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martedì 24 aprile 2012

Sul pagamento delle retribuzioni è il datore a dover provare di avere effettivamente corrisposto gli importi indicati in busta paga - Trib. Napoli, sez. lavoro, sent. del 02.02.2006

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 19.3.2001, la ricorrente in epigrafe esponeva di aver lavorato, dal maggio 1991 al 20.9.1999, alle dipendenze della società convenuta con mansioni di addetta alla confezione in serie dei pantaloni, osservando il seguente orario di lavoro: dalle ore 8 alle 17 con un'ora di intervallo per 5 giorni alla settimana; di aver percepito somme pari a circa la metà di quelle risultanti dalle buste paga; che il rapporto cessava per dimissioni senza preavviso della lavoratrice; di non aver ricevuto il TFR, ha chiesto, previo l'inquadramento nel 3° livello del ccnl Tessili-Abbigliamento, la condanna della convenuta al pagamento delle differenze retributive per retribuzione ordinaria (p.b. + contingenza + scatti anzianità), mensilità aggiuntive (13ma), TFR, detratto l'importo dalla stessa dovuto per mancato rispetto del termine di preavviso, per un importo totale pari a Lire 143.997.680, oltre accessori e spese.

Costituitasi in giudizio, la società convenuta ha contestato la data di inizio del rapporto indicata dalla ricorrente, sostenendo che quest'ultima aveva iniziato a lavorare il 4.11.1991, ed in merito alle retribuzioni eccependo che le stesse venivano corrisposte in conformità con i dati risultanti in busta paga. Spiegava inoltre domanda riconvenzionale per l'indennità di preavviso.

Esaurita la fase istruttoria, veniva espletata consulenza tecnica d'ufficio, ed all'odierna udienza, sulle conclusioni formulate dalle parti, la causa veniva decisa, all'esito della camera di consiglio, mediante lettura pubblica del dispositivo.

Motivi della decisione

La domanda è fondata nei limiti di cui in motivazione.

Non sono in contestazione il livello di inquadramento (3°), risultante peraltro dalle buste paga, e l'orario di lavoro, limitato a quello contrattuale di 40 ore settimanali. In proposito, una precisazione va fatta. Il numero dei giorni in cui la ricorrente lavorava settimanalmente, a fronte della richiesta formulata in ricorso sulla base dell'orario minimo contrattuale (di 40 ore settimanali) è del tutto irrilevante, perché ove il datore di lavoro intendesse sostenere (ciò che non ha fatto, nonostante il generico richiamo alle buste paga) che la lavoratrice osservava un orario inferiore alle 40 ore, dovrebbe provare l'esistenza di un rapporto di lavoro part time, ciò che non è stato oggetto di alcuna contestazione o eccezione. Ne consegue che l'indagine va limitata ai due soli elementi che appaiono contestati, e cioè l'importo delle retribuzioni e l'esistenza del rapporto già a far tempo dal maggio 1991, in luogo della data cui fa riferimento il datore di lavoro (4.11.1991). Quanto a quest'ultimo profilo, la sussistenza del rapporto di lavoro integra il fatto costitutivo della pretesa al pagamento delle retribuzioni, sicché ai sensi dell'art. 2697 c.c. grava sul lavoratore l'onere della relativa prova. Al contrario, sul pagamento delle retribuzioni, trattandosi di eccezione di esatto adempimento, è il datore a dover provare di avere effettivamente corrisposto gli importi indicati in busta paga.

Tanto premesso, si riportano di seguito le dichiarazioni rese dai testi escussi.

La teste R.D., ha dichiarato:

A.D.R.: "Ho lavorato per la società convenuta dal 1995 fino alla sua chiusura che non ricordo quando è avvenuta, credo fosse il 1998 o il 1999".

A.D.R.: "Conosco la ricorrente in quanto abbiamo lavorato insieme presso la convenuta".

A.D.R.: "Quando ho iniziato a lavorare la M. era già presente in azienda. Prima del 1995 non ho avuto modo di conoscerla".

A.D.R.: "Non so quando la ricorrente ha iniziato a lavorare alle dipendenze della P.".

A.D.R.: "Io ricevevo regolarmene le buste paga e la società mi pagava i contributi, in quanto percepivo regolarmente gli ANF".

A.D.R.: "Sono stata in causa contro la società ma è intervenuta una conciliazione".

A.D.R.: "Io non ricevevo gli importi indicati in busta paga ma il datore di lavoro mi corrispondeva sempre circa Lire 2-300.000 in meno".

A.D.R.: "Mi riferisco agli importi indicati alla voce "netto"".

A questo punto alla teste viene esibita la busta paga della ricorrente relativa al mese di febbraio 1995 che viene siglata dalla teste e dal giudice.

A.D.R.: "Confermo che l'importo con cui confrontavo le somme ricevute era quello indicato alla voce "netto", e confermo che le somme ricevute erano inferiori al netto indicato in busta".

A.D.R.: "In merito alla differenza tra il percepito e gli importi di cui alle buste paga, non sono certa che ammontasse sempre a Lire 2-300.000. E' possibile che nel corso del tempo tale differenza sia variata".

A.D.R.: "Non ho controllato personalmente che quanto da me riferito accadesse anche alla ricorrente, nel senso che non ho mai visto le sue buste paga. Mi risultava tuttavia che anche le altre dipendenti percepissero meno di quanto indicato in busta, e lo so perché tra di noi se ne è parlato in più occasioni".

A.D.R.: "Anche se non controllavo le ore, i giorni lavorativi indicati sulle buste paga erano inferiori al numero di giornate effettivamente lavorate".

A questo punto la ricorrente prende nuovamente visione delle buste paga allegate.

A.D.R.: "Effettivamente su queste buste paga sono indicate le ore lavorate e non i giorni.

Credo che dalle ore ricavassi il numero di giorni, per giungere alla conclusione che avevo lavorato più giornate di quelle indicate".

A.D.R.: "La ricorrente ha smesso di lavorare due tre mesi prima che chiudesse la fabbrica".

A.D.R.: "L'anno come ho detto non lo ricordo ma ricordo il periodo dell'anno. La fabbrica chiuse a ottobre, e la ricorrente era andata via già dal giugno-luglio precedente".

A questo punto il giudice autorizza l'esibizione alla teste del prospetto relativo al maggio 1996 che la teste sottoscrive unitamente al giudice.

A.D.R.: "Non ricordo se ho mai ricevuto simili prospetti".

A sua volta la teste A.C., ha dichiarato:

A.D.R.: "Ho lavorato per la convenuta dal marzo del 1992 fino alla cessazione dell'attività, che non ricordo quando è avvenuta".

A.D.R.: "Sono stata in causa con la convenuta, ma la causa fu conciliata".

A.D.R.: "Forse ho iniziato a lavorare a settembre del 1992 non ricordo con precisione il mese".

A.D.R.: "Quando ho iniziato a lavorare per la convenuta la ricorrente era già presente in azienda, e non so quando sia stata assunta".

A.D.R.: "Ricevevo regolarmente le buste paga. Gli importi ivi indicati erano inferiori a quelli effettivamente corrisposti. Sui trattava di una differenza di circa Lire 2-300.000".

A questo punto viene esibita alla teste la busta paga della ricorrente relativa al mese di maggio 1996. La busta viene sottoscritta dalla teste e dal giudice.

A.D.R.: "Mi riferisco agli importi indicati sotto la dicitura "netto", nel senso che il netto indicato era superiore alle somme concretamente percepite".

A.D.R.: "Anche i giorni lavorativi indicati in busta erano inferiori a quelli effettivamente - lavorati".

A.D.R.: "I giorni erano quelli indicati nella casella in basso a sinistra".

Si dà atto che la teste indica la casella con l'indicazione "gg. lav.", che viene cerchiata dal giudice.

A.D.R.: "Che io ricordi non, anzi il prospetto che la mi esibisce corrispondeva a quelle striscette che il datore di lavoro ci consegnò verso la fine del rapporto di lavoro, verso l'ultimo anno forse, non ricordo di preciso".

Si dà atto che alla teste viene esibito il prospetto relativo al maggio 1996 già siglato dal giudice e dalla teste precedentemente escussa, che viene sottoscritto dalla teste.

A.D.R.: "All'inizio non l'avevo riconosciuta in quanto la striscetta è stata collocata su un foglio intero per la fotocopia".

A.D.R.: "Il datore inseriva queste strisce unitamente ai fogli paga in una busta. Su tali strisce venivano indicati i giorni di effettivo lavoro e la retribuzione effettivamente percepita".

A.D.R.: "La M. ha smesso di lavorare un paio di mesi prima della chiusura".

Deve concludersi, all'esito dell'istruttoria, che quanto alla data di inizio del rapporto debba farsi riferimento a quella indicata dalla convenuta, non avendo l'attrice fornito alcuna prova del fatto costitutivo.

Al contrario, per quanto concerne le retribuzioni percepite dalla lavoratrice in costanza di rapporto, non potendosi attribuire un valore di quietanza alla sottoscrizione in calce alle buste paga, priva di alcuna ulteriore specificazione, ed in mancanza di prova circa la corrispondenza delle somme pagate ai dati indicati in busta paga, non può che farsi riferimento ai dati contenuti nel ricorso introduttivo.

Per quanto riguarda la riconvenzionale, è la stessa parte ricorrente a riconoscere di dover versare alla convenuta l'indennità di mancato preavviso. Essa si commisura ai sensi dell'art. 2118 c.c. e dell'art. 16 parte II del ccnl di categoria, all'importo della retribuzione per il periodo di mancato preavviso, che, per gli operai di 3° livello, è di due settimane lavorative.

1) Accerti il c.t.u. gli importi spettanti al ricorrente, in virtù del rapporto di lavoro intercorso con la società convenuta, a titolo di

- retribuzione ordinaria (p.b. + contingenza + scatti anzianità),

- mensilità aggiuntive (13ma),

-TFR

alla stregua dei seguenti parametri:

- contratto collettivo e livello di inquadramento: CCNL Tessili-Abbigliamento (piccola e media impresa) vigenti ratione temporis: operaio 3° livello

- durata rapporto: 4.11.1991-20.9.1999

- orario di lavoro: 40 ore settimanali

- percepito: v. conteggi allegati al ricorso

2) Con distinto prospetto, determini il c.t.u. l'indennità di mancato preavviso, dovuta alla società per il mancato rispetto del termine all'atto delle dimissioni della lavoratrice, pari all'importo della retribuzione per il periodo di due settimane lavorative, calcolata alla stregua della parte economica della contrattazione di categoria in vigore alla data del 20.9.1999.

Le conclusioni cui è pervenuto il c.t.u., a seguito del supplemento di incarico conferitogli in relazione agli errori evidenziati nella prima relazione, possono essere fatte proprie dal giudicante, in quanto la perizia appare redatta in conformità dei quesiti posti, alla stregua di criteri di calcolo precisi e corretti, che non sono stati fatti oggetto di specifiche contestazioni.

La convenuta va pertanto condannata al pagamento, in favore della ricorrente, in virtù del rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo 4.11.1991-20.9.1999, della somma complessiva di Euro 69.952,43, di cui Euro 7.529,34 a titolo di TFR, oltre rivalutazione e interessi sulle somme annualmente rivalutate dalle singole scadenze alla data della pronuncia.

La ricorrente, in accoglimento della riconvenzionale, va condannata al pagamento della somma di Euro 519,20, oltre interessi legali dalla cessazione del rapporto alla data della pronuncia.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, così provvede:

a) condanna la convenuta al pagamento, in favore di R.M., in virtù del rapporto di lavoro intercorso tra le parti nel periodo 4.11.1991-20.9.1999, della somma complessiva di Euro 69.952,43, di cui Euro 7.529,34 a titolo di TFR, oltre rivalutazione e interessi sulle somme annualmente rivalutate dalle singole scadenze alla data della pronuncia;

b) condanna la ricorrente al pagamento della somma di Euro 519,20 a titolo di indennità di preavviso, oltre interessi legali dalla data del 20.9.1999 alla data della pronuncia;

c) condanna la convenuta al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 2.838,00, di cui 2.295,00 per onorari e Euro 543,00 per diritti, oltre spese generali, IVA e CPA, se documentate con fattura e non detraibili dal creditore, con attribuzione.

Così deciso in Napoli il 2 febbraio 2006.

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2006.