospensione dei lavoratori sia di quelle precedenti; con riguardo a queste ultime, con motivazione sovrapponibile in relazione alla fattispecie in esame, Cass. n. 15994 del 2016 ha osservato che "l'esclusione dell'effetto retroattivo rispetto a scelte in concreto già operate, con l'avvio della sospensione, costituiva solo una delle ragioni di negazione dell'efficacia sanante dell'accordo sindacale (Cass. 30 gennaio 2011, n. 2155): la principale dovendo piuttosto essere ricercata nella sua non esaustività in ordine alle esigenze conoscitive e di esternazione imposte dal combinato disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1, commi 7 ed comma 8. Perché solo nel caso della sua piena esaustività sarebbe inutile formalismo imporre al datore di comunicare alle 00.SS. quei criteri di selezione che proprio con esse ha elaborato (Cass. 12 dicembre 2011, n. 26587; Cass. 3 maggio 2004 n. 8353). Ed occorre pure tenere conto che la possibilità di efficacia sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell'ipotesi in cui la comunicazione sia strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali (Cass. 18 novembre 2015, n. 23622; Cass. 11 marzo 2015, n. 4886) " (Cass. 15994/2016 cit.); 7.2. che a tanto consegue che anteriormente all'entrata in vigore della L. n. 92 del 2012, il vizio della comunicazione di avvio della procedura non può essere sanato con un successivo accordo seppur intervenuto prima della concreta sospensione dei lavoratori, come nel caso che qui si esamina'.


Applicando i riferiti principi al caso in esame, dalla documentazione in atti risulta che la società resistente ha adottato una serie di provvedimenti di sospensione del rapporto lavorativo per cassa integrazione straordinaria, sulla base delle comunicazioni e degli accordi sindacali allegati in ricorso. In particolare, lo stabilimento della PCMA, presso cui hanno pacificamente lavorato i ricorrenti nel periodo indicato in ricorso, è stato interessato da diversi periodi di CIGS: dal 10.07.2011 al 09.07.2013; dal 10.07.2013 al 09.07.2014; dal 10.07.2014 al 09.07.2015; dall'11.08.2015 al 10.08.2017. In particolare, quanto al periodo 2011 2013, i ricorrenti sono stati richiamati in servizio soltanto per i brevissimi periodi risultanti dalla documentazione in atti. Come già evidenziato, non solo i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere ma anche le modalità della rotazione, rientranti nel contenuto obbligatorio della comunicazione e consultazione sindacale di cui all'art. 5 l. 164/75, devono presentare il carattere della 'specificità', ossia della idoneità ad operare la selezione ed al contempo a verificare in concreto la corrispondenza della scelta effettuata ai criteri indicati, altrimenti essi esprimerebbero solo un generico indirizzo e non soddisferebbero né la lettera né la finalità delle norma (Cass. civ. n. 26394/2016).


E' stato altresì affermato che: 'la rilevata inidoneità dei criteri indicati nella comunicazione di apertura a consentire la individuazione dei dipendenti interessati dalla sospensione, determinando la illegittimità della procedura di CIGS è sufficiente a radicare l'interesse ad agire del lavoratore che sulla base di tale illegittima procedura sia stato sospeso' (Cass. sez. lav., 15/10/2018, (ud. 28/06/2018, dep. 15/10/2018), n.25737). Ciò posto, con riferimento al primo periodo di sospensione in CIGS (dal 10.07.2011 al 09.07.2013), si riscontra nella comunicazione del 15.06.2011 di avvio della procedura la assoluta genericità delle formule adottate che rende del tutto 'impossibile' (per utilizzare le parole della Suprema Corte) la verificabilità dei criteri indicati, al fine di individuare i criteri per la rotazione dei lavoratori sospesi (o i motivi per non dar luogo ad essa). Ed, invero, si riscontra la genericità delle enunciazioni contenute nella comunicazione di avvio della procedura del 15.6.2011'... per il perdurare della negativa situazione e al fine di superare le condizioni di inefficienza presenti nell'ambito delle strutture produttive di Napoli, Pomigliano d'Arco, Marcianise e Caivano e per eventuali nuove prospettive industriali ....(omissis)... la Plastic Components & Modules Automotive S.p.A. richiederà l'intervento straordinario della Cassa Integrazione Guadagni per riorganizzazione...per tutti i 635 lavoratori.. che operano nell'unità organizzativa di Napoli per un periodo di 24 mesi. Si precisa che tale programma di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria potrà, nel corso del periodo richiesto di 24 mesi, subire modificazioni, avuto riguardo all'andamento delle richieste di fornitura da parte degli stabilimenti clienti, comportando la possibilità di periodi di attività dello stabilimento a livello giornaliero e/o settimanale. Anche in tal caso, per quanto concerne i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, si precisa che saranno interessate alla CIGS tutte le qualifiche professionali presenti in azienda e che la stessa nel rispetto delle mansioni e delle stesse qualifiche professionali fungibili nonché delle esigenze tecnico -organizzative e produttive effettuerà la rotazione plurimensile tra i lavoratori sospesi' (v. allegato 1, nella produzione di parte ricorrente). In detto documento, ci si riferisce alla possibilità di rotazione, avuto riguardo alle 'esigenze tecnico organizzative e produttive', e tenuto conto delle mansioni e della fungibilità dei singoli lavoratori. Quanto detto porta a rilevare la genericità ed indeterminatezza della comunicazione di avvio della procedura posto che, dalla lettura del predetto documento, non risulta affatto chiaro quali siano stati i criteri in base ai quali sono state individuate le modalità della rotazione tra tutto il personale dipendente. In altre parole, dalla lettura della comunicazione di avvio della procedura non è dato comprendere quali siano stati i criteri di rotazione e le concrete modalità applicative, atti ad identificare in maniera chiara ed univoca i profili professionali che sarebbero stati oggetto di rotazione ed i criteri di operatività della rotazione stessa. Il mero richiamo alle 'esigenze tecniche organizzative e produttive', nonché alle 'mansioni e qualifiche professionali fungibili', contenuto nella predetta comunicazione, non può, invero, ritenersi idoneo a superare il rilievo di genericità e incompletezza dell'atto introduttivo della procedura in questione: il semplice richiamo a tali categorie generali, non riempito di alcun contenuto concreto come l'indicazione espressa di un parametro concreto a cui ancorare le stesse (ad es. mediante il riferimento espresso al diagramma di polivalenza, richiamato nella memoria difensiva di parte resistente) non assolve, come si è detto, all'onere di comunicazione, incombente sul datore di lavoro, ai sensi dagli artt. 1, comma 7, L. 223/91, 5, commi 4, 5 e 6, L. 164/75 e 2 D.P.R. 218/00.


Ed invero: 'la specificità dei criteri di scelta consiste (invece) nella idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri', laddove 'un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto un generico indirizzo di scelta' (v. sent. C. Cass. N. 7720/2004 cit.). Né alcun chiarimento ulteriore è rinvenibile nell'accordo stipulato in sede sindacale. In una fattispecie simile a quella in esame, la Corte di cassazione ha ritenuto che '... non è consentito affidare la scelta dei lavoratori da sospendere o le modalità di loro rotazione in CIGS a non meglio specificate esigenze tecniche od organizzative, atteso che in tal modo l'individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali resterebbe abbandonata all'iniziativa e al mero potere discrezionale dell'imprenditore, con pregiudizio dell'interesse dei lavoratori ad una gestione trasparente delle sospensioni. Nel senso della genericità del mero rinvio ad esigenze tecniche, organizzative e produttive ai fini della rotazione...' (v. Cass. 2216/16). Anche più recentemente, la Suprema Corte con la sentenza n. 6761/2020 cit. ha ribadito, con particolare riferimento al requisito di specificità: 'si è precisato (Cass. n. 22540 del 2013, Cass. n. 25100 del 2013) che l'aggettivazione "non individua una specie nell'ambito del genere criterio di scelta ma esprime la necessità che esso sia effettivamente tale, e cioè in grado di operare da solo la selezione dei soggetti da porre in cassa integrazione", atteso che "un criterio di scelta generico non è effettivamente tale, ma esprime soltanto, non un criterio, ma un generico indirizzo nella scelta". Si aggiunga poi che in tema di procedimento per la concessione della cigs, la L. L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, nel prevedere a carico del datore di lavoro un obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali e provinciali dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché delle modalità della rotazione prevista dal successivo comma 8 (ovvero dei criteri alternativi ove tale meccanismo non sia stato adottato per ragioni di ordine tecnico e organizzativo ritenute meritevoli di accoglimento), appresta una garanzia di natura procedimentale ed opera su un duplice piano di tutela delle prerogative sindacali e delle garanzie individuali assolvendo alla funzione di porre le associazioni sindacali in condizioni di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare al lavoratore, potenzialmente interessato alla sospensione, la previa individuazione dei criteri di scelta e la verificabilità dell'esercizio del potere privato del datore di lavoro. Ne consegue che la violazione delle regole del procedimento incide direttamente sulla legittimità del provvedimento amministrativo di concessione dell'intervento straordinario di integrazione salariale che non può essere assentito ove non sia stato indicato e comunicato né il criterio della rotazione né altro criterio che individui, in alternativa a quest'ultimo, i lavoratori da sospendere (cfr. Cass. n. 19618 del 2011 e molte altre successive cfr. tra le tante Cass. 12089 del 2016)'.


Ciò posto, la tesi difensiva della PCMA si fonda sulla constatazione che, a fronte della scelta datoriale di sospendere tutto il personale in servizio presso lo stabilimento in cui lavoravano gli istanti, non si sarebbe resa necessaria l'individuazione di specifici criteri selettivi di rotazione nella comunicazione di avvio della procedura, posto che una possibilità di rotazione è stata ivi prevista. Invero la società ha rappresentato la necessità di richiedere l'intervento della CIGS per tutti i lavoratori operanti nell'unità produttiva di Napoli, ritenendo, quanto ai criteri della rotazione': per quanto concerne i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, si precisa che saranno interessate alla CIGS tutte le qualifiche professionali presenti in azienda e che la stessa nel rispetto delle mansioni e delle stesse qualifiche professionali fungibili nonché delle esigenze tecnico organizzative e produttive effettuerà la rotazione plurimensile tra i lavoratori sospesi'. Dalla lettura di tale comunicazione emerge chiaramente che il ricorso alla CIGS, previsto per tutti i lavoratori dello stabilimento, comportava la previsione di una possibilità di deroga legata al presupposto dell'andamento 'delle richieste di fornitura da parte degli stabilimenti clienti'. Pertanto, la rotazione dei lavoratori è effettivamente avvenuta, per cui il datore di lavoro ha esercitato la facoltà di stabilire le modalità di rotazione tra i lavoratori sospesi, ma non essendo state esplicitate specifiche modalità di rotazione, tale facoltà si è sottratta ad ogni possibilità di verifica preventiva, in contrasto con la ratio che sottende la necessità della comunicazione preventiva.


Giova, altresì, rilevare che il meccanismo di individuazione dei lavoratori da richiamare in servizio era totalmente discrezionale, con un generico riferimento alle mansioni e alle qualifiche professionali 'fungibili nonché delle esigenze tecnico -organizzative e produttive', senza chiarire in che termini dovesse intendersi detta 'fungibilità'. La società, nel costituirsi in giudizio, ha dedotto, quanto alle 'esigenze di produzione' richiamate, che anche nella prima comunicazione le stesse consistevano nel residuo produttivo minimo del periodo in cui la Società attuava il complesso piano di riorganizzazione e, precisamente, nella produzione: della componentistica per il Ducato (244) prodotto da FCA in Brasile e dei pezzi di ricambio delle vetture non più in produzione dal 2009, Alfa Romeo 159 e 147. Ha allegato, pertanto, che questa produzione residua e minima era il substrato di attività (pari, all'incirca, al 10% della normale attività dello stabilimento) che giustificava la rotazione dei lavoratori durante il periodo oggetto di causa e che era ben nota ai Sindacati e ai dipendenti; ha aggiunto che il riferimento alla fungibilità dei lavoratori, quale principale modalità attuativa del criterio della rotazione, precisava che lo stesso andava necessariamente letto in combinato disposto con il c.d. 'diagramma di polivalenza' (doc. 9) pubblicato in ciascuna UTE e già da tempo condiviso con le OO.SS - la cui predisposizione era avvenuta sulla scorta delle prescrizioni provenienti dagli Enti Internazionali di Certificazione della Qualità (processi ISO 9001 e IATF 16949) di cui la PCMA si avvale nella predisposizione della propria organizzazione produttiva (v. memoria difensiva, sul punto). Tali argomentazioni non spostano i termini della questione, in quanto la regola della specificità dei criteri che presiedono all'individuazione dei dipendenti da riammettere in servizio poggia sull'esigenza di rendere edotto il singolo lavoratore ab origine della ragione organizzativa in base alla quale il suo rapporto di lavoro viene sospeso e della possibilità di fruire della rotazione. In tali termini, le generiche allegazioni in ricorso sulla sporadica ripresa lavorativa costituiscono una logica conseguenza della genericità delle enunciazioni contenute nella comunicazione di avvio della procedura del 15.6.2011.


Tale comunicazione, difatti, non può ritenersi idonea, per le ragioni sopra esposte, al soddisfacimento delle esigenze di trasparenza e verificabilità della scelta dei lavoratori da ruotare; né il vizio può ritenersi sanato dall'accordo intervenuto in sede sindacale.


A tale proposito la Suprema Corte nella sentenza sopra cit. ha ribadito che: 'il vizio della comunicazione di avvio della procedura non può essere sanato con un successivo accordo seppur intervenuto prima della concreta sospensione dei lavoratori...' (v. Cass. 6761/2020 cit.). Ne consegue che una comunicazione di apertura della procedura di CIGS assolutamente generica, come quella effettuata in data 15.6.2011 dalla Plastic Components and Modules Automotive S.p.A 'viola l'obbligo di comunicazione previsto dall'art. 1, settimo comma l.23 luglio 1991, n. 223' e nessuna efficacia sanante può essere riconosciuta, per le ragioni sopra evidenziate, all'accordo sindacale posteriore all'avvio della CIGS. Difatti, pur non potendosi pretendere dal datore di lavoro una rigorosa predeterminazione delle modalità di rotazione con riferimento alla posizione di ciascun dipendente, soprattutto a fronte di una rotazione eventuale e futura, all'azienda era dovuto uno 'sforzo organizzativo' diretto a consentire la determinabilità dei criteri della rotazione, mediante il riferimento espresso ad elementi oggettivi esterni, idonei a evitare che la scelta dei lavoratori da richiamare in servizio sia rimessa alla mera volontà datoriale. Ed, invero, l'appartenenza dei lavoratori a distinte aree di attività o reparti (destinati ad essere coinvolti in diversa misura dalle sopravvenute richieste di produzione) era idonea ad integrare quell'elemento oggettivo esterno su cui PCMA avrebbe potuto (fin dall'inizio) fondare un criterio idoneo a garantire la conoscibilità dei criteri di rotazione (come avvenuto, peraltro, nelle successive comunicazioni, come in seguito si dirà).


In conclusione, accertata la violazione, da parte dell'azienda resistente, delle garanzie procedurali di cui all'art. 1, commi 7 e 8 L. 223/91 con riguardo alla comunicazione del 15.06.2011, deve dichiararsi la illegittimità del ricorso alla CIGS da parte di PCMA per il limitato periodo sopra indicato, con conseguente diritto degli istanti alle differenze tra l'ordinaria retribuzione e il trattamento percepito in CIGS, limitatamente al più limitato periodo dal 10.07.2011 al 9.7.2013, (e fatta eccezione per i giorni di rientro documentati, per i quali abbiano ricevuto la retribuzione ordinaria).


Quanto alle conseguenze, l'omessa comunicazione alle organizzazioni sindacali, da parte del datore di lavoro ammesso alla cassa integrazione guadagni straordinaria, delle specifiche modalità della rotazione configura una violazione procedimentale e incide direttamente sulla legittimità del provvedimento di concessione dell'intervento straordinario di integrazione salariale il quale, a sua volta, investe la sospensione disposta dal datore di lavoro, essendo, di tale sospensione, il presupposto logico-giuridico.


Il datore di lavoro sarà, quindi, tenuto a corrispondere la retribuzione con effetto ex tunc, in quanto, non essendosi perfezionata, per vizio procedimentale, la fattispecie di sospensione del rapporto per effetto della CIGS, riprende vigore l'ordinario regime dell'adempimento nelle obbligazioni (v. Cass. 11263/98) derivandone l'assoggettamento del diritto alla prescrizione ordinaria decennale e non alla prescrizione breve quinquennale (cfr. Cass. 15.4.2019, n. 10483 e Cass. 13.12.2010, n. 25139 e, da ultimo, Cass. 10378/2021).


Le spese si compensano nella misura di ½ visto l'esito del giudizio e seguono la soccombenza per il residuo mezzo, liquidate come da dispositivo, tenuto conto del carattere seriale della controversia.


P.Q.M.

Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, così provvede:


- Accoglie in parte la domanda e, per l'effetto, accertata l'illegittimità del provvedimento di sospensione dal lavoro del 15.06.2011 e la collocazione in CIGS del ricorrente dal 10.07.2011 al 09.07.2013 (ad esclusione dei rientri documentati in atti), condanna la resistente al pagamento in favore del ricorrente di una somma pari alla differenza tra la retribuzione piena spettante in tale periodo ed il trattamento di integrazione salariale percepito nel medesimo periodo, da quantificare in separata sede, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al soddisfo;


- compensa le spese nella misura di ½ e condanna parte convenuta al pagamento delle spese di lite residue che si liquidano in complessivi E 900,00 a titolo di onorario, oltre spese generali e oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione.


Napoli, 18 gennaio 2023