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venerdì 16 dicembre 2011

mansioni superiori sentenza Cassazione 14-10-2010, n. 21200


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

MOTIVI DELLA DECISIONE

P.Q.M.

Corte di Cassazione, sentenza n. 21200/2010
(OMISSIS)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Con ricorso al Tribunale, Giudice del Lavoro, di Catania depositato il 15 febbraio 2001 G.L., premesso di essere dipendente del Ministero della Pubblica Istruzione ed in servizio presso il Provveditorato agli Studi di (OMISSIS) con la qualifica di operatore amministrativo ((OMISSIS) livello), esponeva che a seguito di provvedimento in data 7 settembre 1998 del Provveditore agli Studi aveva svolto, dalla stessa data, l'incarico di responsabile del procedimento relativo ad un'istruttoria e ad ogni altro adempimento inerente ai procedimenti per le supplenze e le nomine in ruolo degli insegnanti di primo e secondo grado.

Chiedeva pertanto che, dato che quelle mansioni dovevano essere inquadrate nel profilo di collaboratore amministrativo ((OMISSIS) livello) o, in subordine, di assistente ((OMISSIS) livello) e doveva essere applicato il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 il giudice adito volesse dichiarare il suo diritto all'inquadramento ed al trattamento economico corrispondente o, in subordine, alle differenze retributive tra la qualifica corrispondente alle mansioni superiori svolte e la quinta qualifica posseduta. Istauratosi il contraddittorio, la parte convenuta contrastava la domanda nel merito, contestando quanto dedotto dal ricorrente, contrapponendo a quella del ricorrente una diversa interpretazione della normativa.

Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda, dichiarando il diritto del ricorrente a percepire le differenze retributive maturate, a decorrere dall'entrata in vigore D.Lgs. n. 387 del 1998, fra quanto percepito e quanto maturato per le mansioni esercitate fino al 25 gennaio 2002. Questa pronunzia veniva confermata dalla Corte d'Appello di Catania che con sentenza n. 365, depositata in cancelleria il 28 aprile 2005, rigettava l'appello del Ministero.

2. La sentenza riteneva che la disciplina introdotta in proposito dal D.Lgs. n. 29 del 1993, in materia di rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti, dovesse essere applicata fin dalla entrata in vigore del provvedimento, senza necessità di atti attuativi specifici.

Questa normativa prevedeva, all'art. 56, comma 2 la possibilità di assegnare il prestatore di lavoro a mansioni proprie della qualifica superiore a quella posseduta, in caso di obiettive esigenze di servizio, quando sussisteva la vacanza del posto in organico oppure la necessità di sostituire un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro.

La norma precisava anche, al successivo quinto comma dello stesso articolo, che al di fuori di questi casi l'assegnazione alle mansioni superiori era nulla.

Infine, a seguito di una modifica introdotta dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25 il successivo sesto comma riconosceva al lavoratore il diritto al trattamento economico proprio della qualifica superiore.

Inoltre, l'art. 36 Cost. si applicava anche all'impiego pubblico privatizzato.

In linea di fatto - secondo la sentenza - nel caso di specie erano state affidate al dipendente ulteriori responsabilità e competenze ed il relativo provvedimento costituiva un atto formalmente idoneo ad attribuire al signor G. le mansioni superiori in esso indicate, e perciò a fondare il diritto dell'interessato, che aveva svolto effettivamente in modo prevalente quelle mansioni, alle differenze retributive conseguenti.

3. Avverso la sentenza di appello, che non risulta notificata, il Ministero dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca ed il Centro dei Servizi Amministrativi della provincia di (OMISSIS) proponevano ricorso per cassazione, con un motivo di impugnazione, notificato, a mezzo del servizio postale, con plico inviato, in termine, il 15 marzo 2006.

L'intimato G.L. resisteva con controricorso notificato, in termine, il 21 aprile 2006, e depositava successivamente una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE



1. Nell'unico motivo di impugnazione i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52 e dell'art. 2697 c.c. e l'omessa o, comunque, insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia. Secondo i ricorrenti il D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15 che aveva tolto l'originario divieto di riconoscimento del diritto ad avanzamenti automatici a differenze retributive in favore del dipendente che avesse svolto di fatto mansioni superiori, non costituiva norma di immediata applicazione, perchè la sua piena operatività era stata differita al momento dell'attuazione degli ordinamenti professionali previsti dai contratti collettivi nazionali, e con le decorrenze indicate in questi ultimi. In questo caso il relativo contratto collettivo nazionale era entrato in vigore dal febbraio 1999, ma i criteri indicati nella contrattazione collettiva non erano ancora stati definiti, e perciò in questo caso non poteva essere applicato il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56.

I ricorrenti contestano anche l'effettiva sussistenza di alcuni dei presupposti richiesti da quella normativa. In ogni caso era insufficiente la motivazione su questi punti.

2. Il ricorso non è fondato.

La questione di diritto prospettata dai ricorrenti è già stato affrontato, e risolto, dalle Sezioni Unite di questa Corte, che Con la sentenza n. 25837 dell'undici dicembre 2007, hanno affermato il principio di diritto che "in materia di pubblico impiego contrattualizzato - come si evince anche dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, comma 6 nel testo, sostituito dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25 e successivamente modificato dal D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15 ora riprodotto nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 32 l'impiegato cui sono state assegnate, al di fuori dei casi consentiti, mansioni superiori (anche corrispondenti ad una qualifica di due livelli superiori a quella di inquadramento) ha diritto, in conformità alla giurisprudenza della Corte costituzionale (tra le altre, sentenze n. 908 del 1988; n. 57 del 1989; n. 236 del 1992; n. 296 del 1990), ad una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell'art. 36 Cost.; che deve trovare integrale applicazione - senza sbarramenti temporali di alcun genere - pure nel pubblico impiego privatizzato, sempre che le mansioni superiori assegnate siano state svolte, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, nella loro pienezza, e sempre che, in relazione all'attività spiegata, siano stati esercitati i poteri ed assunte le responsabilità correlate a dette superiori mansioni. Il Collegio condivide integralmente, e fa propria questa ricostruzione normativa.

Dato appunto che il diritto, introdotto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 del dipendente pubblico cui fossero state affidate (nei limiti ed alle condizioni previsti dalla stessa norma) mansioni superiori a quelle della propria qualifica, alle differenze retributive corrispondenti non era soggetto a sbarramenti temporali di sorta, la contraria affermazione contenuta nel ricorso, secondo cui, invece, quel diritto sarebbe stato differito al momento dell'attuazione dei relativi ordinamenti professionali, non può che essere disattesa.

3. Le ulteriori difese dei ricorrenti, anch'esse contenute peraltro all'interno del medesimo motivo, consistono nella denunzia di un vizio di motivazione in quanto sarebbe stato omesso il riscontro tra le mansioni proprie della qualifica di appartenenza e quelle superiori a fine di verificare la qualità e qualità di queste ultime e stabilirne la prevalenza. Anche questo profilo di censura è infondato, perchè la sentenza motiva ampiamente, ed adeguatamente, su questo punto alle pagg. 8 e 9 del testo, sottolineando anche che, come risultava da una attestazione del Provveditorato agli Studi (OMISSIS), il G., a seguito del decesso di un funzionario di (OMISSIS) livello, era stato incaricato, con apposita disposizione di servizio, delle mansioni dello scomparso, e le aveva svolte effettivamente, e che, pur se aveva continuato a svolgere anche le mansioni proprie del profilo di appartenenza, quelle superiori affidategli dovevano considerarsi prevalenti.

4. Il ricorso pertanto è infondato, e non può che essere disatteso.

Le spese, liquidate così come in dispositivo, seguono la soccombenza a carico della parte resistente, e debbono essere distratte in favore del difensore del resistente, Avv. Giuseppe Rinaldi, che si è dichiarato antistatario.il quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.



LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese che liquida in Euro 23,00, oltre ad Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorari, IVA e CPA, con distrazione in favore del difensore antistatario Avv. Giuseppe Rinaldi.