Conteggi lavoro

lunedì 19 dicembre 2011

Cassazione sentenza n. 6050 del 2008: ius variandi



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

MOTIVI DELLA DECISIONE

P.Q.M.


Cass. Sentenza n. 6050 del 06.03.2008

(OMISSIS)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 414 c.p.c. l'attuale ricorrente conveniva in giudizio avanti al giudice del lavoro di Bari l'Università degli Studi di Bari ed esponeva:

che aveva iniziato a lavorare per l'Università dall'anno accademico 1991/1992 in qualità di lettore di madre lingua con contratto a termine annuale D.P.R. n. 328 del 1980, ex art. 28 con un monte ore annuo di 550 ore ed una retribuzione commisurata al numero di ore lavorate, successivamente rinnovato fino all'anno accademico 1993/1994;

che a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 55 del 23.2.2989, dichiarativa della incostituzionalità del D.P.R. n. 328 del 1980, art. 28 e delle sentenze della Corte di Giustizia CE del 30.5.1989 e del 2.8.2993, l'Università aveva sospeso l'ultimo contratto a termine, con provvedimento tempestivamente impugnato dall'attuale ricorrente avanti al Pretore di Bari;

che il D.L. 21 aprile 1995, n. 120, convertito dalla L. 21 giugno 1995 n. 236, ha previsto che le Università, a decorrere dal 1 gennaio 1994, possano assumere collaboratori ed esperti di lingua straniera con contratto a tempo indeterminato, con l'obbligo di preferenza per i titolari di contratti di cui all'art. 28 cit. in servizio nell'anno accademico 1993/1994 e con conservazione dei diritti acquisiti;

che aveva partecipato al concorso a 68 posti di esperto linguistico bandito dall'Università con Decreto n. 917 del 14.2.1994 risultando vincitore, con conseguente stipulazione di un contratto di lavoro a tempo indeterminato in data 1.11.1994 con un monte ore di 550 ore;

che a seguito della stipulazione del CCNL per il personale tecnico del Comparto Università del 21.5.1996 il monte ore annuo era stato ridotto a 500 ore con corrispondente riduzione del trattamento economico;

che il giudizio pendente dinanzi al Pretore di Bari era stato definito nel novembre 1998 con atto di conciliazione con il quale l'Università aveva riconosciuto all'istante: a) l'esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dal primo contratto a termine; b) la retribuzione maggiore corrispondente a quella di spettanza del professore non di ruolo di scuola media superiore, con corresponsione delle differenze retributive al 31.10.1994; c) l'effettiva e piena anzianità maturata nell'Ateneo barese; d) l'integrazione contributiva in rapporto alla maggiore retribuzione;

Tutto ciò premesso, parte ricorrente chiedeva la giudice adito: a) di dichiarare il diritto dell'istante al mantenimento dello status di lettore, quale ruolo ad esaurimento ex D.P.R. n. 328 del 1980, con contratto di lavoro a tempo indeterminato; b) di dichiarare il diritto, a decorrere dal 1.11.1994 a percepire una retribuzione proporzionata e sufficiente, tenendo conto dei parametri previsti nella transazione giudiziale del 30.11.1998; c) per l'effetto di condannare l'Università alla corresponsione delle differenze retributive dal 1.11.1994 oltre accessori; d) di dichiarare il diritto dell'istante ad effettuare una prestazione lavorativa annua pari a 550 ore.

L'Università degli Studi di Bari si costituiva e resisteva a tutte le domande.

Il Tribunale di Bari rigettava tutte le domande della ricorrente, con sentenza confermata dalla Corte di Appello di Bari.

La Corte territoriale, in merito alla pretesa dell'appellante di inserimento in un ruolo ad esaurimento di lettore di lingua straniera, osservava che il ruolo dei lettori di lingua straniera previsto dal D.P.R. n. 382 del 1980 era stato sostituito con il ruolo dei collaboratori ed esperti di lingua straniera dalla L. n. 236 del 1995 (di conversione del D.L. n. 120 del 1995); per cui se il mantenimento di un ruolo di lettori di lingua straniera era ipotizzabile come ruolo ad esaurimento, la circostanza era irrilevante nel caso di specie poichè l'appellante, partecipando alla selezione pubblica indetta dall'Università e stipulando il contratto di lavoro individuale a tempo indeterminato come esperto di lingua straniera, aveva accettato il passaggio dallo status di lettore a quello di esperto di madre lingua. Osservava inoltre che la transazione giudiziale del 30.11.1998 si riferiva alla prestazione lavorativa eseguita prima della stipula del contratto regolato dalla nuova disciplina e che il riconoscimento del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ab origine non poteva superare la data di stipulazione del nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato disciplinato dalla L. n. 236 del 1995.

Quanto alle pretese differenze retributive la Corte territoriale osservava: che la transazione del 30.11.1998, laddove riconosceva agli esperti una retribuzione non inferiore a quella del professore non di ruolo di scuola media superiore, non aveva alcuna valenza novativa del rapporto ed era comunque limitata espressamente a tutto il 31.10.1994, valendo per il resto la espressa rinuncia del ricorrente ad ogni diritto e pretesa ulteriore correlata all'attività lavorativa prestata; che non sussisteva alcuna violazione del disposto dell'art. 2103 c.c. in quanto il divieto di diminuzione della retribuzione si pone come uno dei limiti all'esercizio dello ius variandi da parte del datore di lavoro, mentre nella specie si è verificata la sostituzione, in forza di disposizioni legislative, di un nuovo tipo di rapporto di lavoro a quello precedente; che non sussiste neppure la violazione dell'art. 36 Cost. poichè il ricorrente, in mancanza di un contratto collettivo di settore nel periodo precedente il 1994, non ha nè allegato nè provato quale dovesse essere la retribuzione proporzionata e sufficiente da prendere a riferimento, mentre il raffronto tra la retribuzione oraria dell'esperto di lingua straniera prevista dal CCNL del 1996 e quella del lettore di lingua straniera non presentarsi sostanziali differenze tali da configurare una violazione del parametro costituzionale.

Quanto alla riduzione a 500 del monte ore, la Corte territoriale osservava che il contratto individuale di lavoro del novembre 1994 prevedeva il monte di 550 ore soltanto come indicazione del massimo impegno lavorativo richiesto, demandando al consiglio del Corso di laurea l'articolazione dell'orario di lavoro e prevedendo poi una riduzione della retribuzione complessiva in ragione di 1/550^ per ogni ora di attività non svolta. Di conseguenza l'art. 51 del CCNL del 1996, che prevedeva un monte annuo di 500 ore, e la determinazione del Rettore del 22.7.1998 che ha recepito tale limite di ore, non si pongono in insanabile contrasto con la norma del contratto individuale, trattandosi di diversità valutabile alla stregua del disposto dell'art. 2077 c.c., comma 2.

Per la cassazione di tale sentenza parte ricorrente ha proposto ricorso sostenuto da quattro motivi. L'Università degli Studi di Bari resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE



Con il primo motivo si denuncia violazione del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28, della L. n. 236 del 1995, art. 4 e dell'art. 1362 c.c. in relazione all'art. 51 CCNL 21.5.1996 nonchè vizi di motivazione e si deduce quanto segue.

I lettori di madre lingua e gli esperti di madre lingua costituiscono figure professionali distinte con diversa regolamentazione legale e pattizia. Una volta ritenuto a tempo indeterminato ab origine il rapporto di lavoro di lettore di madre lingua regolato dal D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28 la sentenza impugnata è incorsa in vizio logico di motivazione laddove ha ritenuto che a decorrere dal 1.11.1994, a seguito della stipulazione del contratto di lavoro di esperto di lingua straniera, parte ricorrente sia stata correttamente inquadrata secondo la diversa normativa introdotta dalla L. n. 236 del 1995 entrata in vigore dopo la stipula del predetto contratto. La sentenza impugnata, inoltre, è incorsa nella violazione della L. n. 236 del 1995, art. 4 e dell'art. 51 del CCNL 21.5.1996 in quanto la disciplina introdotta da tali testi normativi deve ritenersi operante soltanto per il futuro e non applicabile ai rapporti di lavoro dei lettori di madre lingua sorti sulla base della previgente normativa.

Con il secondo motivo si denuncia violazione dell'art. 36 Cost., art. 2103 c.c. - in relazione all'art. 39 Trattato CE ed agli artt. 1 e 7 del Regolamento CE n. 1612/68 - art. 1965 c.c., L. n. 236 del 1995, art. 4 e art. 1362 c.c. in relazione all'art. 51 CCNL 21.5.1996, nonchè vizi di motivazione.

Con una prima censura si deduce che la sentenza impugnata è incorsa in vizio logico di motivazione laddove ha negato che la transazione giudiziale intervenuta nel 1998 abbia contenuto novativo della regolamentazione del rapporto intercorrente tra le parti con riconoscimento dell'anzianità di servizio a partire dal primo contratto annuale e della maggiore retribuzione spettante al lavoratore; si sostiene che la sentenza è viziata da omessa motivazione per aver trascurato elementi (quali il riconoscimento dell'anzianità maturata) idonei a provare il carattere novativo della transazione; si lamenta violazione dell'art. 1965 c.c. per avere la sentenza affermato che la natura novativa del negozio necessita di una espressa manifestazione di volontà dei contraenti e postula una proiezione verso il futuro.

Con una seconda censura si sostiene che il giudice di appello è incorso nella violazione dell'art. 36 Cost. affermando che la verificabilità della giusta retribuzione era ammissibile solo per il periodo dal 1.11.1994 al 21.5.1996, data di stipulazione del primo contratto collettivo di settore; si rileva per contro che la verifica giudiziale della adeguatezza della retribuzione è ammissibile anche se corrispondente ai minimi della contrattazione collettiva nazionale.

Si sostiene, ancora, che il giudice del gravame ha violato il disposto dell'art. 2103 c.c. ritenendo ammissibile una riduzione nel 1994 della retribuzione percepita in precedenza, pur riconoscendo l'unitarietà e la continuatività del rapporto di lavoro.

Con il terzo motivo si denunzia violazione del D.L. 14 gennaio 2004, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo 2004, n. 63, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia CR 26 giugno 2001, e violazione dell'art. 2103 cod. civ. e art. 36 Cost..

Parte ricorrente si duole che la Corte di Appello non abbia tenuto presente che la L. n. 63 del 2004 è stata emanata per dare attuazione alla sentenza della CGCE del 26.6.2001 e, di conseguenza, che le sue disposizioni in ordine al trattamento economico previsto per i lettori (corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito dalla data di prima assunzione, salvi i trattamenti più favorevoli) riguardano tutti gli appartenenti alla categoria, ancorchè non dipendenti da una delle sei Università degli Studi contemplate nella legge. Lamenta che i giudici del gravame non abbiano applicato d'ufficio tale legge alla fattispecie, negando il diritto alla maggiore retribuzione di ricercatore confermato a tempo definito anche per il periodo successivo ali novembre 1994, nonchè alla ricostruzione della carriera.

Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 13 72 e segg. c.c. e dell'art. 1362 c.c. in relazione all'art. 51 CCNL 21.5.1996 e si addebita alla Corte di Appello di non aver rilevato la illegittimità della determinazione assunta dal Rettore in data 22.7.1998 con la quale è stata autoritativamente disposta la riduzione a 500 ore dell'attività lavorativa, benchè il contratto individuale di lavoro del 1.11.1994 prevedesse un impegno globale di 550 ore per anno accademico e benchè l'art. 51 del CCNL prevedesse la possibilità di fissare un monte ore superiore alle 500 ore per anno accademico.

Il primo motivo di ricorso non è fondato.

La Corte territoriale ha correttamente rilevato che l'appellante aveva stipulato, alla stregua della L. n. 236 del 1995 - che oltre a convertire il D.L. n. 120 del 1995 ha fatto salvi gli effetti prodotti ed i rapporti sorti sulla base dei Decreti Legge non convertiti, a partire dal D.L. 21 dicembre 1993, n. 530 - un contratto di lavoro con l'Università, avente decorrenza dal 1 novembre 1994, come esperto linguistico.

Questa Corte ha già chiarito che i vecchi contratti di lettorato restano in vigore solo fino a quando le Università non si determinino a stipulare i nuovi contratti previsti dal D.L. n. 120 del 1995 (cfr. Cass. n. 14433/2000, n. 5909/2005, n. 4147/2007). Ne consegue che il rapporto di lettorato è venuto a cessare al momento della stipulazione del contratto di collaborazione linguistica e che al vecchio rapporto si è venuto a sostituire un nuovo rapporto di lavoro.

I giudici di appello hanno altresì chiarito che la definizione di "lettore" contenuta nella transazione del 1998 si spiega con il fatto che detta transazione si riferiva essenzialmente al periodo litigioso precedente alla stipula del contratto di esperto linguistico regolato dalla L. n. 236 del 1995 ed hanno osservato che tale qualificazione non è comunque vincolante per il giudice.

La sentenza impugnata, che si è attenuta ai principi già formulati dal giudice di legittimità, risulta sul punto congruamente e logicamente motivata, mentre le censure di parte ricorrente si risolvono in un inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio del giudice di merito.

Il secondo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.

Parte ricorrente critica l'interpretazione che i giudici di merito hanno dato della transazione del 1998, in particolare laddove hanno osservato che, essendo stato stabilito a posteriori il livello retributivo relativo al periodo fino al 31.10.1994, non sussisteva alcuna violazione del principio di irriducibilità della retribuzione. Ripropone quindi la propria interpretazione dell'atto, che si comporrebbe di una parte transattiva (quella relativa al pagamento delle differenze retributive fino al 31.10.1994) e di una parte novativa (quella relativa alla regolamentazione del rapporto tra le parti con riconoscimento dell'anzianità di servizio e determinazione della maggiore retribuzione).

La censura risulta per un verso inammissibile e par altro verso infondata.

La sentenza impugnata ha affermato che il livello stipendiale, non inferiore a quello di professore non di rado di scuola media superiore, era limitato al 31.10.1994, mentre per il periodo successivo operava l'espressa rinunzia della parte ad ogni diritto e pretesa ulteriore, comunque correlati all'attività lavorativa prestata per l'Università. Questa affermazione della Corte non risulta espressamente censurata.

La censura, peraltro, risulta anche infondata nel merito. Il testo della transazione, riportato nella sentenza impugnata, è del seguente tenore:

"L'Università degli Studi di Bari ... riconosce a) la natura a tempo indeterminato dello stesso; b) la retribuzione maggiore corrispondente a quella di spettanza del professore non di ruolo di scuola media superiore a tutto il 31.10.1994 ...". I giudici di appello, stante il chiaro tenore letterale della disposizione, hanno interpretato la norma contrattuale nel senso che le parti hanno inteso limitare al 31.10.1994 il riconoscimento del livello stipendiale di professore non di ruolo di scuola media superiore, mentre per il periodo successivo il diritto alla maggiore retribuzione era precluso dalla espressa rinunzia ad ogni diritto comunque correlato all'attività lavorativa prestata per l'Università.

Non si rinvengono nella sentenza impugnata violazioni delle norme di ermeneutica contrattuale (il motivo di ricorso non precisa in cosa consista la denunciata violazione dell'art. 1362 cod. civ.), nè contraddittorietà della motivazione. La censura si concreta nel sollecitare una interpretazione della norma contrattuale, diversa da quella fatta propria dai giudici di merito, non consentita al giudice di legittimità.

Non ha fondamento neppure la denunciata violazione del principio di irriducibilità della retribuzione ricavabile dall'art. 2103 cod. civ. posto che, come si è visto, il rapporto di collaboratore linguistico ha sostituito (ed è quindi diverso da) quello precedente di lettore di lingua straniera, sicchè i due livelli di retribuzione restano su piani separati e non sono tra loro rapportabili.

Il terzo motivo di ricorso è fondato nei limiti delle seguenti considerazioni.

La Corte di Giustizia CE, con sentenza di 26 giugno 2001 (causa 212/99), aveva rilevato che nelle Università di Basilicata, Milano, Palermo, Pisa, Roma (La Sapienza) e Orientale di Napoli non era stata riconosciuta ai collaboratori linguistici l'anzianità di servizio (garantita invece alla generalità dei lavoratori nazionali) che avevano acquisito come lettori di lingua straniera prima dell'entrata in vigore della L. n. 236 del 1995 e di conseguenza aveva dichiarato che la Repubblica Italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 48 (ora art. 39) del Trattato CE. Per ottemperare a quanto disposto dalla Corte di Giustizia, con D.L. 4 gennaio 2004, n. 2, convertito dalla L. 5 marzo 2004, n. 63, è stato disposto che nelle citate Università ai collaboratori linguistici, ex lettori di lingua straniera, "è attribuito, proporzionalmente all'impegno orario assolto, tenendo conto che l'impegno pieno corrisponde a 500 ore, un trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data della prima assunzione ...".

In tal modo il legislatore italiano ha differenziato il trattamento economico dei collaboratori linguistici ex lettori di lingua straniera, operanti presso le sei Università sopra citate, dal trattamento economico dei collaboratori linguistici assunti presso le stesse Università dopo l'abrogazione del D.P.R. n. 382 del 1980, art. 28.

La stessa Corte di Giustizia CE, successivamente investita con ricorso dalla Commissione CE, con sentenza del 18 luglio 2006 (causa C-119/04), da un lato ha ritenuto inadeguati i provvedimenti presi in precedenza dalle sei Università, entro il termine loro fissato, per eseguire la precedente sentenza; dall'altro lato, preso atto della emanazione del D.L. n. 2 del 2004 convertito in L. n. 63 del 2004, ha affermato che il quadro normativo risultante dopo tale decreto fosse corretto per mettere ciascuna delle Università interessate in grado di procedere alla ricostruzione precisa della carriera degli ex lettori.

Questa Corte di Cassazione, con sentenza n. 21856/2004, rilevato che il D.L. n. 2 del 2004 espressamente menziona la sentenza della CGCE del 26.6.2001, ha affermato che la limitazione alle sei Università indicate nel testo legislativo non può interferire sul valore di ulteriore fonte del diritto comunitario che deve essere riconosciuto alle sentenze della Corte di Giustizia CE. Di conseguenza il "trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data di prima assunzione, fatti salvi eventuali trattamenti più favorevoli" - che il D.L. n. 2 del 2004, art. 1 intende garantire ai collaboratori linguistici ex lettori, in esecuzione della citata sentenza della CGCE - riguarda tutti gli appartenenti alla stessa categoria, ancorchè non dipendano da una delle Università contemplate nella legge.

In questo modo la sentenza n. 21856/2004 ha inteso affermare che la sentenza CGCE 26.6.2001 costituisce fonte di diritto comunitario e che la stessa, completata o integrata nel suo contenuto, ancorchè limitatamente a sei Università, dal Legislatore nazionale con il D.L. n. 2 del 2004 citato, art. 1 trova applicazione, anche nel giudizio di cassazione ed anche d'ufficio, anche agli ex lettori addetti ad Università diverse dalle sei menzionate nel Decreto Legge.

Il Collegio intende seguire l'orientamento tracciato dalla sentenza n. 21856/2004 di questa Corte e ribadito con le successive decisioni n. 5909/2005 e n. 4147/2007. Tale orientamento si fonda sulla ed. efficacia erga omnes delle sentenze della Corte di Giustizia CE - ripetutamele affermata dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 168/1991, n. 389/1989 e n. 113/1985 - e, nella fattispecie, sulla efficacia della sentenza CGCE 26.6.2001 (causa 212/99).

Alla stregua delle precedenti considerazioni il terzo motivo di ricorso è quindi meritevole di accoglimento.

Il quarto motivo di ricorso è invece inammissibile.

I giudici di appello hanno, tra l'altro, osservato che il primo giudice aveva operato una distinzione fra esperti di lingua straniera ex lettori (già assunti prima della stipulazione del CCNL) e nuovi assunti dopo la stipulazione del CCNL ed aveva affermato che la disposizione dell'art. 51, comma 4, del contratto (che ha determinato in 500 ore il monte ore ordinario contemplando la possibilità che le "assunzioni" avvengano per un monte ore annuo anche superiore alle 500) non era applicabile ai primi. I giudici di appello hanno rilevato che tale affermazione non era stata specificamente censurata, con conseguente giudicato sul punto.

La difesa della parte ricorrente afferma, al riguardo, che la sentenza impugnata non ha tenuto conto della "complessiva contestazione" del ragionamento del primo giudice contenuta nell'atto di appello, ma omette di riprodurre in ricorso il passo dell'atto di appello che conterrebbe una specifica censura all'affermazione del Tribunale, in tal modo ignorando il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.

La censura peraltro è anche infondata nel merito in quanto la difesa di parte ricorrente non supera le considerazioni dei giudici di secondo grado circa l'applicazione dell'art. 2077 cod. civ., comma 2 in base al quale le clausola difformi dei contratti individuali, preesistenti o successive al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo. La distinzione, operata dal primo giudice e condivisa dalla Corte di Appello, fra il primo ed il secondo periodo dell'art. 51, comma 5 in esame, con una regola dettata per gli ex lettori ed una seconda valevole per i nuovi assunti, non viola alcuna delle norme di ermeneutica contrattuale nè risulta affetta da vizi di motivazione.

Del resto lo stesso Legislatore, nel D.L. n. 2 del 2004, statuisce che l'impegno pieno degli ex lettori, poi collaboratori linguistici, corrisponde a 500 ore. E la stessa Corte di Giustizia, nella sentenza 18.7.2006, afferma che il criterio delle 500 ore, contenuto del D.L. n. 2 del 2004, risulta essere un criterio oggettivo, che permette di far fronte alle difficoltà inerenti ad una valutazione caso per caso della carriera di tutti gli ex lettori.

Per tutto quanto esposto il terzo motivo di ricorso va accolto, mentre vanno rigettati gli altri. La sentenza impugnata va cassata nei limiti della censura accolta e la causa va rinviata ad altro giudice, designato in dispositivo, che, per il periodo successivo a quello regolato dalla transazione intervenuta tra le parti, applicherà il seguente principio di diritto: "In forza della sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee in data 26 giugno 2001, nella causa C-212/99, e del D.L. 14 gennaio 2004, n. 2 come convertito dalla L. 5 marzo 2004, n. 63 ai collaboratori linguistici ex lettori di madre lingua straniera già destinatari di contratti stipulati ai sensi del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 28 abrogato dal D.L. 21 aprile 1995, n. 120, art. 4, comma 5, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 1995, n. 236, art. 4, comma 5, ancorchè non dipendenti da una delle sei Università menzionate nel citato D.L. n. 2 del 2004, compete, proporzionalmente all'impegno orario assolto e tenuto conto che l'impegno pieno annuale corrisponde a 500 ore, il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data di prima assunzione".

Al giudice di rinvio si rimette anche il regolamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.


La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta gli altri;

cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Lecce.

Così deciso in Roma, il 18 dicembre 2007.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2008