Svolgimento del processo
Con ricorso alla Corte d'Appello di Firenze, P. I. S.p.A. impugnava la sentenza del Tribunale della stessa città che, in accoglimento della domanda proposta da G.C., aveva dichiarato la nullità della clausola di apposizione del termine al contratto di lavoro stipulato tra le parti l'8 ottobre 1998 e, di conseguenza, la vigenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con condanna della società a corrispondere la retribuzione a decorrere dal 19 marzo 2001, data di offerta della prestazione lavorativa.
La lavoratrice appellata resisteva alla impugnazione, chiedendone il rigetto.
Con sentenza dell'8-21 luglio 2003, l'adita Corte di Firenze rigettava il gravame.
Premesso che il contratto de quo era stato stipulato, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 e dell'art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione dell'accordo integrativo del 25 settembre 1997, che prevede quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine la presenza di esigenze eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell'attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane, attribuiva rilievo decisivo al fatto che, avendo le parti raggiunto un'intesa originariamente priva di termine, avevano stipulato accordi attuativi che avevano fissato un limite temporale alla possibilità di procedere con assunzioni a termine individuato prima nel 31 gennaio 1998 e successivamente nel 30 aprile 1998, prorogato poi di altri trenta giorni. Il contratto a termine in esame era stato stipulato in epoca successiva all'ultimo dei termini sopra indicati e pertanto era privi del supporto derogatorio.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la s.p.a. P. I. basato su due motivi ulteriormente illustrato da memoria depositata ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., con successiva integrazione. Resiste la R. con controricorso.
Motivi della decisione
Con il proposto ricorso, articolato in due motivi, società Poste Italiane denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ., nonchè vizi di motivazione.
Deduce in particolare l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l'accordo del 25 settembre 1997 fosse condizionato alla stipula di accordi autorizzativi. In effetti, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, il suddetto accordo collegava la possibilità di assunzioni a termine esclusivamente al perdurare della fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in atto, a sua volta correlata alla trasformazione dell'Ente Poste in società per azioni. Un limite di validità temporale non era stato mai pattuito dalle parti. Era pertanto erronea l'interpretazione accolta concernente gli accordi attuativi.
Infine la Corte di merito aveva erroneamente ritenuto irrilevante, ai fini del decidere, il successivo comportamento delle parti ed in particolare l'accordo del 18 gennaio 2001.
Il ricorso deve essere rigettato, anche alla stregua di quanto già deciso da questa Corte in analoghe occasioni.
Secondo gli accertamenti compiuti nel giudizio di merito, nonchè sulla base dei concordi riferimenti contenuti nelle difese delle parti, la assunzione a termine era stata effettuata in base all'accordo integrativo 25/09/1997, che autorizzava la stipulazione di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in relazione alla trasformazione giuridica dell'ente, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell'attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.
Nella stessa data, veniva stipulato un Accordo attuativo per assunzioni con contratto a termine, secondo il quale le parti si danno atto che, fino al 31/01/1998, l'impresa si trova nella situazione di cui al punto che precede (clausola "madre", di cui sopra) dovendo affrontare il processo di trasformazione della sua natura giuridica con conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di trattativa.
Successivamente, l'accordo attuativo per assunzioni con contratto a termine, siglato il 16/01/1998, ha riportato la stessa dicitura del primo accordo attuativo, stabilendo che in conseguenza di ciò e per far fronte alle predette esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con contratto a tempo determinato fino al 30/04/1998.
In data 27/04/1998 viene stipulato un Accordo modificativo dell'art. 14, C.C.N.L., comma 4 (si tratta del C.C.N.L. 26/11/1994), con il quale, oltre che estendere anche al mese di maggio le assunzioni per il periodo di ferie, le parti prendono atto, inoltre, che l'azienda dopo l'avvenuta trasformazione in S.p.A., si trova a dover fronteggiare esigenze imprevedibili e contingenti scaturite dai nuovi processi di ristrutturazione e riorganizzazione. Per fronteggiare tali esigenze, si conviene che l'Azienda disporrà la proroga di 30 giorni dei rapporti di lavoro a termine in scadenza al 30/04/1998, così come previsto dalla normativa vigente in materia.
La sentenza impugnata ha ritenuto che, sebbene non contenuto nella pattuizione originaria, il termine di scadenza dell'efficacia dell'autorizzazione alla stipulazione di contratti a termine venne fissato con gli indicati accordi sindacali "attuativi", in connessione con la durata delle esigenze aziendali prese in considerazione. Su questo punto, le censure della ricorrente, tutte riconducibili alla tesi del carattere meramente "ricognitivo" degli accordi attuativi, quanto alla permanenza delle esigenze di ristrutturazione fino alle date via via precisate, si risolvono nel contrapporre un determinato accertamento di fatto (l'intenzione dei contraenti) a quello compiuto dal Giudice del merito, senza riuscire nel tentativo di dimostrare violazioni delle norme sull'interpretazione dei contratti (artt. 1362 cod. civ. e segg.), ovvero la sussistenza di vizi della motivazione.
La sentenza impugnata, nel rispetto della formulazione letterale e con motivazione logicamente plausibile, ha affermato che l'accordo attuativo 27/09/1997, siccome stipulato coevamente alla "clausola madre", esprimeva anche l'intento di intervenire negozialmente sulla durata dell'autorizzazione. E, dunque, la diversa formulazione dell'accordo 16/01/1998, giustifica l'interpretazione secondo cui l'espressione "si potrà procedere" alle assunzioni a termine "fino al 30 aprile 1998" - e poi sino a trenta giorni successivi - assumeva il significato univoco di autorizzazione limitata alla data anzidetta.
Nella motivazione che sostiene questo accertamento, assume perciò, del tutto correttamente, rilievo assorbente il significato univoco delle espressioni adoperate ("si può procedere ad assunzioni fino al..."); tali da rivelare l'intento di incidere direttamente sull'autorizzazione alla stipula dei contratti a tempo determinato, e non certo il significato di mera programmazione di incontri al fine di verificare la permanenza delle situazioni eccezionali considerate nella c.d. "clausola madre".
Sono pacifici gli eventi successivi: il verbale della riunione 24/05/1999 avente ad oggetto assunzione a tempo determinato, periodo giugno-ottobre, sembra presupporre la permanenza delle situazioni eccezionali legittimanti l'assunzione a termine; con la stipulazione del nuovo C.C.N.L. (11/01/2001) viene ripetuta, nell'art. 25 la "clausola madre" originariamente prevista dall'accordo collettivo 25/09/1997, confermando altresì il modello di gestione concordata disegnato dagli accordi attuativi (Prima di dare corso alle conseguenti assunzioni, la materia formerà oggetto di confronto...);
nel verbale di riunione 18/01/2001, le Poste dichiarano che, nel periodo 01/07/1997-11/01/2001, hanno proceduto ad assunzioni a termine ai sensi dell'accordo 25/09/1997, permanendo le esigenze precisate nel detto accordo, e le OO.SS., nel prenderne atto, convengono che i processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale tutt'ora in corso saranno fronteggiati per il futuro anche con ricorso a contratti a termine, stipulati secondo le disposizioni del C.C.N.L. 11/01/2001.
In relazione a questi eventi, non sussiste la denunziata violazione dell'art. 1363 c.c., siccome la Corte di Firenze li ha valutati quali comportamenti successivi delle parti. Ha ritenuto, però, che non fossero idonei ad incidere sulla lettura degli accordi precedenti, nel significato precettivo ricostruito sulla base del complesso di ragioni sopra richiamato, presentando, al contrario, contenuti innovativi.
Anche questa valutazione si sottrae alle censure della ricorrente.
Non è certamente illogico il convincimento del Giudice di merito, secondo cui nessuna contraddizione poteva ravvisarsi tra il permanere delle situazioni eccezionali, tenute presenti ai fini dell'autorizzazione ad assumere a termine, e la pattuita scadenza dell'autorizzazione medesima, specie alla luce del sistema di gestione concordata delle assunzioni recato dagli accordi attuativi.
Pertanto, anche ammesso che le parti abbiano espresso l'intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell'accordo 25 settembre 1997 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la Corte di Firenze ha deciso in modo conforme alla regola iuris dell'indisponibilità dei diritti dei lavoratori già perfezionatisi, escludendo che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell'interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12 marzo 2004, n. 5141).
In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, essendo stato, il contratto a termine in parola, stipulato in data 8 ottobre 1998, il ricorso proposto dalla S.p.A. Poste Italiane deve essere rigettato. Ricorrono giusti motivi per dichiarare compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2006.
Depositato in Cancelleria il 23 agosto 2006