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mercoledì 18 gennaio 2012

Cass. civ. Sez. III, sentenza 12-01-2006, n. 417

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato l'11/02/1984 davanti al Tribunale di Roma, P.F. esponeva che il 28/05/1978, mentre viaggiava come trasportato sulla FIAT 131 condotta da G.A. e di proprietà di M.F., assicurata con la S.p.A. Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia aveva riportato delle lesioni a causa dell'urto tra detta autovettura e l'Alfetta 1600 condotta da D.M. ed assicurata con la S.p.A. Lloyd Europeo, che, per un guasto, era ferma sulla corsia di sorpasso all'altezza del Km. 33 dell'autostrada Firenze Mare. Quindi chiamava in giudizio D., G., M. e l'Assitalia, nonchè la compagnia Lloyd Europeo, perchè, accertata la responsabilità dei conduttori delle due auto e dei proprietari, fossero tutti condannati al risarcimento dei danni.

Si costituivano le due società e G. deducendo che la domanda attrice era improponibile per la mancanza del disposto di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 22, nonchè per l'intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento.

Il Tribunale con sentenza 21/02 - 16/03/1990 accertava l'improponibilità della domanda avanzata da P. e respingeva le istanze proposte con il secondo atto introduttivo notificato dal P., per lo spirare del termine prescrizionale.

La Corte d'Appello di Roma respingeva l'impugnazione proposta dal P., e la Cassazione con sentenza 14/03 - 20/09/1996 accoglieva il ricorso di P.F. e P.P. costituite in prosecuzione del giudizio del rispettivo padre e marito, deceduto nelle more del giudizio, e statuiva non essere spirato il termine prescrizionale al momento della notifica dell'atto di citazione del 1984 a causa dell'effetto interruttivo del procedimento penale che doveva ritenersi cessato solo al passaggio in giudicato di detta sentenza e non con la promulgazione del decreto clemenziale (di amnistia); statuiva altresì che il ricordato effetto interruttivo della prescrizione non avrebbe potuto dirsi precluso dall'improponibilità della domanda introduttiva per effetto dell'inosservanza dell'onere di attivazione L. n. 990 del 1969, ex art. 22.

La causa veniva quindi riassunta davanti ad altra Sezione della Corte Territoriale; P. e P. riproponevano le istanze del loro congiunto specificando il quantum; la Corte dichiarava che l'incidente avvenuto il 21/05/1978 era causato da colpa concorrente del D. e del G., rispettivamente nella misura del 70 e 30%, condannava l'Assitalia e la Bernese Ass.ni a versare alle attrici la somma di L. 93.685.080 e respingeva la domanda nei confronti del M.; condannava il D. a rimborsare alla Bernese Ass.ni quanto la stessa avrebbe pagato alle attrici;

condannava l'Assitalia, la Bernese Ass.ni in solido a pagare direttamente all'Avv. Dell'Arciprete che si era dichiarato antistatario delle attrici in sede di rinvio; dichiarava compensate le spese di causa tra Assitalia e Bernese Ass.ni; dichiarava compensate per due terzi le spese tra la Bernese Ass.ni ed il D..

P.F. e P.P. proponevano ricorso per Cassazione per due motivi.

Resisteva con controricorso la Bernese Ass.ni e l'Assitalia con ricorso incidentale.

Constatato che il ricorso principale non era stato notificato a M.F., proprietario dell'autovettura condotta da G. A., già parte nei pregressi gradi di giudizio, considerata la qualità di litisconsorte necessario, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti.

Depositava memoria la Bernese Ass.ni e Assitalia Assicurazioni.

Motivi della decisione

I procedimenti devono essere riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c. perchè aventi ad oggetto ricorsi avverso la stessa sentenza.

Il ricorso principale veniva affidato ai seguenti motivi:

1) Risarcimento del danno morale nella misura (ai valori dell'epoca del sinistro) di L. 2.500.000 - anzichè di L. 3.850.000 - Vizio della motivazione;

2) Liquidazione delle spese competenze - ed onorari per la fase di rinvio avanti la Corte di Appello di Roma in misura diversa da quella di cui alla nota spese - Vizio della motivazione e violazione di legge.

Con il primo motivo le ricorrenti deducono che la Corte di merito, dopo avere correttamente enunciato il principio che il danno morale patito dal P. andava quantificato nella misura del 50% di quello relativo al danno biologico di L. 7.700.000 di cui L. 2.700.000 per incapacità temporanea e L. 5.000.00 per invalidità permanente, attribuiva alla odierna ricorrente solo L. 2.500.000 anzichè L. 3.850.000.

Deducono le ricorrenti al riguardo che il "prezzo del dolore" compete anche per l'incapacità temporanea e l'avere limitato il ristoro del danno morale solo in relazione alla invalidità permanente concretizza una ipotesi di contraddittorietà della motivazione o di mancanza assoluta di motivazione.

Il motivo va rigettato.

Recentemente si è ribadito il principio, più volte affermato da questo S.C., secondo cui in tema di risarcimento del danno per fatto illecito, la liquidazione del danno non patrimoniale, consistente nell'ingiusto turbamento dello stato d'animo del danneggiato in conseguenza dell'illecito, sfugge ad una precisa valutazione analitica e resta affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice del merito, come tali non sindacabili in materia di legittimità (Cass., 02/04/2004, n. 6519).

E' nella discrezionalità del giudice del merito determinare l'entità del danno morale, e limitare il ristoro solo in relazione all'invalidità permanente e non a quella temporanea.

Si tratta infatti di libero convincimento del giudice di merito, non impugnabile in sede di legittimità.

Le ricorrenti con il secondo motivo deducono di avere analiticamente indicato nella nota spese le spese e le competenze e che dagli atti e documenti allagati le competenze sono determinate dalle tariffe e quindi i giudici di merito avrebbero dovuto giustificare i motivi della riduzione.

La domanda in realtà è stata formulata in modo generico e senza adeguata specificazione per cui il calcolo della sentenza impugnata è inferiore al minimo (Cass. 23/05/2003, n. 8138; Cass. 18/08/1999, n. 8721; Cass. 03/04/1999, n. 3267).

Anche questo motivo va rigettato.

L'Assitalia propone ricorso incidentale per i seguenti motivi:

1) Violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione all'art. 2947 c.c. e art. 24 c.p.c. in punto di prescrizione biennale e quinquennale per omessa ed insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

2) Violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all'art. 2054 c.c. e art. 102 vecchio C.d.s. per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia con violazione delle norme di diritto;

3) Violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 2054 c.c. e segg., per omessa motivazione sulla richiesta di ridotta liquidazione del danno in presenza di morte del soggetto per altra causa, interessi-rivalutazione;

4) Violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla L. n. 990 del 1969, artt. 19, 21 e segg. in punto di massimale di legge.

Quanto al primo motivo del ricorso incidentale, la controricorrente deduce che la Corte Territoriale, esaminando l'eccezione prescrizionale, ne ha respinto il fondamento sul presupposto dell'avvenuta costituzione di parte civile operata dal P..

Si osserva al riguardo che la sentenza impugnata ha ribadito che tale eccezione sollevata dall'Assitalia è infondata perchè nel fascicolo degli appellanti in riassunzione è prodotta la copia dell'atto di costituzione di parte civile, depositata il 20/05/1981, presso la Cancelleria della Pretura penale di Prato, con cui il P. ebbe a costituirsi quale parte civile contro il G., il D. e gli eventuali responsabili civili delle assicurazioni.

Tale motivo va quindi rigettato.

Quanto al secondo motivo, la ricorrente deduce che la sentenza non ha in punto di responsabilità valutato concretamente e fondatamente gli atti del processo, pervenendo all'errato convincimento di poter attribuire una colpa concorrente sia pur in misura ridotta al G., che sarebbe totalmente incolpevole nella causazione del sinistro.

Tale motivo è da respingersi perchè incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di valutazione di fatto.

Quanto al terzo motivo, secondo la ricorrente la Corte Territoriale non ha dato pregio alle eccezioni sollevate dal controricorrenti e dalla Bernese circa l'avvenuto decesso del P.F. verificatosi il 27/03/1992 per altra causa.

Tale motivo è da rigettarsi per le medesime ragioni (valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità).

Quanto al quarto motivo, per cui viene proposto ricorso incidentale nei confronti della Bernese, deduce la ricorrente che i giudici, nell'indicare il massimale minimo di legge in L. 20.000.000 come quantità fissa senza interessi e rivalutazione, non hanno inteso condannare tutti i convenuti e quindi anche la Bernese al pagamento degli interessi e della rivalutazione, e ciò in violazione dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla L. n. 990 del 1969, artt. 19, 21 e segg. in punto di massimale di legge.

Si osserva al riguardo che trattasi di motivo contenente una questione nuova, quindi inammissibile.

Questo S.C. ha infatti anche recentemente statuito che i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già ricomprese nel thema decidendum del giudizio d'appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o temi nuovi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d'ufficio, come le questioni di nullità (Cass. 24/02/2004, n. 3612).

In conclusione devono essere respinte tutte le censure, sia del ricorso principale sia di quello incidentale.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi due. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 21 novembre 2005.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2006