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mercoledì 3 maggio 2023

INPS e pluralità di contratti collettivi

sentenza Corte appello Torino sez. lav., 01/02/2023, (ud. 06/11/2022, dep. 01/02/2023), n.661

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 191/2022 del 3 febbraio 2022 il tribunale di Torino ha accertato che la T. s.p.a. è debitrice nei confronti dell'INPS -a titolo di contributi omessi- dell'importo indicato nel verbale unico di accertamento n. (omissis)/DDL del 13.5.2021 con riferimento al CCNL Commercio Confesercenti per la determinazione del minimale contributivo oltre alle conseguenti somme aggiuntive da determinarsi ex art. 116 comma 10 L. 388/20.


Avverso detta sentenza propone appello la T. s.p.a. chiedendone l'integrale riforma.


Resiste l'INPS.


All'udienza del 6 dicembre 2022 la causa è stata discussa oralmente e decisa come da dispositivo.


Con il verbale di accertamento n. (omissis) gli ispettori territoriali del lavoro e gli ispettori INPS hanno contestato alla società Trade la violazione dell'art. 1 comma 1 della legge 389/89 per avere detta società applicato ai dipendenti con mansioni di promoter e merchandiser il CCNL dipendenti esercenti attività di marketing sottoscritto da CISAL ed ANPIT e non invece il CCNL commercio Confesercenti. Gli ispettori hanno ritenuto che il contratto collettivo applicato dalla società quale parametro per la determinazione dei contributi non fosse idoneo ad individuare il minimale contributivo siccome sottoscritto da organizzazioni sindacali che non sono le più rappresentative su base nazionale.


Il tribunale, richiamato l'art. 1 dl 338/89 come interpretato autenticamente dall'art. 2 comma 25 L. 549/95, ha ritenuto che la documentazione versata in atti dimostrasse che nel settore terziario l'organizzazione datoriale comparativamente più rappresentativa fosse la CONFESERCENTI e che le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative fossero CGIL, CISL e UIL; conseguentemente ha affermato che il CCNL da prendere come riferimento per la determinazione del minimale contributivo è proprio quello individuato dagli ispettori verbalizzanti in quanto sottoscritto dalle organizzazioni dotate del requisito della maggior rappresentatività.


Con il primo, articolato, motivo di appello la società T. censura la sentenza lamentando che il tribunale avrebbe omesso di considerare la assoluta specificità ed unicità del CCNL Cisal/Anpit omettendo la doverosa indagine sulla sussistenza o meno nel caso di specie di una effettiva pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, pluralità che a norma dell'art. 2 comma 25 L. 549/95 costituisce il presupposto per la comparazione tra ccnl.


A sostegno dell'allegata inesistenza del requisito della pluralità di contratti collettivi per la medesima categoria l'appellante rileva che:


- Il ccnl confesercenti si applica a tutte le categorie del terziario e solo marginalmente al marketing senza alcun riferimento al marketing operativo mentre il ccnl Cisal/Anpit trova espressa applicazione alla categoria del marketing operativo;


- L'accordo quadro per la contrattazione di secondo livello 7.12.2012 non è un contratto collettivo strettamente inteso, appartiene ad un livello inferiore nelle fonti normative indicate dall'art. 1 dl 338/89 ed in ogni caso non è stato stipulato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative ma esclusivamente da Anasfim che rappresenta solo 60 aziende;


- L'attività di marketing operativo è diversa dal marketing comunemente inteso poiché consiste nell'erogazione di servizi di promozione operativa di prodotti tra i quali il servizio di posizionamento dei prodotti sugli scaffali, la realizzazione e l'allestimento di strutture espositive , la realizzazione di kit promozionali .


La censura è fondata.


Nel replicare al primo motivo di appello l'INPS premette di non avere mai messo in discussione né la genuinità né la legittimità né la corretta applicazione del CCNL CISAL/ANPIT ai dipendenti con mansioni di merchandiser e promoter ma afferma l'irrilevanza della questione ribadendo l'obbligo in capo all'ente previdenziale di ragguagliare la contribuzione dovuta alla retribuzione prevista dalla contrattazione di un settore affine sottoscritta dalle oo.ss. maggiormente rappresentative.


L'INPS si limita ad invocare il rispetto del minimale contributivo senza confrontarsi con la censura svolta dalla Trade e senza contestare in alcun modo la sussistenza degli elementi di fatto allegati dall'appellante a sostegno della diversità del lavoro svolto dagli addetti al marketing operativo e della conseguente inesistenza del presupposto per l'applicabilità dell'art. 1 dl 338/89 come interpretato dall'art. 2 comma 25 l. 549/95 ( esistenza di una pluralità di contratti collettivi per la medesima categoria).


L'art. 2, comma 25, della legge n. 549 del 1995 stabilisce infatti «L'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, si interpreta nel senso che, in caso di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base dei contributi previdenziali e assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria»; il criterio della maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali, previsto dall'art. 2, comma 25, della l. n. 549 del 1995, opera esclusivamente nelle ipotesi in cui vi sia una pluralità di contratti collettivi nazionali intervenuti per la medesima categoria.


In considerazione della condotta processuale dell'INPS possono quindi ritenersi elementi di fatto pacifici ed incontestati tanto la specificità della professionalità dei promoters e dei merchandiser quanto la loro appartenenza ad una categoria diversa rispetto a quella degli addetti al marketing generico. Orbene, il preciso riferimento, per la determinazione dell'importo retributivo ai fini previdenziali, alla retribuzione dovuta ai lavoratori del settore marketing operativo, esclude che l'obbligo contributivo dell'imprenditore debba essere parametrato in base alla retribuzione dovuta in applicazione del contratto collettivo commercio.


L'accertata inesistenza del presupposto della pluralità di contratti collettivi applicabili determina di per sé l'illegittimità della disapplicazione del contratto collettivo cui le parti, nell'esercizio del principio di libertà sindacale di cui all'art. 39 cost., hanno aderito.


L'appello merita quindi accoglimento .


Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo,


P.Q.M.

Visto l'art. 437 c.p.c.,


In accoglimento dell'appello,


Dichiara che la società appellante nulla deve all'INPS in base ai verbali di accertamento per cui è causa;


Condanna l'INPS a rimborsare all'appellante le spese di entrambi i gradi di giudizio, liquidate per il primo in euro 23.230,00 e per l'appello in euro 24.064,00 il tutto oltre rimborso forfettario, Iva e cpa.


Così deciso all'udienza del 6 novembre 2022


DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 1 FEB. 2023.