Conteggi lavoro

martedì 7 febbraio 2012

CASSAZIONE MASSIMA SENTENZA N. 6572 DEL 14/03/2006 Lavoro subordinato – demansionamento e dequalificazione del lavoratore – danno biologico e danno esistenziale – onere probatorio

Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della Suprema Corte compongono il contrasto sussistente nella giurisprudenza della sezione lavoro della Corte in tema di risarcimento del danno da demansionamento e dequalificazione del lavoratore. Pur convergendo, gli opposti orientamenti della sezione lavoro, nel ritenere la potenzialità nociva del comportamento datoriale incidente su una pluralità di aspetti e concordando sulla risarcibilità anche del danno non patrimoniale, le decisioni divergevano in ordine al regime della prova del danno (conseguente, in re ipsa, al demansionamento, per un indirizzo, subordinata all’assolvimento, da parte del lavoratore, dell’onere di provare l’esistenza del pregiudizio, per l’altro).Le Sezioni Unite valorizzano questo secondo indirizzo statuendo che il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, che asseritamente ne deriva, non ricorrendo automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale, non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, della natura e delle caratteristiche del pregiudizio medesimo; mentre il risarcimento del danno biologico è subordinato all’esistenza di una lesione dell’integrità psico – fisica medicalmente accertabile, il danno esistenziale – da intendere come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul “fare a–reddittuale” del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno – va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall’ordinamento. Per la Corte assume, peraltro, precipuo rilievo la prova per presunzioni, per cui dalla complessiva valutazione di precisi elementi dedotti (caratteristiche, durata, gravità, conoscibilità all’interno ed all’esterno del luogo di lavoro dell’operata dequalificazione, frustrazione di precisate e ragionevoli aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti l’avvenuta lesione dell’interesse relazionale, effetti negativi dispiegati nelle abitudini di vita del soggetto), attraverso un prudente apprezzamento, si può coerentemente risalire al fatto ignoto, l’esistenza del danno, facendo ricorso alle nozioni generali derivanti dall’esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.