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lunedì 19 dicembre 2011

Cassazione sentenza n. 17435 del 2007: indennità maneggio denaro


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

MOTIVI DELLA DECISIONE

P.Q.M.

Cass. sentenza n. 17435 del 08-08-2007
(OMISSIS)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con ricorso ex art. 414 cod. proc. civ. dinanzi al Giudice del lavoro di Cosenza L.C. conveniva in giudizio la s.p.a ITALGAS - alle cui dipendenze prestava lavoro con le mansioni di assistente commerciale - chiedendo all'adito Giudice di voler condannare la società convenuta al "ripristino" del pagamento dell'"indennità maneggio denaro" corrispostagli fino al maggio 1996.

Si costituiva in giudizio la s.p.a. ITALGAS che impugnava integralmente la domanda attorea e ne chiedeva il rigetto.

Il Tribunale - giudice del lavoro di Cosenza accoglieva il ricorso, ma - su impugnativa di parte soccombente e ricostituitosi il contraddittorio - la Corte di appello di Catanzaro, in riforma integrale della sentenza di primo grado, rigettava la domanda giudiziale del L. e compensava le spese del doppio grado di giudizio.

Per quello che rileva in questa sede la Corte territoriale ha rimarcato che: a) "dal dato letterale della disposizione contrattuale (art. 37 del c.c.n.l. applicabile al rapporto d'equo) emerge che l'indennità maneggio denaro "risulta assegnata esclusivamente al lavoratore che, per l'esercizio delle mansioni assegnate, maneggi denaro e sia responsabile per gli errori in cui dovesse incorrere nell'esercizio della predetta attività"; b) "nè può incidere in diversa direzione la circostanza che al L. sia stata erogata l'indennità, anche dopo il mutamento di mansioni, atteso che in nessun modo risulta provato che tale erogazione sia avvenuta per un nuovo e mutato accordo contrattuale tra le parti del rapporto, previa deroga in senso più favorevole al lavoratore della pattuizione del c.c.n.l.".

Per la cassazione di tale sentenza L.C. propone ricorso assistito da due motivi. L'intimata s.p.a. ITALGAS, resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE


1 - Con il primo motivo di ricorso il ricorrente - denunciando "Violazione degli artt. 2103 cod. civ., e art. 37 del c.c.n.l." - rileva che "l'indennità maneggio denaro è parte integrante della retribuzione ed in ragione di ciò trova applicazione il principio di irriducibilità prevista dall'art. 2103 cod. civ." ed addebita alla Corte di appello di Catanzaro di "avere dato un'interpretazione ultronea del contratto collettivo, in quanto l'ITALGAS si era impegnata nel verbale di accordo dell'11 febbraio 2000 stipulato con le Segreterie Nazionali FNLE/CGIL, FLERICA/CISL, UILCEM/UIL, a ricercare una risoluzione finalizzata a mantenere l'indennità di maneggio denaro per i lavoratori che la percepivano, ai quali l'azienda vorrebbe decurtare il salario" e, comunque di "non avere considerato altro elemento rilevante (pacifico e correttamente ritenuto dal giudice di prima fase) concernente la circostanza che il L. aveva una procura speciale che lo legittimava a girare gli assegni e firmare bonifici bancari".

Con il secondo motivo il ricorrente - denunciando "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia" - censura la sentenza impugnata per essersi posta in contraddizione con l'orientamento giurisprudenziale asseverante "la natura retributiva dell'indennità maneggio denaro corrisposta in modo continuativa", atteso che, nella specie, "l'indennità de qua era stata corrisposta in cifra fissa e non variabile". 2/a - I cennati motivi di ricorso - esaminabili congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi - non sono meritevoli di accoglimento.

Al riguardo vale rilevare - in linea generale - che, in caso di assegnazione del lavoratore a mansioni equivalenti a quelle precedentemente svolte, il principio di irriducibilità della retribuzione di cui all'art. 2103 cod. civ., non opera per le ed. indennità estrinseche, id est per quelle indennità riconosciute non in funzione delle qualità essenziali delle mansioni svolte e, quindi, della professionalità del lavoratore, bensì in quanto correlate alle particolari modalità della prestazione lavorativa Cass. n. 8704/1997, Cass. n. 5659/1999, Cass. n. 6763/2002, Cass. n. 16106/2003 (a mente della quale "nell'ipotesi di legittimo esercizio, da parte del datore di lavoro, dello "ius variandi", la garanzia della irriducibilità della retribuzione si estende alla sola retribuzione compensativa delle qualità professionali intrinseche essenziali delle mansioni precedenti, ma non a quelle componenti della retribuzione erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa, costituenti cioè caratteristiche estrinseche della stessa, non correlate alla qualità del patrimonio professionale del lavoratore").

La casistica sul punto in applicazione di tale orientamento giurisprudenziale afferisce alle indennità volte a compensare l'esposizione del lavoratore ad un certo rischio (Cass. n. 11021/2000), al maggior disagio connesso allo svolgimento delle prestazioni lavorative in particolare circostanze di modo, di tempo e di luogo (Cass. n. 5721/1999); secondo la giurisprudenza, inoltre, non viene lesa la garanzia retributiva dell'art. 2103 cod. civ. qualora la nuova posizione non implichi più lo svolgimento di lavoro straordinario, fisso o continuativo (Cass. n. 11460/1997), o quando le nuove mansioni determinino, fermo restando l'inquadramento contrattuale ed il livello retributivo tabellare, una riduzione della misura delle provvigioni (Cass. n. 9473/1987) o dell'orario di lavoro (Cass. n. 1175/1996).

Nella specie, l'indennità maneggio denaro è stata esattamente considerata dalla Corte d'appello di Catanzaro nell'ambito delle indennità "estrinseche" e ciò sulla base di una corretta interpretazione del contratto collettivo applicabile al rapporto lavorativo de quo atteso che - come è precisato nella sentenza impugnata - "l'indennità viene erogata dal datore di lavoro per compensare, non tanto l'attività svolta, quanto il rischio alla stessa connesso (e, cioè, il rischio contabile gravante sul dipendente chiamato al maneggio di denaro per conto dell'azienda)". 2/b - In merito, poi, alle doglianze del ricorrente sul punto dell'interpretazione del contratto collettivo come dianzi data dalla Corte territoriale si rileva che l'interpretazione dei contratti collettivi di lavoro è riservata all'esclusiva competenza del giudice del merito, le cui valutazioni soggiacciono, nel giudizio di Cassazione (anteriormente, peraltro, alla nuova formulazione dell'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3), ad un sindacato limitato alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica contrattuale ed al controllo della sussistenza di una motivazione logica e coerente: sia la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica, sia la denuncia del vizio di motivazione esigono una specifica indicazione (ossia la precisazione del modo attraverso il quale si è realizzata la anzidetta violazione e delle ragioni della obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento del giudice di merito) non potendo le censure risolversi, in contrasto con l'interpretazione loro attribuita, nella mera contrapposizione di una interpretazione diversa da quella criticata (Cass. n. 7740/2003, Cass. n. 11053/2000).

Con riferimento, inoltre, alle censure concernenti gli asseriti "vizi di motivazione", vale sintetim rilevare - a conferma dell'infondatezza delle doglianze proposte ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, - che: a) il difetto di motivazione, nel senso d'insufficienza di essa, può riscontrarsi soltanto quando dall'esame del ragionamento svolto dal giudice e quale risulta dalla sentenza stessa emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero l'obiettiva deficienza, nel complesso di essa, del procedimento logico che ha indotto il giudice, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, - come per le censure mosse nella specie dal ricorrente - quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati; b) il vizio di motivazione sussiste unicamente quando le motivazioni del giudice non consentono di ripercorrere l'iter logico da questi seguito o esibiscano al loro interno un insanabile contrasto ovvero quando nel ragionamento sviluppato nella sentenza sia mancato l'esame di punti decisivi della controversia (Cass. n. 3928/2000) - irregolarità queste che la sentenza impugnata di certo non presenta -; c) per poter considerare la motivazione adottata dal giudice di merito adeguata e sufficiente, non è necessario che nella stessa vengano prese in esame (al fine di confutarle o condividerle) tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi - come sicuramente ha fatto, nella specie, il giudice di appello - le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 13342/99).

3 - In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto da L.C. deve essere integralmente respinto e il ricorrente - stante la sua soccombenza - va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di Cassazione che liquida in Euro 11,00, oltre a Euro 2.000,00 per onorario, ed alle "spese generali" ed agli "accessori" di legge.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2007.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2007