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lunedì 23 aprile 2012

Indennità di cassa e ammanco denaro - Tribunale di Torino sent. del 28.04.2009

Svolgimento del processo

L. C., assunto alle dipendenze della L. I. srl quale apprendista commesso inizialmente inquadrato nel 5° livello CCNL commercio, contesta la multa di tre ore e le trattenute per ammanco operate dalla società per l'ammontare complessivo netto di euro 3.262,26 in relazione alla mancanza del safebag contenente euro 4.845,00 rilevata dalla M. il 27.11.2007. Lamenta la violazione degli obblighi formativi imposti alla parte datoriale nel contratto di apprendistato e chiede l'accertamento della illegittimità delle trattenute, l'annullamento della multa e la condanna della convenuta al pagamento di euro 51,83, somma relativa ad un giorno lavorativo non computato nella busta paga di febbraio 2008.

Resiste la convenuta deducendo la legittimità tanto delle trattenute quanto della sanzione inflitta: afferma infatti che il versamento quotidiano presso le banche degli incassi secondo la circolare " procedure relative al maneggio di denaro" rientrava nelle mansioni del ricorrente tant'è vero che egli percepiva l'indennità di cassa. Deduce altresì di aver regolarmente retribuito il ricorrente per i dieci giorni lavorativi del mese di febbraio 2008 e chiede in via riconvenzionale la condanna del ricorrente al pagamento dell'ulteriore somma di euro 1.582,74 essendo l'ammanco relativo al safebag pari a complessivi euro 4.845,00.

Senza compimento di attività istruttoria all'udienza del 3.4.2009 la causa è stata discussa e decisa con la lettura del dispositivo.

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce l'illegittimità tanto della sanzione inflittagli quanto delle trattenute operate dall'azienda negando l'imputabilità della mancanza del denaro all'interno del safebag.

La convenuta ribadisce la legittimità delle ritenute operate sulle buste paga del ricorrente e propone domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento del residuo sostenendo che il ricorrente è personalmente responsabile dell'ammanco del denaro all'interno del safebag. La responsabilità patrimoniale diretta del lavoratore discenderebbe dalla durata del rapporto di lavoro (il C. è stato assunto nell'aprile 2006 e l'ammanco si è verificato a novembre 2007), dalla formazione professionale specifica impartitagli dall'azienda sulla procedura maneggio denaro ed infine dal riconoscimento in suo favore dell'indennità di cassa.

L'assunto di parte convenuta non può essere condiviso.

Nella circolare sulle procedure di maneggio del contante predisposta dall'azienda si legge infatti che solo il capo filiale o in sua assenza il suo sostituto sono responsabili per il contante del punto vendita e rispondono di eventuali mancanze. La circolare prevede poi una responsabilità in capo all'operatore di cassa per i pagamenti in contanti e tramite POS effettuati in cassa.

La prospettata responsabilità patrimoniale del ricorrente per l'ammanco del safabag non può quindi fondarsi sulla circolare predetta pacifico essendo che egli non era il sostituto del capo filiale essendo un apprendista commesso di V° livello e che non era neppure addetto alla cassa.

Ciò non significa certo che l'apprendista sia esonerato dalla responsabilità per i danni che egli possa eventualmente recare nell'esercizio della prestazione lavorativa. L'azienda avrebbe potuto addebitare una responsabilità patrimoniale diretta al dipendente, pacifico essendo che egli quel giorno partecipò unitamente alla cassiera sig. C. alle operazioni relative al safebag, ma doveva individuare il comportamento negligente del lavoratore addebitandogli l'inosservanza di qualche direttiva ovvero la non corretta esecuzione di qualche step della procedura medesima dimostrando altresì la correlazione causale diretta tra l'inadempimento del lavoratore ed il pregiudizio subito.

E" sufficiente leggere la lettera di contestazione disciplinare del 10.12.2007 nonché la lettera in pari data con la quale viene comunicato l'ammontare del denaro mancante e le conseguenti trattenute per concludere che nella specie l'azienda ha fatto discendere la personale responsabilità del dipendente per l'intera somma risultata mancante nel safebag dalla percezione dell'indennità di cassa e dalla sua partecipazione alle operazioni di conteggio e versamento delle somme incassate.

Com'è noto l'apprendistato è un rapporto di lavoro speciale in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire nella sua impresa all'apprendista l'insegnamento necessario perché questo possa conseguire la capacità tecnica per diventare lavoratore qualificato mentre l'apprendista è tenuto a rendere la prestazione lavorativa che gli viene richiesta in base alle esigenze dell'organizzazione aziendale (cass. 11482/02; 6134/00).

La causa mista del contratto di apprendistato (formazione professionale ed erogazione della prestazione lavorativa) contrasta quindi di per sé con l'attribuzione all'apprendista di una responsabilità di ruolo ricollegata al semplice fatto materiale della funzione espletata. Per definizione infatti l'apprendista - fino al momento in cui continua ad essere inquadrato come tale- non ha ultimato il percorso di professionalizzazione ed è quindi ancora in una fase di apprendimento della prestazione.

L'attribuzione della responsabilità dell'ammanco al ricorrente quale sostituto del capo filiale è quindi illegittima sia in linea teorica perché all'apprendista non può essere imputata alcuna responsabilità di ruolo o funzione incompatibile con la causa mista del contratto di apprendistato sia in concreto perché il ricorrente svolgeva un apprendistato finalizzato all'acquisizione del III° livello contrattuale mentre al capo filiale compete il II° livello e pertanto la responsabilità patrimoniale è in ogni caso estranea al suo livello di inquadramento.

L'imputazione dell'ammanco non può neppure essere giustificata dal pacifico riconoscimento in favore del ricorrente dell'indennità di cassa trattandosi di emolumento destinato ad altri scopi. In particolare l'indennità di cassa comporta l'obbligo di accollarsi le eventuali differenze di cassa ed è volta a tutelare il dipendente addetto con continuità al maneggio di denaro dal rischio di errori di contabilizzazione. E" pacifico che il ricorrente non era addetto con continuità al maneggio del denaro In quanto non svolgeva mansioni di cassiere ed è altresì pacifico, non essendogli stato contestato ed essendogli stato imputato l'intero ammanco, che egli abbia compiuto un qualche errore contabile. La pretesa correlazione tra indennità di cassa e responsabilità patrimoniale diretta è poi smentita dallo stesso comportamento datoriale. L'azienda infatti, nonostante sia pacifico che la cassiera C. partecipò unitamente al ricorrente all'operazione, ha ritenuto il solo ricorrente responsabile dell'intero ammanco.

Deve invece essere respinta la domanda di pagamento della giornata lavorativa del mese di febbraio 2008 posto che l'azienda, pacifico essendo che il rapporto di lavoro è cessato il 12.2.2008, ha correttamente contabilizzato solo 10 giorni lavorativi.

Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Visto l'art. 429 c.p.c.

in parziale accoglimento del ricorso, dichiara l'illegittimità delle trattenute operate dalla convenuta per l'ammontare complessivo di euro 3.262,26 oltre interessi e rivalutazione;

dichiara l'illegittimità della multa intimata il 21.1.2008 e per l'effetto condanna la convenuta a restituire al ricorrente Euro 24,07 oltre rivalutazione ed interessi;

respinge la domanda riconvenzionale;

condanno la convenuta a rimborsare al ricorrente le spese di lite liquidate in Euro 1.336,00 oltre iva e epa;

visto l'art. 53 L. 133/08 fissa il termine di giorni 60 per il deposito della sentenza.

Torino, 3 aprile 2009

Depositata in cancelleria il 20 aprile 2009.