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giovedì 26 febbraio 2015

Contratto a tutele crescenti

Con il contratto a tutele crescenti tutti i neo-assunti di un datore di lavoro avranno un contratto a tempo indeterminato c.d. a tutele crescenti.
Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti non è quindi una nuova tipologia contrattuale, ma un contratto a tempo indeterminato assolutamente standard, caratterizzato soltanto da un diverso regime sanzionatorio del licenziamento.
Come consiglia il nome del nuovo istituto previsto dal Jobs Act, la tutela verso il licenziamento (diversamente da come accade oggi) crescerà all'aumentare dell'anzianità di servizio del dipendente.
Il dichiarato obiettivo del Jobs Act è di 'obiettivo fare in modo che il contratto a tutele crescenti sostituisca tutte le altre modalità di assunzione diverse dal contratto a tempo indeterminato (cioè, tra i più usati, contratti a tempo determinato, contratto di somministrazione di manodopera, contratti a progetto, etc.).
Tutto il peso della riforma si sposta, però (ed è evidente), sulle spalle dei neo-assunti. Infatti, il Jobs Act prevede la modifica dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (già pesantemente modificato dalla Legge Fornero), in quanto la Legge n. 183/2014, per la prima volta chiarisce in maniera incontrovertibile come l’istituto della reintegrazione nel rapporto di lavoro, debba rappresentare l’eccezione ad una regola che invece è caratterizzata dall’indennizzo (peraltro molto basso).
Inoltre, il contratto a tutele crescenti riguarderà non solo propriamente i neo assunti (cioè i dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto), ma anche, per assurdo, i dipendenti (anche se assunti precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto) il cui datore di lavoro superi la fatidica soglia dei 15 addetti a mezzo di assunzioni a tempo indeterminato effettuate successivamente all’entrata in vigore del decreto.
Inoltre sembra che il regime speciale dovrebbe valere anche per i lavoratori che, ingaggiati con contratto a termine, a seguito dell’entrata in vigore vengano assunti ex novo a tempo indeterminato.
Infine, oltre al caso del licenziamento discriminatorio, la tutela della reintegra rimarrebbe solo per i licenziamenti disciplinari nei quali in giudizio emerga che il fatto contestato è assolutamente insussistente.
Alla reintegra, in tale ultimo caso, si affiancherà il risarcimento del danno sulla base delel retribuzioni non percepite, con un tetto massimo delle 12 mensilità.
La tutela c.d. reale, è evidentemente depotenziata, poichè vi è una drastica riduzione delle conseguenze risarcitorie.