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martedì 10 settembre 2013

Danno da demansionamento e violazione art. 2103 c.c.

Tribunale di Milano, sez. lavoro, sentenza del 10.06.2013
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato nella cancelleria dell'intestato Tribunale il 9/11/2012. il ricorrente indicato in epigrafe ha convenuto in giudizio la società FA. S.p.A. (nel prosieguo, per brevità Fa.) e - premesso di essere stalo assunto dalla resistente in data 14/2/2002. dapprima inquadrato nel 4 livello C.C.N.L. applicato c. a far tempo dall'1/7/2003 nel 5 livello C.C.N.L. cit., deducendo di aver svolto mansioni riconducibili al 6 livello del C.C.N.L. cit. dall'1/9/2006 ed al 7 livello del medesimo C.C.N.L. da febbraio 2009 a marzo 2010. nonché di essere stato oggetto di una condotta di dequalificazione professionale da marzo 2011, con conseguente danno alla professionalità - ha rassegnato le seguenti conclusioni:

accertare e dichiarare il diritto del ricorrente ad essere inquadrato nel 6 livello del CCNL Telecomunicazioni a far data dall'01/12/2006 e nel 7 livello del predetto CCNL a partire dall'1/05/2009 o dalle diverse date ritenute di giustizia.

In via subordinata, il diritto ad essere inquadrato nel 6 livello del suddetto CCNL anche ne!, periodo successivo all'1/05/2009;

accertare e dichiarare il diritto del sig. De.Bu. a percepire le differenze retributive le conseguenti alle richieste di superiore livello; accertare e dichiarare l'illegittimità della dequalificazione professionale subita dal ricorrente e far tempo dal mese di marzo 2011 ed ancora in corso o dalla diversa data ritenuta di giustizia; accertare e dichiarare che a seguito della de qualificazione di cui è causa, il ricorrente ha subito un danno (professionale, all'immagine e all'integrità psico-fisica) e, per l'effetto;

CONDANNARE

Fa. Spa, in persona del legale rappresentate pro tempore con sede in Milano, Via (...)

- a riconoscere al ricorrente l'inquadramento al 6 livello a far data dall'01/12/2006 ed al 7 livello a partire dall'01/05/2009 o dalle diverse date ritenute di giustizia. In via subordinala, a riconoscere all'esponente l'inquadramento al 6 livello anche nel periodo successivo a maggio 2009;

- a corrispondere al sig. De.Bu. la somma lorda di Euro 26.405,60 a titolo di differenze retributive, e ad accantonare la somma di Euro L. 779,96 a titolo di incidenza delle stesse sul TFR, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo, o quelle maggiori o minori somme che dovessero risultare in corso di causa ovvero ritenute di giustizia all'esito di CTU contabile. In via subordinata, qualora venisse accertato soltanto il superiore 6 livello anche nel periodo successivo all'01/05/2009, a corrispondere al ricorrente l'importo lordo di 16.870,04 a titolo di differenze retributive, e ad accantonare la somma di Euro 1.262.20 a titolo di incidenza delle stesse sul TFR oltre interessi e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze, o quelle maggiori o minori somme che dovessero risultare in corso di causa ovvero ritenute di giustizia, anche all'esito di CTU contabile;

- ad assegnare immediatamente il ricorrente allo svolgimento di mansioni inquadrabili nel 7 livello del CCNL Telecomunicazioni o, in via subordinata, di mansioni inquadrabili nel 6 livello del predetto CCNL;

- al risarcimento del danno di cui al demansionamento oggetto di causa, nella misura ritenuta di equità e comunque in misura non inferiore alla somma di Euro 1.121,02 mensili dal mese di marzo 2011 o dalla diversa data ritenuta di giustizia;

- al versamento dei contributi in favore dell'INPS;

- al pagamento delle spese di lite al procuratore anticipatario avv. Gi.Fu., con IVA, CPA e 12,5 per cento per spese forfettarie.

Sentenza esecutiva per legge.

Si è ritualmente costituita la parte resistente contestando le avverse deduzioni e domande delle quali ha chiesto il rigetto, con vittoria di spese di lite.

Tentala senza esito la conciliazione delle parti; disposto un rinvio della discussione per impedimento della difesa della società resistente; all'udienza del 10/6/2013, ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità dello svolgimento di alcuna attività istruttoria (cfr. ordinanza riservata del 14-15/3/2013), all'esito della discussione dei difensori, che hanno concluso come in alti, la causa è stata decisa come da dispositivo, conforme a quello trascritto in calce alla presente decisione, di cui è stata data lettura, con fissazione - ex art. 429, comma 1, secondo periodo, e.p.c. - del termine di sette giorni per il deposito della sentenza.

Il ricorso è infondato e deve essere integralmente respinto sulla base delle considerazioni che si vanno ad esporre.

Quanto al superiore livello di inquadramento reclamato con il ricorso ex art. 414 c.p.c., si deve premettere che. per consolidata giurisprudenza di legittimità, integralmente condivisa dal giudicante e richiamata nella presente sede anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c., "nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell'inquadramento di un lavoratore subordinato non si può prescindere da tre fasi successive. e cioè, dall'accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dalla individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda" (cfr. Cass. n. 20272 del 27.9.2010; Cass. n. 28284 del 31.12.2009; Cass. n. 26234 del 30.10.2008; Cass. n. 3446 del 20.2.2004; Cass. n. 4508 del 26.3.2003; Cass. n. 11856 del 21.10.1999; Cass. n. 14973 del 20.11.2000; Cass. n. 9614 - del 21.7.2000; Cass. n. 6446 dell'1.7.1998).

Alla luce di quanto sopra, in primis, si deve osservare come alle considerazioni del dirigente responsabile della funzione aziendale di assegnazione del ricorrente (dott. Si.VA.) ed a quelle provenienti dal suo diretto superiore gerarchico (dott.ssa Fr.D.RO.), riversate tra gli atti di causa sub docc. nn. 10-10-fer del fascicolo attorco, non si possa attribuire rilievo dirimente ai fini della decisione, trattandosi di valutazioni soggettive e personali e dal momento che i livelli superiori oggetto di causa debbono comunque trovare riscontro nella riconducibilità dell'attività lavorativa descritta nell'atto introduttivo del giudizio ai contenuti professionali delle declaratorie dei livelli de quibus tenuto anche conto dei profili professionali indicati dalla stessa contrattazione collettiva.

Tanto premesso, il ricorrente ha esposto di aver ricoperto dall'1/9/2006 la posizione di "Responsabile Operativo del Processo del Dunning" svolgendo mansioni "consistenti nel controllo e nella gestione dell'intera procedura operativa della posizione relativa al singolo credito da recuperare sino alla conclusione della stessa mediante la risoluzione contrattuale con il cliente moroso" essendo anche stato invitalo ad importanti riunioni, a cui partecipavano i responsabili d'area e talvolta i dirigenti, nel corso delle quali veniva richiesto il suo parere su problematiche aziendali con specifico riferimento all'attività di recupero credito ed ai relativi rischi, nonché di predisporre le relative relazioni; inoltre, con decorrenza dall'1/9/2008. il ricorrente ha iniziato a svolgere anche le mansioni di Credit Analyst Dunning Specialist", consistenti nell'estrazione giornaliera di una serie di dati afferenti all'attività di recupero credito da effettuarsi utilizzando vari software aziendali, nell'analisi di detti dati e nella conseguente elaborazione di relazione e presentazioni (con l'utilizzo del programma powerpoint), da inviare ai responsabili delle diverse funzioni aziendali.

La parte attrice, poi, ha riferito di aver svolto nel dipartimento di assegnazione (B.U. AFC), nel periodo intercorso tra febbraio 2009 e marzo 2010. anche funzioni direttive, con autonomia e discrezionalità nella scelta dei progetti e delle procedure, tese alla realizzazione di risultati produttivi aziendali molto complessi attraverso la predisposizione di diversi progetti (progetto innovativo di variazione del processo di recupero credito, progetto innovativo di variazione dei criteri di vendita e di consegna hardware e TV. oltre ad altri progetti innovativi per la risoluzione di problematiche nell'ambito di recupero crediti); essendosi anche occupala - sempre in esecuzione di funzioni di carattere direttivo - di elaborare complessi pareri nell'ambito del settore del recupero del credito che poi sottoponeva ai dirigenti.

Le declaratorie contrattuali dei livelli in argomento prevedono quanto segue:

5 LIVELLO

Appartengono a questo livello le lavoratrici / i lavoratori che, in possesso di capacità professionali e gestionali correlate ad elevate conoscenze specialistiche, svolgono funzioni per l'espletamento delle quali è richiesta adeguata autonomia e decisionalità nei limiti dei principi, norme e procedure valevoli nel campo di attività in cui operano. Tali funzioni sono esercitate attraverso il coordinamento e il controllo delle diverse risorse assegnate, ovvero mediante lo svolgimento di compiti specialistici ad elevata tecnicalità.

6 LIVELLO

Appartengono a questo livello le lavoratrici / i lavoratori che, in possesso di elevata e consolidata preparazione e di particolare capacità professionale e gestionale, svolgono funzioni direttive inerenti attività complesse. Tali funzioni sono svolte con facoltà di decisione ed autonomia di iniziativa nei limiti delle sole direttive generali loro impartite e sono esercitate attraverso la guida e il controllo di settori operativi, ovvero attraverso l'esplicazione di funzioni specialistiche che richiedono un contributo professionale autonomo ed innovativo.

7 LIVELLO

Appartengono a questo livello:

- le lavoratrici / i lavoratori che svolgono funzioni direttive inerenti la realizzazione di risultati produttivi complessi che richiedono autonomia e discrezionalità di poteri e di iniziativa nell'ambito del processo di competenza, nonché la responsabilizzazione primaria sui risultati attesi. Tali funzioni sono esercitate attraverso la conduzione e il controllo di rilevanti unità organizzative, ovvero fornendo contributi professionali a carattere progettuale-innovativo di particolare complessità ed alta specializzazione.

Ad avviso del giudicante le mansioni assolte dalla parte ricorrente, così come descritte nell'atto introduttivo del giudizio, non possono essere ricondotte ai superiori livelli di inquadramento reclamati.

Infatti, per il riconoscimento del 6 livello è necessario che la risorsa svolga funzioni direttive inerenti attività complesse, senza che. dalle attività lavorative descritte al cap. n. 4 delle premesse "in fatto" del ricorso ex art. 414 c.p.c. emerga né l'esercizio di funzioni direttive (trattandosi per lo più di attività di tipo esecutivo c. stante la genericità della allegazioni, non potendosi ritenere esercitate tale tipologia di funzioni quanto alle attività di monitoraggio, di gestione delle anomalie del processo di recupero credito e di pianificazione di cui al cap. n. 4 cit.), ne il carattere complesso delle attività inerenti le predette funzioni, carattere espressamente menzionato dalla declaratoria del livello in commento e, quindi, qualificante la professionalità richiesta dalla contrattazione collettiva per il relativo inquadramento della risorsa.

Né a conclusioni diverse è possibile giungere muovendo dalla partecipazione del ricorrente alle riunioni di cui al cap. n. 5 (da cui emerge, semmai, una mera consultazione del ricorrente stesso, tendenzialmente incompatibile con l'esercizio di funzioni direttive) o dalle attività inerenti la posizione di "Credit Analyst Dunning Specialist" anch'esse di tipo esecutivo e di predisposizione di relazioni e presentazioni a supporlo della attività di altro personale Fastweb.

D'altro canto, avendo sempre riguardo alle mansioni descritte al cap. n. 4 cit. del ricorso, esse appaiono riconducibili al concetto di compiti specialistici ad elevata tecnicalità di cui alla declaratoria del 5 livello formalmente attribuito al sig. An.DE.BU. e ciò anche in considerazione del fatto che, come osservato dalla difesa resistente, ira i profili professionali esemplificativi di tale livello, risulta esservi quello dello "specialista senior di attività

amministrative", proprio del "lavoratore che, in relazione alla piena professionalità acquisita ed alla consolidata esperienza maturata in materia amministrativo - contabile, opera con elevato livello di competenza specialistica ed autonomia nell'ambi lo di un settore amministrativo, svolge attività caratterizzate dalla gestione di elementi complessi, richiedenti un'adeguata autonomia nell'analisi delle norme, delle metodologia e delle tecnologie proprie del contesto organizzativo d'appartenenza: assicura la corretta applicazione delle norme afferenti i processi amministrativi; individua, inoltre, le soluzioni atte ad assicurare la qualità del risultato atteso" (cfr. C.C.N.L applicato prodotto per estratto sub doc. n. 17 del fascicolo attoreo e sub doc. n. 4 di quello della società convenuta).

Da escludersi, poi, che - attraverso il generico riferimento a tre complessi progetti innovativi ed a complessi pareri nell'ambito del settore di recupero del credito. relativi all'arco temporale da febbraio 2009 a marzo 2010 - il ricorrente abbia introdotto in giudizio elementi tali da far ritenere fondata la domanda avente ad oggetto sia il 7 livello (facendo al riguardo difetto anche ogni riferimento alla responsabilizzazione primaria sui risultati attesi di cui alla declaratoria contrattuale), che il 6 livello (non potendosi ritenere, neanche con riguardo a dette attività, che si tratti di funzioni direttive inerenti attività complesse, visto che tanto il carattere direttivo delle funzioni quanto la complessità delle attività di cui ai progetti risulta essere in sostanza postulata e non argomentata, se del caso anche con specifici riferimenti alla documentazione prodotta ira gli atti di causa nelle parti di precipuo interesse in ragione dei requisiti professionali richiesti dalle declaratorie dei superiori livelli invocati).

Con riferimento al risarcimento del danno per lesione della professionalità si svolgono le seguenti considerazioni.

La richiesta di condanna della società resistente a risarcire la voce di danno lamentata con l'atto introduttivo del giudizio non può trovare accoglimento per non avere la difesa attorea soddisfatto l'onere, su di essa gravante, di allegazione e prova della voce di danno de qua.

Infatti, in relazione a domande risarcitone conseguenti ad una dedotta dequalificazìone professionale, per quanto di interesse ai fini della presente decisione, come definitivamente ed incisivamente chiarito dalla Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 6572 del 24/3/2006;

"2. Dall'inadempimento datoriale non deriva però automaticamente l'esistenza del danno, ossia questo non è, immancabilmente, ravvisabile a causa della potenzialità lesiva dell'atto illegittimo. L'inadempimento infatti è già sanzionato con l'obbligo di corresponsione della retribuzione, ed è perciò necessario che si produca una lesione aggiuntiva, e per certi versi autonoma. Non può infatti non valere, anche in questo caso, la distinzione tra "inadempimento" e "danno risarcibile" secondo gli ordinari principi civilistici di cui all'art. 1218 e 1223, per i quali i danni attengono alla perdita o al mancato guadagno che siano "conseguenza immediata e diretta" dell'inadempimento, lasciando così chiaramente distinti il momento della violazione degli obblighi di cui agli arti. 2087 e 2103 cod. civ., da quello, solo eventuale, della produzione del pregiudizio (in tal senso chiaramente si è espressa la Corte Costituzionale n. 372 del 1994). D'altra parte - mirando il risarcimento del danno alla reintegrazione del pregiudizio che determini una effettiva diminuzione del patrimonio del danneggiato, attraverso il raffronto tra il suo valore attuale e quello che sarebbe stato ove la obbligazione fosse stata esattamente adempiuta - ove diminuzione non vi sia stata (perdita subita e/o mancato guadagno) il diritto al risarcimento non è configurabile. In altri termini la forma rimediale del risarcimento del danno opera solo in funzione di neutralizzare la perdita sofferta, concretamente, dalla vittima, mentre l'attribuzione ad essa di una somma di denaro in considerazione del mero accertamento della lesione, finirebbe con il configurarsi come somma-castigo, come una sanzione civile punitiva, inflitta sulla base del solo inadempimento, ma questo istituto non ha vigenza nel nostro ordinamento.

3. E' noto poi che dall'inadempimento datoriale, può nascere, astrattamente, una pluralità di conseguenze lesive per il lavoratore: danno professionale, danno all'integrità psico-fisica o danno biologico, danno all'immagine o alla vita di relazione, sintetizzati nella locuzione danno c.d. esistenziale, che possono anche coesistere l'ima con l'altra.

Prima di scendere all'esame particolare, occorre sottolineare che proprio a causa delle molteplici forme che può assumere il danno da dequalificazione si rende indispensabile una specifica allegazione in tal senso da parte del lavoratore (come sottolineato con forza dal secondo degli indirizzi giurisprudenziali sopra ricordati (vale a dire, da quello di cui alle sentenze della Cass. n. 7905 dell'11.8.1998. n. 2561 del 19.3.1999, n. 8904 del 4.6.2003, n. 16792 del 18.11.2003 e n. 10361 del 28.5.2004 - n.d.r. che deve in primo luogo precisare quali di essi ritenga in concreto di aver subito, fornendo tutti gli elementi, le modalità e le peculiarità della situazione in fatto, attraverso i quali possa emergere la prova del danno. Non è quindi sufficiente prospettare l'esistenza della de qualificazione, e chiedere genericamente il risarcimento del danno, non potendo il giudice prescindere dalla natura del pregiudizio lamentalo, e valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche alla esplicazione dei poteri istruttori ufficiosi previsti dall'art. 421 cod. proc. civ. - non può invece mai sopperire all'onere di allegazione che concerne sia l'oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto (tra le tante Cass. sez. un. 3 febbraio 1998 n. 1099).

4. Passando ora all'esame delle singole ipotesi, il danno professionale, che ha contenuto patrimoniale, può verificarsi in diversa guisa, potendo consistere sia nel pregiudizio derivante dall'impoverimento della capacità professionale acquisita dal lavoratore e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità, ovvero nel pregiudizio subito per perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno.

Ma questo pregiudizio non può essere riconosciuto, in concreto, se non in presenza di adeguata allegazione, ad esempio deducendo l'esercizio di una attività (di qualunque tipo) soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all'esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.

Nella stessa logica anche della perdita di chance, ovvero delle ulteriori potenzialità occupazionali o di ulteriori possibilità di guadagno, va data prova in concreto, indicando, nella specifica fattispecie, quali aspettative, che sarebbero state conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano state frustrate dal demansionamento o dalla forzata inattività. In mancanza di detti elementi da allegare necessariamente ad opera dell'interessato, sarebbe difficile individuare un danno alla professionalità, perché - fermo l'inadempimento - l'interesse del lavoratore può ben esaurirsi, senza effetti pregiudizievoli, nella corresponsione del trattamento retributivo quale controprestazione dell'impegno assunto di svolgere l'attività che gli viene richiesta dal datore.

5. Più semplice è il discorso sul danno biologico, giacché questo, che non può prescindere dall'accertamento medico legale, si configura tutte le volte in cui è riscontrabile una lesione dell'integrità psicofisica medicalmente accettabile, secondo la definizione legislativa di cui all'art. 5 terzo comma della legge n. 57 del 2001 sulla responsabilità civile auto, che quasi negli stessi termini era stata anticipata dall'art. 13 del divo n. 38 del 2000 in tema di assicurazione Inail (tale peraltro è la locuzione usata dalla Corte Costituzionale con la semenza n. 233 del 2003).

6. Quanto al danno non patrimoniale all'identità professionale sul luogo di lavoro, all'immagine o alla vita di relazione o comunque alla lesione del diritto fondamentale del lavoratore alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro, tutelato dagli artt. 1 e 2 della Costituzione (ed danno esistenziale) è in relazione a questo caso che si appunta maggiormente il contrasto tra l'orientamento che propugna la configurabilità del danno in re ipsa e quello che ne richiede la prova in concreto.

Invero, stante la forte valenza esistenziale del rapporto di lavoro, per cui allo scambio di prestazioni si aggiunge il diretto coinvolgimento del lavoratore come persona, per danno esistenziale si intende ogni pregiudizio che l'illecito datoriale provoca sul fare areddituale del soggetto, alterando le sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri, sconvolgendo la sua quotidianità e privandolo di occasioni per la espressione e la realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Peraltro il danno esistenziale si fonda sulla natura non meramente emotiva ed ulteriore (propria del c.d. danno morale), ma oggettivamente accettabile del pregiudizio, attraverso la prova di scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso. Anche in relazione a questo tipo di danno il giudice è astretto alla allegazione che ne fa l'interessato sull'oggetto e sul modo di operare dell'asserito pregiudizio, non potendo sopperire alla mancanza di indicazione in lai senso nell'atto di parie, facendo ricorso a formule standardizzate, e sostanzialmente elusive della fattispecie concreta, ravvisando immancabilmente il danno all'immagine, alla libera esplicazione ed alla dignità professionale come automatica conseguenza della dequalificazione. Il danno esistenziale infatti, essendo legato indissolubilmente alla persona, e quindi non essendo passibile di determinazione secondo il sistema tabellare - al quale si fa ricorso per determinare il danno biologico, stante la uniformità dei criteri medico legali applicabili in relazione alla lesione dell'indennità psicofisica - necessita imprescindibilmente di precise indicazioni che solo il soggetto danneggialo può fornire, indicando le circostanze comprovanti l'alterazione delle sue abitudini di vita. Non è dunque sufficiente la prova della dequalificazione. dell'isolamento, della forzata inoperosità, dell'assegnazione a mansioni diverse ed inferiori a quelle proprie, perché questi elementi integrano l'inadempimento del datore, ma dimostrata questa premessa, è poi necessario dare la prova che tutto ciò. concretamente, ha inciso in senso negativo nella sfera del lavoratore, alterandone l'equilibrio e le abitudini di vita. Non può infatti escludersi, come già rilevato, che la lesione degli interessi relazionali, connessi al rapporto di lavoro, resti sostanzialmente priva di effetti, non provochi cioè conseguenze pregiudizievoli nella sfera soggettiva del lavoratore, essendo garantito l'interesse prettamente patrimoniale alla prestazione retributiva: se è così sussiste l'inadempimento, ma non c'è pregiudizio e quindi non c'è nulla da risarcire, secondo ì principi ribaditi dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 378 del 1994 per cui "E' sempre necessaria la prova ulteriore dell'entità del danno, ossia la dimostrazione che la lesione ha prodotto una perdila di tipo analogo a quello indicato dall'art. 1223 cod. civ., costituita dalla diminuzione o privazione di un valore personale (non patrimoniale) alla quale il risarcimento deve essere (equitativamente) commisurato."

7. Ciò considerato in tema di allegazioni e passando ad esaminare la questione della prova da fornire, si osserva che il pregiudizio in concreto subito dal lavoratore potrà ottenere pieno ristoro, in tutti ì suoi profili, anche senza considerarlo scontato aprioristicamente. Mentre il danno biologico non può prescindere dall'accertamento medico legale, quello esistenziale può invece essere verificato mediante la prova testimoniale, documentale o presuntiva, che dimostri nel processo "i concreti" cambiamenti che l'illecito ha apportato, in senso peggiorativo, nella qualità di vita del danneggiato. Ed infatti - se è vero che la stessa categoria del "danno esistenziale" si fonda sulla natura non meramente emotiva, ed interiore, ma oggettivamente accertabile, del pregiudizio esistenziale: non meri dolori e sofferenze, ma scelte di vita diverse da quelle che si sarebbero adottate se non si fosse verificato l'evento dannoso - all'onere probatorio può assolversi attraverso tutti i mezzi che l'ordinamento processuale pone a disposizione: dal deposito di documentazione alla prova testimoniale su tali circostanze di congiunti e colleghi di lavoro. Considerato che il pregiudizio attiene ad un bene immateriale, precipuo rilievo assume rispetto a questo tipo di danno la prova per presunzioni, mezzo peraltro non relegalo dall'ordinamento in grado subordinato nella gerarchia delle prove, cui il giudice può far ricorso anche in via esclusiva (tra le tante Cass. n. 9834 del 6 luglio 2002) per la formazione dei suo convincimento, purché, secondo le regole di cui all'art. 2727 cod. civ. venga offerta una serie concatenata di fatti noti, ossia di tutti gli elementi che puntualmente e nella fattispecie concreta (e non in astratto) descrivano: durata, gravità, conoscibilità all'interno ed all'esterno del luogo di lavoro della operata dequalificazione. frustrazione di (precisate e ragionevoli) aspettative di progressione professionale, eventuali reazioni poste in essere nei confronti del datore comprovanti la avvenuta lesione dell'interesse relazionale, gli effetti negativi dispiegati nella abitudini di vita del soggetto; da tutte queste circostanze, il cui artificioso isolamento si risolverebbe in una lacuna del procedimento logico (tra le tante Cass. n. 13819 del 18 settembre 2003). complessivamente considerate attraverso un prudente apprezzamento, si può coerentemente risalire affatto ignoto, ossia all'esistenza del danno, facendo ricorso, ex art. 115 cod. proc. civ. a quelle nozioni generali derivanti dall'esperienza, delle quali ci si serve nel ragionamento presuntivo e nella valutazione delle prove.

D'altra parte, in mancanza di allegazioni sulla natura e le caratteristiche del danno esistenziale, non è possibile al giudice neppure la liquidazione in forma equitativa, perché questa, per non trasmodare nell'arbitrio, necessita di parametri a cui ancorarsi" (Cass. SS.UU., n. 6572/2006 cit; dì. anche Cass. n. 24718 del 23.11.2011; Cass. n. 19785 del 17.9.2010; Cass. n. 15915 del 7.7.2009; Cass. n. 29832 del 19.12.2008; Cass. n. 7871 del 26.3.2008; Cass. n. 21025 del 10.2007; Cass. n. 22551 del 20.10.2006; Cass. n. 10361 del 28.5.2004: Cass. n. 26666 del 6.12.2005; Cass. n. 16792 dell'1.1.2003; Cass. n. 16868 del 12.11.2002; Cass. n. 13580 del 2.11.2001; Cass. n. 2561 del 19.3.1999; Cass. n. 7905 dell'11.8.1998).

Quindi, il soggetto che assume essere stato danneggiato da una condotta di dequalificazione professionale, svolgendo conseguente domanda di risarcimento del danno subito, deve fornire la prova sia dell'esistenza di tale danno sia del nesso di causalità con l'inadempimento della parte datoriale: infatti, tanto il danno patrimoniale (qual è quello per lesione della professionalità: cfr. Cass. n. 4652 del 26/2/2009), quanto il danno non patrimoniale, non possono ritenersi immancabilmente ed implicitamente ravvisabili per effetto della potenzialità lesiva della condotta illegittima (vale a dire, il demansionamento), dovendo per contro prodursi una lesione aggiuntiva ed autonoma, consistente nei pregiudizio derivante dall'impoverimento della capacità professionale acquista dal dipendente e dalla mancata acquisizione di una maggiore capacità professionale, ovvero nel pregiudizio sofferto per la perdita di chance, ossia di ulteriori possibilità di guadagno (danno patrimoniale), nonché nella compromissione di valori relativi alla persona e diversi dalla capacità di guadagno del soggetto e, in generale, dagli aspetti economici a questi facenti capo (danno non patrimoniale). Tali pregiudizi non possono essere riconosciuti in concreto se non in presenza di adeguata allegazione con riferimento al pregiudizio effettivamente subito dal soggetto che si assume danneggiato, sia quanto alla effettività delle voci di danno lamentate che in punto di accertamento di nesso causale tra condotta illecita ed evento lesivo.

Detto altrimenti, come correttamente evidenziato in un precedente di merito, condiviso dal giudicante, "il danno da demansionamento non deriva automaticamente dalla violazione dell'art. 2103 cod. civ. dovendosi provare che in conseguenza di detta violazione si sia verificato un effetto dannoso, il danno da dequalificazione è cosa diversa dalla dequalificazione. Questa indica la violazione del dovere, quella l'effetto lesivo che la dequalificazione produce su un bene protetto dall'ordinamento, la violazione del dovere non equivale a danno: questo non può essere dedotto - automaticamente dalla violazione del dovere. Secondo i citati principi occorre l'individuazione di un effetto della violazione su un determinato bene" (Sentenza Tribunale di Milano del 16.10.1998 - Presidente ed estensore dott. MANNACIO).

Tanto osservato, in generale, con riferimento agli oneri di allegazione e prova richiesti dalla giurisprudenza di legittimità e di merito sopra citata - integralmente condivisa e fatta propria dal giudicante, che, nella presente sede, richiama tali precedenti anche ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 118 disp. att. c.p.c. - per far valere la sussistenza della voce di danno patrimoniale lamentata per la violazione dell'art. 2103, comma 1, primo periodo, c.c., la difesa attorea non ha svolto nessuna considerazione, dotata del necessario livello di specificità e precisione, con riferimento al fatto che l'attività lavorativa assegnata al ricorrente anteriormente alla dequalificazione professionale allegata in causa fosse soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all'esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo e neppure ha indicato - nella prospettiva della perdita di chance - quali aspettative, concretamente conseguibili in caso di regolare svolgimento del rapporto, siano risultate frustrate dalla dequalificazione professionale dedotta in causa; proponendo, in sostanza, un approccio metodologico che - sia pur facendo riferimento alla massima di esperienza secondo cui il mancato esercizio, anche per brevi periodi, di una determinata attività lavorativa comporta la perdila, o almeno la diminuzione, della capacità di svolgerla - giunge alfa conclusione della sussistenza di un danno in re ipsa soluzione che come sopra esposto, non può essere condivisa.

Proprio prendendo le mosse dal profilo evidenziato nel capoverso che precede, si deve osservare, ancora, che il deficit di allegazione e prova risulta tanto più significativo in un'ipotesi - come quella oggetto di causa - in cui. secondo le stesse allegazioni attorce, la dequalificazione professionale risulta essere argomentata anche e soprattutto in ragione della non corrispondenza delle mansioni assegnate da marzo 2011 alla professionalità propria di livelli contrattuali superiori a quelli di formale inquadramento, livelli nei quali, per le ragioni sopra esposte, non si può dire siano sussumigli le mansioni affidate alla parte attrice per come allegate in causa.

In relazione al regolamento delle spese di lite, ad avviso del giudicante, alla luce della oggettiva difficoltà di interpretazione delle declaratorie di interesse per la decisione e di ricostruzione dei tratti qualificanti dei livelli di inquadramento da porre in comparazione, nel caso di specie, ricorrono le "gravi ed eccezionali ragioni" di cui all'art. 92, comma 2, c.p.c.. per discostarsi dalla regola della soccombenza e dichiarale integralmente compensate tra le parti.

Ex art. 429. comma 1. secondo periodo, c.p.c., si fissa il termine di sette giorni per il deposito della sentenza.

P.Q.M.

- Respinge il ricorso;

- dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Fissa termine di sette giorni per il deposito della sentenza.

Così deciso in Milano il 10 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2013.