Corte di Appello di Campobasso, sentenza del 04.06.2013
OMISSIS
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con sentenza in data 22/07/2008 il Tribunale di Larino rigettava il ricorso proposto da S.G. per l'annullamento del licenziamento intimatogli il 22/6/2005 dall'odierna appellata.
Avverso la suddetta sentenza il S. proponeva appello lamentandone, in particolare, l'erroneità per violazione del CCNL del settore e dei principi generali dell'ordinamento giuridico.
L'appellato avversava il proposto gravame.
All'odierna udienza la causa veniva decisa come da separato dispositivo.
Le censure di parte appellante sono infondate essendo l'impugnata sentenza immune dai lamentati vizi.
Molto succintamente e facendo proprie le argomentazioni espresse dal giudice di prime cure nella sentenza impugnata, che qui si richiamano in quanto del tutto condivisibili ed abbiansi come riportate e trascritte, la Corte evidenzia, in particolare, che, come evidenziato dalla giurisprudenza del Supremo Collegio, "La fattispecie di recesso del datore di lavoro, per l'ipotesi di assenze determinate da malattia del lavoratore, tanto nel caso di una sola affezione continuata, quanto in quello del succedersi di diversi episodi morbosi (cosiddetta eccessiva morbilità), è soggetta alle regole dettate dall'art. 2110 cod. civ., che prevalgono, per la loro specialità, sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilità parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali. Ne consegue che il datore di lavoro, da un lato, non può recedere dal rapporto prima del superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cosiddetto periodo di comporto), il quale è predeterminato per legge, dalla disciplina collettiva o dagli usi, oppure, in difetto di tali fonti, determinato dal giudice in via equitativa, e, dall'altro, che il superamento di quel limite è condizione sufficiente di legittimità del recesso, nel senso che non è necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo nè della sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa, nè della correlata impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse."(così Cass. civ., Sez. lavoro, 28/01/2010, n. 1861).
Recentemente la Cassazione si è espressa in modo conforme rilevando, in particolare, che "Le regole dettate dall'art. 2110 c.c. per le ipotesi di assenze determinate da malattia del lavoratore prevalgono, in quanto speciali, sia sulla disciplina dei licenziamenti individuali che su quella degli articoli 1256 e 1463 e 1464 cod. civ., e si sostanziano nell'impedire al datore di lavoro di porre fine unilateralmente al rapporto sino al superamento del limite di tollerabilità dell'assenza (cosiddetto comporto) predeterminato dalla legge, dalle parti o, in via equitativa, dal giudice, nonché nel considerare quel superamento unica condizione di legittimità del recesso; le stesse regole hanno quindi la funzione di contemperare gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere alle proprie dipendenze solo chi lavora e produce) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l'occupazione), riversando sull'imprenditore, in parte ed entro un determinato tempo, il rischio della malattia del dipendente. Ne deriva che il superamento del periodo di comporto è condizione sufficiente a legittimare il recesso, e pertanto non è necessaria, nel caso, la prova del giustificato motivo oggettivo né dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa né quella della correlativa impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse."(così Cass. civ., Sez. lavoro, 31/01/2012, n. 1404).
Siffatto orientamento si attaglia al caso di specie poiché il ricorrente-odierno appellante ha superato il periodo di comporto di cui all'art. 44 lett. b) CCNL del settore, come dettagliatamente specificato dal giudice di prime cure nella sentenza impugnata nelle pagg. 3 (ultimi due righi), 4, 5 e 6(sino al 7 rigo), che in tali limiti si richiamano ed abbiansi per qui riportaste e trascritte condividendosi nondimeno l'orientamento del primo giudice e dell'odierna appellata in tema di prolungamento del comporto che non può superare i giorni di effettivo ricovero.
La Corte, inoltre, ritiene altresì condivisibile quanto evidenziato dal primo giudice a proposito del riconoscimento al lavoratore del periodo di comporto prolungato pari solo ai primi tre giorni di ricovero - 21-23/1/2004 - laddove non v'è stata soluzione di continuità tra assenza dal lavoro e ricovero, qualora si volesse superare l'obiezione mossa dalla resistente-odierna appellata circa l'omessa comunicazione dei ricoveri. Anche in tal caso, come posto esattamente in risalto dal giudice di prime cure, il S. avrebbe comunque superato il periodo di comporto di cui al citato art. 44 CCNL (: ben 458 gg. di assenza per malattia che superano così il periodo di comporto de quo).
Ne deriva che il licenziamento de quo è legittimo.
Gli altri motivi di gravame devonsi ritenere assorbiti nelle considerazioni che precedono.
Di qui il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata.
Le spese del presente grado vanno integralmente compensate tra le parti, stante la non manifesta pretestuosità del gravame.
P.Q.M.
LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO in funzione di giudice del lavoro sentiti i procuratori costituiti e definitivamente pronunciando sull'appello proposto, avverso la sentenza del Tribunale di Larino in data 22/7/2008 e con ricorso qui depositato il 17/7/2009 da S.G. nei confronti di MA s.c.a.r.l.
ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede :
-rigetta l'appello e conferma la sentenza impugnata;
-compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Campobasso, il 25 gennaio 2013.
Depositata in Cancelleria il 4 giugno 2013.