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lunedì 8 maggio 2023

illegittimità delle procedure di interpello e incarichi dirigenziali

Sentenza della Corte appello Roma sez. VII, 28/10/2022, (ud. 27/09/2022, dep. 28/10/2022), n.3534

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 15.1.2018, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha impugnato la sentenza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento domanda proposta da P. A., ha dichiarato l'illegittimità delle procedure di interpello impugnate relative all'incarico dirigenziale di Coordinatore dell'Ufficio patrimonio, gare e contratti e all'incarico dirigenziale di coordinatore dell'ufficio per i trattamento economico del personale, con conseguente annullamento degli esiti e ordine all'amministrazione di rinnovare dette procedure di interpello, nonché condanna della convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale, liquidato equitativamente nella misura del 50% del trattamento economico complessivamente spettante alla ricorrente per il periodo dal 1.10.2016 al giorno 11.1.2017, oltre accessori di legge e rimborso delle spese processuali.

Ha resistito al gravame la P. A. chiedendone il rigetto.


All'esito della discussione orale, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce.


Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Visto l'art. 111 della Costituzione ed il principio di ragionevole durata del processo, di cui la redazione della sentenza costituisce segmento processuale e temporale; letto l'art.132, n. 4, c.p.c.; letto l'art. 118, commi 1 e 2, disp. di att. al c.p.c. , si osserva quanto segue.


L'originaria ricorrente, Dirigente generale, Consigliere di ruolo della presidenza del Consiglio dei Ministri, a decorrere dal 4.2.2014, è stata nominata Coordinatore dell'Ufficio tecnico per la gestione del patrimonio (UTGP), presso il Dipartimento per le politiche di gestione, promozione e sviluppo delle risorse umane e strumentali (DIPRUS), nonché dal 9.9.2015 all'8 maggio 2016, ad interim, anche Coordinatore dell'Ufficio per le relazioni sindacali, affari generali, gare e acquisti, presso il medesimo Dipartimento.


La P. A. ha dedotto che in data 30.9.2016 è cessato il proprio incarico dirigenziale, per effetto di una riorganizzazione, ritenuta pretestuosa, e della suddivisione del Dipartimento menzionato (in Dipartimento per il personale e Dipartimento per i servizi strumentali) - senza alcuna variazione sostanziale delle funzioni del precedentemente svolte dall'unico dipartimento -, lamentando l'illegittimità, sotto diversi profili, delle tre procedure per interpello che sono seguite e alle quali la ricorrente ha partecipato con esito negativo, nonostante la specifica competenza professionale acquisita e i risultati positivi raggiunti, con conseguenti danni alla propria immagine professionale, alla salute, morali ed esistenziali.


Il Tribunale, per quel che rileva ai fini della delibazione sull'appello, ha fondato la pronuncia di parziale accoglimento sulla base delle seguenti considerazioni:


- gli atti di conferimento o revoca di incarichi dirigenziali, concernendo l'attività di organizzazione degli uffici e quindi la gestione di rapporti di lavoro già costituiti, hanno natura privatistica e, in quanto tali, assoggettati ai principi fondamentali dell'autonomia privata e non alle norme riguardanti i vizi degli atti ammnistrativi o alle disposizioni di cui alla legge n. 241/1990 sui procedimenti amministrativi, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti che possono essere disapplicati dal giudice ordinario, in caso di lesione di diritti soggettivi del dipendente pubblico;


- la valutazione delle misure inerenti la gestione del rapporto deve essere dunque operata non in base ai tradizionali casi di legittimità dell'atto amministrativo, bensì sulla scorta dei canoni di nullità, annullabilità e inefficacia previsti per gli atti negoziali di diritto privato, tra i quali i principi di correttezza e buona fede contrattuale;


- sono carenti, in quanto genericamente formulate, le allegazioni di parte ricorrente in ordine alla natura fittizia del dell'atto di riorganizzazione del Dipartimento e alla sua finalità illecita, volta alla cessazione anticipata dell'incarico dirigenziale conferito alla P. A., stante l'autonomia dell'amministrazione convenuta nella definizione delle linee di macro-organizzazione, sicché non è consentito giungere alla disapplicazione del relativo atto da parte del giudice ordinario, con conseguente rigetto della domanda risarcitoria del danni patrimoniali e non patrimoniali ricondotti alla illegittimità dell'atto di riorganizzazione presupposto;


- a seguito della procedura di interpello per la copertura dell'incarico di Coordinatore dell'Ufficio trattamento economico del personale, la scelta è caduta sul dipendente F. F. con motivazione del tutto carente, in violazione dei precetti di cui all'art. 19 d.lgs. n. 165/2001, in ordine alla individuazione delle attitudini e capacità professionali in relazione agli obiettivi della struttura, anche in via comparativa con quelle degli altri candidati, senza neppure giustificare la mancata applicazione del principio di rotazione degli incarichi dirigenziali, introdotta come misura di prevenzione della corruzione;


- la procedura di interpello per la copertura dell'incarico di Coordinatore dell'ufficio patrimonio, gare e contratti si è conclusa con esito infruttuoso, non essendo stato ritenuto idoneo alcuno dei candidati, con motivazione carente riguardo all'esclusione della ricorrente, anche in rapporto al fatto che la medesima aveva già ricoperto l'incarico dirigenziale di capo dell'ufficio tecnico per la gestione del patrimonio dal 4.2.2014 e, ad interim, anche di capo dell'ufficio affari generali, gare e acquisti dal 9.9.2015 all'8.5.2016, ruoli professionali che svolgono attività analoghe;


- l'illegittimità degli atti impugnati costituisce inadempimento contrattuale produttivo di danno risarcibile e, all'esito dell'annullamento degli atti, ivi compreso l'affidamento dell'incarico sopra menzionato al F. F., l'amministrazione deve essere condannata alla rinnovazione delle suddette procedure;


- l'invalidità delle procedure, il loro esito e la rilevanza degli incarichi di livello dirigenziale generale oggetto delle stesse, anche in raffronto all'incarico di livello generale di coordinatrice dell'ufficio per il coordinamento della segreteria della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e provincie autonome poi affidato alla ricorrente, con una retribuzione di posizione di parte variabile inferiore, costituiscono elementi presuntivi di integrazione del danno all'immagine professionale, causalmente collegato al mancato esercizio del patrimonio e delle capacità professionali della P. A., in virtù dell'affidamento di un incarico qualitativamente diverso da quello precedentemente svolto, pur non applicandosi l'art. 2103 c.c., quale lesione del principio fondamentale alla libera esplicazione della personalità del lavoratore;


- quanto alla liquidazione dei danni, deve trovare applicazione il criterio equitativo, prendendo come parametro di riferimento il 30% del trattamento economico complessivamente percepito dalla ricorrente nel periodo compreso tra il 1.10.2016 e l'11.1.2017, data di decorrenza dell'efficacia del successivo incarico dirigenziale.


Parte appellante censura la sentenza impugnata per il Tribunale erroneamente:


1. ritenuto, riguardo all'incarico di Coordinatore dell'Ufficio trattamento economico del personale, che la motivazione della scelta del F. F. sarebbe stata inadeguata, in riferimento agli artt. 19 d.lgs. n. 165/2001, e 2-3 della direttiva PCM 11.5.2016, nonché agli artt. 1175 e 1375 c.c., dal momento che detta motivazione, pur succinta, sintetizza in modo sufficiente una comparazione che dà conto della valutazione dell'idoneità tecnica e professionali e delle attitudini del dirigente a perseguire gli obiettivi prefissati, considerando che sono stati valutati i curricula allegati e che l'art. 9 d.lgs. cit. non richiede un obbligo motivazione, né una procedimentalizzazione della scelta, mentre la direttiva prescrive unicamente di acquisire la disponibilità dei dirigenti interessati, la loro valutazione e la comunicazione dell'esito;


1.1. considerato inapplicabili a tali atti la legge n. 241/1990 in tema di obbligo motivazionale per poi, contraddittoriamente, veicolare attraverso i principi di correttezza e buona fede contrattuale la necessità del rispetto delle categorie amministrativistiche sul procedimento e la motivazione degli atti, finendo in tal modo per censurare, nel merito, la scelta;


1.2. fatto discendere dalla violazione dei principi di buona fede e correttezza - nell'ambito dell'esercizio dei poteri discrezionali del datore di lavoro di natura privatistica - la conseguenza della caducazione dell'atto, anziché la mera responsabilità risarcitoria;


1.3. stigmatizzato, quanto al solo incarico di Coordinatore dell'Ufficio trattamento economico del personale, la mancata applicazione del principio di rotazione del dirigente, pur non risultando tale servizio esposto a significativi rischi corruttivi, essendo classificato tra le strutture a basso rischio, non applicando, invece, il medesimo principio all'incarico per l'Ufficio patrimonio, gare e contratti, esposto ad un rischio corruttivo, in relazione al quale la P. A. aveva ricoperto l'incarico di Coordinatore dell'Ufficio tecnico per la gestione del patrimonio;


2. non considerato, quanto all'esito infruttuoso dell'interpello per l'incarico di Coordinatore dell'Ufficio patrimonio, gare e contratti, che nessuno dei candidati al momento possedeva i requisiti specifici richiesti, in dipendenza del maggior numero di competenze della struttura, inquadrate in un'ottica funzionale diversa rispetto al passato, sebbene, trascorso un cospicuo lasso di tempo, a seguito di una rinnovata valutazione, la figura professionale del dirigente Gerli sia stata ritenuta idonea;


2.1. omesso di considerare che l'Ufficio in cui aveva prestato servizio la P. A. e messo a interpello a seguito della riorganizzazione, era stato ampliato, aggiungendo alla "gestione del patrimonio" competenze in materia di "gare e contratti", per cui la pregressa attività della ricorrente non appariva determinante, trattandosi peraltro di struttura ad alto rischio per cui l'applicazione del principio della rotazione avrebbe penalizzato la dipendente; né rileva la copertura, ad interim, dell'incarico di Capo dell'ufficio affari generali, trattandosi di supplenze occasionali con il ruolo di "facente funzione" non dimostrative di pregresse particolari attitudini.


L'appello è infondato.


I motivi possono essere trattati congiuntamene, poiché strettamente connessi.


Costituisce principio consolidato della giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale, in tema di pubblico impiego privatizzato, l'atto di conferimento di incarichi dirigenziali integra una determinazione negoziale di natura privatistica, per la cui adozione l'amministrazione datrice di lavoro è tenuta ad osservare le norme di cui all'art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, dovendo pertanto procedere, alla stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. (e degli stessi principi evocati dall'art. 97 Cost.), a una valutazione comparativa con gli altri candidati che contempli adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e sia sorretta da una congrua motivazione circa i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici delle scelte adottate (v. per tutte, da ultimo, sent. Cass. n. 6485/2021).


Tali norme obbligano la P.A. a valutazioni comparative, all'adozione di adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e ad esternare le ragioni giustificatrici delle scelte; laddove, pertanto, l'Amministrazione non abbia fornito nessun elemento circa i criteri e le motivazioni seguiti nella selezione dei dirigenti ritenuti maggiormente idonei agli incarichi da conferire, è configurabile inadempimento contrattuale, suscettibile di produrre danno risarcibile (v. Cass. n. 21088/2010).


Nella medesima decisione, i giudici di legittimità hanno pure ribadito che "non vanno confusi il diritto soggettivo al conferimento dell'incarico e l'interesse legittimo di diritto privato correlato all'obbligo imposto alla pubblica amministrazione di agire nel rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buona andamento consacrati nell'art. 97 Cost., sicché il dirigente non può pretendere dal giudice un intervento sostitutivo e chiedere l'attribuzione dell'incarico, ma può agire per il risarcimento del danno, ove il pregiudizio si correli all'inadempimento degli obblighi gravanti sull'amministrazione (Cass. 23.9.2013 n.21700; Cass. 14.4.2015 n. 7495; Cass. 24.9.2015 n. 18972)".


Vero è che va escluso ogni automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità dell'amministrazione e, tuttavia, ove la P.A. non fornisca alcun elemento circa i criteri e le motivazioni della selezione, l'illegittimità della stessa richiede una nuova valutazione, sempre ad opera del datore di lavoro, senza possibilità di un intervento sostitutivo del giudice, salvo i casi di attività vincolata e non discrezionale.


Infine la S.C. ha concluso confermando che, alla luce di detti principi, deve disattendersi "la tesi della non necessità della valutazione comparativa e della assoluta discrezionalità della scelta".


Il primo giudice non ha quindi inquadrato la fattispecie nell'ambito di applicabilità della legge n. 241/90, poiché la questione non riguarda la censura dell'atto amministrativo presupposto (di riorganizzazione), sotto il profilo del vizio di carenza di motivazione, ma attiene alla valutazione dell'atto gestorio di conferimento incarico, dove i principi di correttezza e buona fede vengono in considerazione in funzione della necessità di trasparenza del percorso motivazionale sulla scelta di un candidato anziché di un altro. Non si ravvisa dunque alcuna contraddizione nel percorso motivazionale del Tribunale che deve essere condiviso.


Venendo al caso concreto, il provvedimento adottato all'esito della procedura di interpello per la copertura dell'incarico di Coordinatore dell'Ufficio trattamento economico del personale - che si è conclusa con l'assegnazione dell'incarico al F. F. - riporta succintamente, nella parte motiva, i titoli e gli incarichi svolti dai singoli candidati.


In riferimento al F. F., nella premessa, è stato evidenziato il "possesso di un profilo professionale e di un'esperienza lavorativa, maturata con particolare riferimento alla materia del trattamento economico del personale e del trattamento pensionistico, nonché in relazione alle podere di gestione e liquidazione dei trattamenti economici del personale, che soddisfa pienamente le esigenze connesse al posto di funzione di livello generale di coordinatore dell'ufficio trattamento economico del personale presso il Dipartimento per il personale, incarico che il Cons. F. F. ricopre con ottimi risultati dal 2005".


Tuttavia, analoghe esperienze lavorative e competenze professionali nella materia erano state indicate anche rispetto ad altri candidati, tra i quali la P. A., alla quale viene riconosciuto "il possesso del diploma di laurea in Giurisprudenza e l‘abilitazione all'esercizio della professione forense. Con riferimento all'esperienza professionale riportata, si evidenzia un'esperienza dirigenziale in materia di gestione degli affari generali e del personale e in materia di gestione economico-finanziaria, anche con riferimento alle procedure di gestione e liquidazione dei trattamenti economici del personale, acquisita presso il DIT (coordinatore dell'Ufficio I – gestione economica e finanziaria, bilancio e personale) e presso il Dipartimento della funzione pubblica (Vice capo Ufficio con funzioni vicarie del Capo Ufficio affari generali e per il personale)".


L'atto conclude, senza ulteriori punti motivazionali, individuando "quindi la figura idonea a ricoprire il posto di coordinatore dell'Ufficio in nel Consigliere dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei Ministri dott. F. F.".


Appare evidente dalla lettura del provvedimento che la procedura in esame risulta violata con riguardo al conferimento dell'incarico in discussione, laddove la determinazione nella scelta del consigliere incaricato rimane assolutamente priva di ogni valutazione comparativa e di motivazione in ordine alla preferenza accordata alle singole competenze professionali in relazione all'incarico da ricoprire e affidata esclusivamente alla elencazione oggettiva di titoli posseduti e di pregressi incarichi svolti che non conferisce contenuto motivazionale concreto alla scelta, la quale si pone quindi in contrasto con i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità già sopra richiamati.


Per quanto riguarda la procedura di interpello per la copertura dell'incarico di Coordinatore dell'ufficio patrimonio, gare e contratti che si è conclusa con esito infruttuoso, non essendo stato ritenuto idoneo alcuno dei candidati, deve condividersi quanto rilevato dal Tribunale in ordine alla carenza di motivazione e, in particolare, per quel che interessa in questa sede, sulla esclusione della P. A..


La ricorrente, invero, come si dà atto nel provvedimento del 5.9.2016, al momento era titolare dell'incarico di coordinatore dell'ufficio tecnico per la gestione del patrimonio; si è dato atto tra le altre competenze, della "esperienza maturata presso il DIPRUS quale coordinatore dell'Ufficio tecnico per la gestione del patrimonio (dal 4.2.014) e di coordinatore ad interim dell'Ufficio relazioni sindacali, affari generali, gare e acquisti di beni e servizi (dal 9.9.2015 sll'8.5.2016). Pur riconoscendo le esperienze professionali evidenziate, non si ritiene che il profilo professionale del Cons. P. A. sia pienamente rispondente ai requisiti richiesti nell''interpello".


Anche in questa ipotesi la motivazione è apodittica, priva di ogni argomentazione sulla inidoneità della ricorrente a ricoprire il posto nonostante l'espresso riferimento a competenze professionali attinenti all'incarico da assegnare, tanto più che l'incarico è stato assegnato successivamente (al Cons. Gerli) all'esito di una rinnovata valutazione sulla base di elementi non meglio identificati.


Peraltro, la circostanza che l'incarico di coordinatore dell'Ufficio relazioni sindacali, affari generali, gare e acquisti di beni e servizi sia stato conferito alla P. A. ad interim non può essere assumere valenza riduttiva solo in considerazione della sua natura temporanea, ma anzi dovrebbe essere indice di una preventiva valutazione positiva circa il possesso delle capacità e delle professionalità utili a ricoprire quell'incarico, sia pure in via temporanea.


Né era stato dedotto, quale motivo ostativo, l'esigenza di rotazione degli incarichi rispetto alle esigenze legate al rispetto della normativa volta a prevenire fenomeni di corruzione.


Ne deriva la configurabilità del denunciato inadempimento contrattuale cui consegue il diritto al risarcimento del danno, nella misura individuata dal giudice di prime cure, determinazione non soggetta a specifiche censure.


Le spese processuali, liquidate come da dispositivo e regolate secondo soccombenza, sono poste a carico dell'appellante in favore di P. A.; nulla va disposto in ordine alla posizione di F. F., rimasto contumace.


P.Q.M.

-La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:


- respinge l'appello;


- condanna l'appellante al rimborso, in favore di P. A., delle spese del grado che liquida in complessivi € 5.760,00, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA, come per legge;


- nulla sulle spese quanto alla posizione di F. F..


Roma, 27.9.2022