Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 27 settembre 1979, G. P. e B. C. - premesso che, in data 18 luglio 1978, con contratto per notaio Nardacci di Roma, avevano acquistato, da I. S. F. e M.M.A., un appartamento svolgentesi su due piani, facente parte di un complesso di villini a schiera sito in San Vito Romano, costruito dalla s.p.a. Alberghi C. e da questa pervenuta ai venditori con atto per notaio M. di Roma del 28 giugno 1974; che, in data 4 maggio 1979, essi istanti erano venuti a conoscenza del fatto che, a causa di difetto di costruzione, nell'immobile si erano verificate gravissime lesioni (spaccatura dei muri perimetrali e di quelli divisori; spaccatura dei pavimenti, distacco della rampa di accesso dal muro centrale; ripiegamento, con inginocchiamento, del pilastro centrale di sostegno in cemento armato; infiltrazioni d'acqua); che il giorno successivo era stata loro notificato l'ordinanza del Sindaco del Comune di San Vito Romano di sgombro immediato dell'appartamento, dichiarato pericolante; che l'accertamento tecnico preventivo, disposto su loro richiesta dal Presidente del Tribunale di Roma, aveva confermato la gravità delle lesioni e dei danni; che la società Alberghi C., impresa costruttrice e venditrice, era tenuta, come tale, alla garanzia decennale per il caso di rovina (o di pericolo di rovina) dell'immobile ovvero di gravi difetti dello stesso, ricollegabili, l'una e gli altri, a vizio del suolo o a difetto della costruzione - tutto ciò premesso, convenivano la suddetta società davanti al Tribunale di Roma, chiedendone la condanna al risarcimento, in loro favore, dei gravi danni dai medesimi subiti in conseguenza delle lesioni verificatesi nell'appartamento in questione.
La convenuta si costituiva e contestava la fondatezza della domanda, negando chele lesioni lamentate si ricollegassero, come a loro causa fisica, a difetti costruttivi e dessero, quindi, luogo a sua responsabilità.
All'esito della istruzione della causa - nel corso della quale veniva espletata una consulenza tecnica - il Tribunale, con sentenza del 21 settembre 1982, in accoglimento della domanda, condannava la convenuta a pagare, in favore degli attori, a titolo di risarcimento di danni, la somma di L. 43.324.000, con gli interessi di legge dalla domanda.
Avverso tale decisione proponeva appello la società Alberghi C..
Al gravame resistevano il P. e la C., i quali, a loro volta, proponevano appello incidentale relativamente al "quantum" dei danni liquidati.
All'esito dell'espletamento di una nuova consulenza tecnica, disposta con ordinanza collegiale del 3 maggio 1985, la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 28 giugno 1990, accoglieva l'appello principale e, conseguentemente, in riforma della decisione impugnata, rigettava la domanda del P. e della C..
Osservava la Corte del merito che: - a seguito dell'espletamento di idonei accertamenti, il secondo consulente era pervenuto, con motivate argomentazioni, condivise dalla Corte medesima, ad affermare che non esistevano difetti costruttivi ai quali ricondurre, come a loro causa fisica, i danni lamentati dal P. e dalla C. per le lesioni verificatesi nel loro appartamento (circa 9 anni dopo il completamento del fabbricato, mentre le eventuali deficienze strutturali si manifestano, di norma, dopo uno o al massimo due anni dal completamento dell'opera), e che l'evento dannoso era stato determinato da un fattore esterno anomalo, consistito nel cedimento - scorrimento dello strato di terreno sostenente le fondazioni dell'edificio, generato, in assenza di fenomeni sismici, da una intervenuta modifica dell'equilibrio idrogeologico in dipendenza di un aumento della quantità di acqua presente nel sottosuolo, che aveva provocato la frana del particolare terreno della zona, innescando fenomeni di assestamento con rotture di strutture e fognature;
- quanto alla causa della comparsa, nel terreno sottostante al fabbricato, di un anomalo afflusso d'acqua, tale da produrre i guasti di cui sopra, il secondo consulente rilevato essere molto esigua la quantità dell'acqua piovana assorbita dal terreno allo stato naturale e di quella raccolta dalle strade Bellegra ed Empolitana, pavimentate, quasi interamente raccolta dalla rete fognaria, con limitate dispersioni nel terreno - aveva ricondotto il fenomeno predetto alla diminuita utilizzazione nel tempo (a causa della progressiva maggiore erogazione dell'acquedotto del Sambrivio, in relazione alle necessità idriche della popolazione) della sorgente del Campo Sportivo, sita a monte, utilizzata sempre meno e solo perle emergenze estive, con la conseguente dispersione delle acque nel terreno, su una zona pianeggiante, quasi a conca, di circa 2.500 mq.
e con la conseguente formazione, nel sottosuolo, di una notevole falda che, nel tempo, aveva prodotto, nel sottosuolo, quell'"assestamento differenziato" alla base dei danni all'immobile del P. e della C.;
- alla stregua delle motivate e convincenti argomentazioni del secondo C.T.U., tenuto conto della concreta situazione geologica come accertata all'epoca della costruzione (1968/1969), quando l'acqua venne rinvenuta a circa 50 metri di profondità, e della utilizzazione, all'epoca, dell'acqua della sorgente del Campo Sportivo (poi diminuita nel tempo per il maggiore apporto dell'acquedotto del Sambrivio), si doveva escludere una qualsiasi colpa della società costruttrice per non aver previsto, all'epoca, variazioni della situazione idrogeologica del terreno e del sottosuolo, nella zona dell'insediamento, per fattori esterni e successivi, quali quelli poi in concreto verificatisi, e si doveva, conseguentemente, escludere ogni responsabilità della stessa, non sussistendo difetti costruttivi e considerato che la rilevata costruzione della fognatura vicino alle fondazioni del fabbricato e della scala non collegata al fabbricato stesso non presentava rilievo causale o concausale rispetto al fenomeno anomalo esterno costituito dalla presenza di notevole quantità d'acqua proveniente nel tempo dal ridotto emungimento della sorgente del Campo Sportivo.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorrono il P. e la C. sulla base di due motivi.
La s.r.l. Alberghi C. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso, il P. e la C. - denunciando errata applicazione e violazione degli artt. 116 e 191 c.p.c. e del principio del contraddittorio, nonché difetto di motivazione ed errata valutazione di elementi di fatto - censurano la impugnata sentenza, assumendo che erroneamente la Corte del merito aveva esercitato il potere discrezionale di disporre una nuova consulenza tecnica, seguendo poi pedissequamente le conclusioni del nuovo consulente, senza tener conto delle osservazioni e dell'analisi critica svolte dal loro difensore.
La Corte del merito - osservano i ricorrenti - pur avendo manifestato il proposito di non tener conto né delle relazioni tecniche né delle sentenze prodotte dalla società appellante e relative ad altro giudizio, aveva tuttavia avvalorato le conclusioni del nuoco Consulente con argomenti tratti da quella documentazione e da quegli atti, violando così il principio del contraddittorio.
Ed, invero - precisano i ricorrenti - il giudice di appello aveva ingiustificatamente tralasciato ogni argomento o circostanza che fosse in contrasto con il giudizio conclusivo espresso dal proprio consulente, facendo leva su considerazioni ed elementi relativi ad altre cause, sia pure riguardanti lo stesso oggetto; e, così, aveva completamente ignorato alcuni elementi di fatto fondamentali, quali la rottura e la errata collocazione della rete fognaria, l'errato posizionamento di alcuni plinti, la natura ed il tipo di smottamento.
La Corte del merito - proseguono i ricorrenti, concludendo sul punto - non aveva neppure ritenuto di evidenziare o di considerare l'assoluta carenza di validità scientifica o, quantomeno, d consistenza tecnica degli argomenti addotti dal secondo consulente a sostegno della tesi relativa alla pretesa inondazione sotterranea, pedissequamente seguendo e condividendo l'aberrante considerazione del detto consulente che tale circostanza sarebbe stata accertata da altri consulenti, chiamati ad esprimere il loro parere su altri cedimenti avvenuti nella stessa località.
Ritiene il Collegio che il motivo sia infondato sotto ogni profilo.
Per quanto riguarda il primo, va osservato che rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito la valutazione della opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il Consulente tecnico di ufficio ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la nomina di altri consulenti, e l'esercizio di un tale potere (come il mancato esercizio) non è censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 21 marzo 1983, n. 1310; n. 5888 del 9 novembre 1982 e n. 115 dell'11 gennaio 1982).
Quanto, poi, all'addebito mosso alla Corte del merito di aver seguito pedissequamente le conclusioni del C.T.U., senza tener conto delle osservazioni e dei rilievi critici che i ricorrenti assumono essere stati sollevati dalla loro difesa, va preliminarmente rilevato che le osservazioni ed i rilievi critici, di cui viene lamentato il mancato esame, non sono neppure genericamente indicati nel ricorso, in violazione del principio giurisprudenziale, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui, quando sia denunciato, sotto il profilo dell'omesso esame di fatti, circostanze ed, estensivamente, anche di rilievi mossi a risultanze di ordine tecnico ed al procedimento tecnico seguito dal C.T.U., un vizio di motivazione della impugnata sentenza, è necessario che il ricorrente, precisi e specifichi, sia pure in maniera sintetica, le risultanze e gli elementi di causa, di cui si lamenta la mancata o insufficiente valutazione, per consentire alla Corte di legittimità - che, salva la ipotesi dell'"error in procedendo", non può esaminare direttamente gli atti - di esercitare il doveroso controllo ai fini dell'accertamento della loro decisività (cfr. per casi analoghi, Cass. 15 febbraio 1992, n. 1860; Cass. 25 marzo 1987, n. 2898). Né può parlarsi di violazione del principio del contraddittorio in relazione al solo fatto della utilizzazione, da parte della Corte del merito, sul piano probatorio, di documenti ed atti relativi ad altro giudizio, di cui non viene affatto lamentata una irrituale produzione: la suddetta, è una questione attinente semplicemente all'aspetto probatorio del procedimento e, propriamente, alla formazione del convincimento del giudice, ed, in ordine ad essa, va ricordato il principio giurisprudenziale, secondo cui il giudice del merito ben può, in difetto di particolari divieti normativi, utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche prove raccolte in un diverso giudizio, fra le stesse parti o anche fra altre parti, da considerare quali semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio (cfr. 20 dicembre 1990, n. 12091, Cass. 24 aprile 1980, n. 2744), e, tra le risultanze utilizzabili, è ritenuta compresa la consulenza tecnica espletata in un diverso procedimento (v. sent. n. 12091 del 1990).
E, così, delle censure formulate con il primo motivo del ricorso, rimane il rilievo secondo cui la Corte del merito "aveva completamente ignorato alcuni elementi di fatto fondamentali, quali: la rottura e la errata collocazione della rete fognaria; l'errato posizionamento di alcuni plinti; la natura ed il tipo di smottamento".
Ma, neppure questo rilievo ha pregio.
Come emerge dalla narrativa che precede, la Corte del merito ha preso in esame il fenomeno del cedimento - scorrimento (frana) del terreno sostenente le fondazioni del fabbricato "de quo" e solo ha ritenuto, sulla base delle risultanze delle indagini espletate dal Consulente nominato nel giudizio di secondo grado e del parere espresso dallo stesso, che tale fenomeno, con le rotture provocate delle fognature e delle strutture, fosse da ricondurre, come a sua causa fisica, ad una modificazione idrogeologica del terreno sottostante al fabbricato, e, propriamente, ad un anomalo aumento (afflusso) della quantità di acqua nel sottosuolo, in dipendenza della diminuita utilizzazione, da parte del Comune di S. Vito Romano per le esigenze idriche della popolazione soddisfatte in altro modo, della sorgente del Campo Sportivo, sita a monte del fabbricato "de quo", e della conseguente dispersione dell'acqua nel terreno.
Con il secondo ed ultimo motivo, i ricorrenti - denunciando contraddittorietà della motivazione, censurano ulteriormente la impugnata sentenza, sostenendo che la Corte del merito, mentre in un punto della motivazione della sentenza impugnata aveva segnalato che il comportamento della società costruttrice e le opere, così come dalla stessa risultavano eseguite, potevano aver avuto un ruolo di concorso nella causazione dell'evento dannoso "de quo", successivamente, contraddicendosi, non aveva tenuto conto della entità del "concorso" ed aveva attribuito ogni "responsabilità", al defluvio delle acque della sorgente del Campo Sportivo e, quindi, al Comune di S. Vito Romano.
La contraddizione - osservano i ricorrenti - era stridente e determinava un grave scompenso nella linearità e nell'equilibrio che devono essere alla base della formazione del convincimento che sorregge una sentenza.
Ritiene il Collegio che anche questo motivo sia infondato. La denunciata contraddittorietà della motivazione della impugnata sentenza non sussiste.
Invero, il rilievo, secondo cui alcune opere (collocazione della fognatura vicino alle fondazioni del fabbricato; costruzione della scala non collegata al fabbricato) potevano aver concorso ad aggravare l'evento lesivo, non è della Corte del merito, ma del C.T.U. nominato in secondo grado, e la Corte lo riporta nel riferire quanto appunto era stato detto dal Consulente (pag. 9 della sent.), aggiungendo che quest'ultimo aveva, però, precisato che dette opere non costituivano difetti costruttivi; che, in mancanza delle anomale sollecitazioni esercitate dall'"assestamento differenziato" delle fondazioni, innescato dall'anomalo afflusso d'acqua nel sottosuolo della zona dell'insediamento, le strutture progettate ed eseguite dalla società Alberghi C. sarebbero state idonee a sopportare i carichi di esercizio di un fabbricato di civile abitazione e che, pertanto, era stato questo anomalo aumento (afflusso) di acqua nel sottosuolo a provocare il cedimento - scorrimento del terreno sostenente le fondazioni del fabbricato in questione, e cioé la frana del terreno stesso, innescando così assestamenti con rotture di strutture e fognature.
La Corte di merito, invece, dal conto suo, come chiaramente si legge nella impugnata sentenza, dopo aver riportato e dato atto di tutto ciò, passa ad esaminare proprio la tesi (subordinata) degli appellati, odierni ricorrenti, secondo cui il fatto della esecuzione delle opere, a regola d'arte, da parte della società costruttrice, non escludeva comunque ogni responsabilità della stessa, sotto il profilo di un concorso nella causazione dell'evento dannoso, per aver realizzato una fognatura vicino al fabbricato e non collegato la scala allo stesso, e cioé proprio la tesi con riferimento alla quale i ricorrenti con il motivo in esame hanno denunciato una asserita contraddittorietà di motivazione, e la disattende (v. pagina 11 e 12 della sentenza impugnata), osservando, come si è evidenziato nella narrativa che precede, che: tenuto conto della concreta situazione geologica come accertata all'epoca della costruzione (1968/1969), quando l'acqua venne rinvenuta a circa 50 metri di profondità, e della utilizzazione, all'epoca, dell'acqua della sorgente del Campo Sportivo per le esigenze idriche della popolazione del Comune di S. Vito Romano (poi diminuita nel tempo, per il maggiore apporto dell'acquedotto del Sambrivio), si doveva escludere una qualsiasi colpa della società costruttrice per non avere previsto, all'epoca, variazioni della situazione idrogeologica del terreno e del sottosuolo, nella zona dell'insediamento, per fattori esterni e successivi, quali quelli poi in concreto verificatisi, e si doveva, conseguentemente, escludere ogni responsabilità della stessa, non sussistendo difetti costruttivi e non presentando, la costruzione della fognatura vicino al fabbricato e della scala non collegata allo steso, rilievo causale o concausale rispetto al fenomeno anomalo esterno rappresentato dalla comparsa (afflusso) di una notevole quantità di acqua nel sottosuolo in dipendenza della ridotta utilizzazione nel tempo della sorgente del Campo Sportivo, sita a monte della zona dell'insediamento, con conseguente dispersione delle acque nel terreno, e così, sostanzialmente ed implicitamente, ritenendo che:
il fenomeno di cui sopra costituiva la causa sopravvenuta (non prevista e non prevedibile al momento della costruzione del fabbricato in questione), che in concreto era stata da sola idonea e sufficiente a determinare l'evento dannoso lamentato.
Per le considerazioni innanzi esposte, il ricorso va rigettato. Ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti interamente le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente procedimento di cassazione.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 1994.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 DICEMBRE 1994